La  differenza tra noi, cittadini del Fvg e dell’Italia, e gli attuali governanti della regione e dello stato pare abissale. Per esempio i politici al potere sostengono a spada tratta l’autonomia differenziata, e stanno discutendo, fra le mille difficoltà in cui versa il paese, la proposta di legge Calderoli, figlia di Berlusconi e di una tragica modifica della Carta della Nazione. Infatti essa discende dalla riforma del Titolo V della Parte II all’art. 116, terzo comma della Costituzione, che consente alle Regioni a Statuto ordinario che ne facciano richiesta, di accedere a forme maggiori di autonomia (legislativa e finanziaria) rispetto a quelle già previste dalla Costituzione stessa. (1).

Pur in presenza di autonomia differenziata, però, devono esser garantiti  i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) su tutto il territorio nazionale ed essi, in base all’art. 117, secondo comma, lett. m della Costituzione, devono essere determinati con legge dello Stato. Ma non sono stati ancora individuati. (2). Per il resto ogni regione farà quel che vuole anche su temi cruciali che vanno  dall’ ambiente alla sanità. E questo, in ogni caso, ma in particolare nel caso di Regioni dove il potere tende ad essere accentrato in poche mani, e le scelte economiche e sanitarie vengono di fatto affidate ad un assessore solo, magari mai eletto, come sta accadendo nella Regione a Statuto Speciale Fvg, si configurerà, per gli abitanti ed il territorio, come una catastrofe. E prima di votare l’autonomia differenziata, si dovrebbe almeno analizzare gli esiti di alcune politiche ‘autonome’ in regioni  quali il Fvg o la Sardegna.

Inoltre  la Costituzione, nata dalla lotta al nazifascismo, non prevede potere assoluto, proprio perché in un mondo complesso, soluzioni totalitarie ed autoritarie, quasi espressioni di nuovi ‘fascismi’, non portano lontano ed impediscono il dialogo costruttivo. Ed anche quell’ innovazione che piace tanto al mondo economico, naufraga senza che sia permesso al pensiero divergente di prendere piede, cadendo nelle fissità del pensiero unico e in scelte ‘monocratiche’.  E basta vedere cosa sta accadendo in campo sanitario in Friuli Venezia Giulia per rendersi conto dei limiti dell’ avere un uomo solo al comando.  

Non solo: se nel 2001  anche parte del centro-sinistra era favorevole all’autonomia differenziata, in un contesto politico diverso, ora tale soluzione, che il senato dovrebbe approvare oltre 20 anni dopo la sua emanazione, in una situazione ove le destre, salite al potere in un clima democratico, tendono a stravolgere lo stesso volgendo a premierati e potere locale e regionale magari a vita (vedi proposta di Fedriga) (3), appare molto pericolosa e divisiva, oltre che limitare di fatto il potere centrale alla mera distribuzione di denaro senza piano programmatico alcuno, e quindi alla debacle dell’ Italia tutta, che viaggerebbe tra ‘una scarpa ed uno zoccolo’ come si suol dire.

Infine unire potere legislativo ed esecutivo, svuotando poi il potere giudiziario, fa correre grossi rischi alla Nazione ed ai cittadini tutti. E se erro in queste mie considerazioni, che scrivo senza voler offendere alcuno, per cortesia correggetemi.

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Qualora l’ autonomia differenziata prendesse piede, vediamo cosa potrebbe succedere a livello di problematiche ambientali. Ci potremmo trovare in presenza di 21 sistemi diversi per affrontare i problemi climatici o davanti alla scelta di alcune regioni di non affrontarli, magari anche quando la contiguità territoriale lo imporrebbe.

Il 18 settembre 2023, sul sito di Legambiente, è comparso  un articolo a firma di Maria Maranò intitolato:   “Autonomia regionale differenziata e conseguenze per il Paese, le persone, l’ambiente” (4). Esso inizia con alcune considerazioni generali, che sono le seguenti: « Il progetto di Autonomia regionale differenziata, in discussione in Parlamento, sta provocando un allarme diffuso per le conseguenze sociali, economiche, ambientali che si ripercuoterebbero sulla quotidianità delle persone, sulla coesione sociale e sul futuro del Paese.

Il disegno di legge del Ministro Calderoli punta a trasferire in toto alle Regioni, senza circoscriverne le funzioni e con un ruolo ancillare del Parlamento, tutte e venti le materie soggette a legislazione concorrente tra Stato e Regioni e tre materie di legislazione esclusiva dello Stato, tra cui le norme generali sull’istruzione e la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali». (5).

A questo punto, il problema della gestione ambientale si configura come notevole, perché i limiti amministrativi  non corrispondono a quelli dei sistemi naturali, e catene montuose e fiumi attraversano più regioni.  Di conseguenza  «l’’inserimento della tutela dell’ambiente nell’interesse delle future generazioni tra i Principi Fondamentali della Costituzione comporta il fatto che non si possa consentire un accesso differenziato ai diritti e al godimento di quei beni». (6).

E così conclude Maria Maranò: «Nessun territorio si può salvare da solo dagli effetti dei cambiamenti climatici né da solo può realizzare quella riduzione delle emissioni climalteranti o inquinanti di cui abbiamo bisogno (si pensi alla lotta al gravissimo inquinamento atmosferico in Pianura padana). L’idea stessa che si possano avere scelte differenti che riguardano le politiche energetiche, le reti di trasporto, il governo del territorio, la tutela della salute o diverse regole di autorizzazione degli impianti produttivi o delle infrastrutture necessarie ad affrontare la sfida della transizione energetica e produttiva non crediamo faccia bene al Paese, al sistema produttivo, ai cittadini sia che vivano al Nord, al Centro o al Sud. Tra l’altro, viviamo in un contesto in cui alcune di queste materie sono delegate alla competenza sovranazionale dell’Unione Europea e non avrebbe senso né efficacia delegarle ad una o più Regioni». (7).

A livello ambientale e di sopravvivenza, poi, non bisogna dimenticare la salvaguardia dell’acqua dolce che molti politici vorrebbero sprecare per le piste da sci ed affini o permettendo, magari, ad industrie di utilizzare una quantità enorme della stessa, come accaduto per Kronospan in Fvg, senza tener conto degli effetti delle loro scelte sull’apporto idrico territoriale presente e futuro, le proposte di opere infrastrutturali ritenute costosissime ed impattanti, la cui ricaduta coinvolgerebbe sistemi complessi: ed il riferimento è alle nuove piste da sci totalmente inutili ed addirittura coperte quasi fossimo a Dubai (8), per chi non si sa, alle ciclovie dai costi spropositati ed a forte impatto ambientale, come quella prevista sul Garda (9), ed alle programmate piste ciclabili e forestali che distruggono le montagne. La gestione differenziata dei fiumi, poi, rappresenterebbe davvero un grosso problema e, potenzialmente, una catastrofe.

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Passiamo quindi al problema di avere 21 sistemi sanitari regionali diversi nella nostra piccola Italia, fra regioni che almeno un po’ funzionano ed altre allo sbando. In Fvg l’assessore regionale ci ha riempito di parole, ma di fatto la montagna carnica ha migliaia di abitanti, dispersi sul territorio, senza medico di base, e si prevede, alla fine dell’anno in corso, circa 200.000 pazienti in questa regione privi di MMG; il pronto soccorso dell’ospedale hub di Udine è in crisi e sullo stesso Furio Honsell, consigliere regionale di Open Sinistra Fvg, ha presentato una interrogazione all’Assessore competente Riccardo Riccardi mentre disservizi di ogni tipo si susseguono e vengono chiusi punti nascita e consultori proprio da coloro che inneggiano alla vita e si lamentano per le scarse nascite.  (10).

Ma testardamente l’Assessore punta alla privatizzazione, quando vorrei sapere quale privato vuole investire in strutture totalmente a suo carico in una regione ormai scarsamente abitata e per lo più da popolazione anziana non coperta e forse non copribile da assicurazione privata, peraltro costosissima. E, con la scusa di privatizzare e di una generica affermazione che non si trovano medici, si è tentata la via della gestione dei codici cosiddetti minori, che però non implicano che il soggetto soffra di patologia minore, al Pronto Soccorso del Santa Maria della Misericordia, da parte di una cooperativa che ha avuto, come finale, la frattura fra la Cooperativa stessa, Amaltea, e la struttura ospedaliera, in quanto pare che la società appaltata  volesse gestire da sola il servizio, senza ‘ingerenze’ della direzione (11);  mentre in rete si trovano articoli come quello intitolato:” Benvenuti nel far west delle cooperative che forniscono medici a gettone” scritto dal segretario generale di Anaao Assomed e pubblicato su Start Magazine. (12). Ma questo sistema in Italia è destinato a finire, infatti pure il Ministero non vuole più mantenere i medici a gettone.

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E su Milano Finanza Stefano Feltri nel suo: ” Sanità pubblica, il sistema dei ticket è inefficiente. Dagli Usa una proposta per usare (meglio) la spesa sanitaria”, parla di un sistema in cui la sanità non può essere del tutto privatizzata,  ed ha come sottotitolo:  «La ricerca degli economisti Finkelstein ed Einav indica che la soluzione più efficiente per la sanità pubblica è quella di separare le prestazioni che deve erogare gratuitamente da quelle che non può sostenere, mentre oggi si preferisce promettere tutto e mantenere poco o niente».

Inoltre Feltri sottolinea come in Italia, con la scusa della privatizzazione, si rischi di lasciare i pazienti più anziani al sistema sanitario nazionale, regalando quelli più giovani e remunerativi ai privati e si studi il sistema sanità solo da un punto di vista della spesa, senza guardare a come spendere.

Inoltre, sempre leggendo Feltri, si viene a sapere che  non è vero che il sistema sanitario italiano è solo pubblico ma da tempo è misto, «pubblico-privato, nel senso che gli italiani pagano di tasca loro (out of pocket) circa 41 miliardi, quasi un quarto della spesa sanitaria complessiva. Dunque, bisognerebbe considerare il costo complessivo della salute in Italia rapportato ai risultati, non soltanto una delle variabili (la dotazione del fondo nazionale)». (13). Ma questo calcolo dovrebbe venir fatto, se si sposa l’autonomia differenziata, regione per regione.

Inoltre « se andiamo a vedere per cosa vengono impiegate le risorse aggiuntive nella legge di Bilancio vediamo che si tratta di un mero aumento di costi quasi a parità di prestazioni, a tutto beneficio degli operatori e non dei pazienti: incrementi delle tariffe orarie per le prestazioni aggiuntive del personale medico, innalzamento dei tetti di spesa per acquistare prestazioni dai privati, aumenti ai tetti per la spesa farmaceutica. Tutte misure che, dopo due anni di inflazione, finiranno per ricostituire i margini dei privati fornitori della sanità pubblica, non certo per ridurre le liste d’attesa e aumentare i servizi». (14).  La soluzione, secondo gli economisti citati da Feltri, sarebbe quello di abolire i ticket, e «separare in modo chiaro le prestazioni che la sanità pubblica deve erogare da quelle che non può sostenere, in modo che un qualche diritto alla salute sia davvero garantito mentre oggi si preferisce promettere tutto e mantenere poco o niente». (15).

Ma è chiaro che se lo Stato, con l’autonomia differenziata, deve solo largire ma non organizzare, allora siamo davvero nei guai. E se si guarda al Fvg, Regione a Statuto Speciale, essa si sta già comportando così, dimenticando qualsiasi organizzazione, delegata a manager aziendali non sempre di comprovate capacità, se si guarda ai risultati ottenuti, esercitando l’assessorato solo e di fatto  il potere politico ed esercitando una funzione  simil bancaria e di delega e taglio dei servizi fondamentali, vendendoci la teoria della privatizzazione come panacea di ogni male, senza visione complessiva alcuna. Ma così non si va molto avanti.

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E non sono la sola che vede come un limite ai diritti del cittadino l’aver aziendalizzato il sistema sanitario italiano. Ed è ricco di spunti di riflessione quanto scritto da Bruno Agnetti su ‘Quotidiano Sanità’ nel suo: La “banalità” della aziendalizzazione/governance” (16) in cui egli riflette pure sul tema «degli esiti che possono derivare da processi decisionali assunti ideologicamente e con una scarsa consapevolezza relativa alle conseguenze nel medio/lungo periodo» (17), perché una cosa è programmare la realizzazione di una partita di un prodotto che il mercato nell’ immediato richiede, altro un sistema sanitario. Inoltre scelte quali l’aziendalizzazione, l’organizzazione manageriale e la governance in sanità, scrive  Agnetti, sembrano incontrovertibili e vengono reiterate come fossero miti inconfutabili. E « Le recenti normative definite “riforme” (es.: DM77 e imminente ACN) non apportano nessuna sostanziale innovazione. Paradossalmente sembrano amplificare le contraddizioni e le differenziazioni» (18). Pensate quando ci saranno 21 sistemi sanitari diversi vissuti come aziende con le loro sotto- aziende autonome che si occuperanno, in un piccola penisola come l’Italia, di sanità! La torre di Babele, già presente in Fvg, sarà una realtà.

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Infine, per ritornare all’ autonomia differenziata regionale, il 16 gennaio 2024 su Quotidiano Sanità è comparso un articolo di Pierino Di Silverio intitolato “L’autonomia differenziata? Un colpo di grazia al nostro Ssn” ricco di interessanti considerazioni.

L ‘autore teme che, con l’approvazione dell’autonomia differenziata, visto che lo Stato permetterebbe alle Regioni del nord di trattenere più gettito fiscale, si verrebbe a creare un divario tra nord e sud. Ed ancora: «I poteri concessi alle Regioni dalla autonomia differenziata in sanità non sono pochi: dalla mano libera su tariffe e tickets alla gestione dei fondi integrativi, con il rischio del risorgere di un sistema mutualistico-assicurativo, dalla governance delle aziende, con la possibilità di un sistema arlecchino, all’istituzione di quel contratto lavoro a scopo formativo per gli specializzandi che Governo e Università si ostinano a negare a tutto il sistema nazionale. Senza escludere l’avvio di una concorrenza selvaggia nell’acquisizione delle risorse umane con la nascita di un mercato competitivo per l’ingaggio dei professionisti, nutrito dal dumping salariale e dalle incentivazioni regionali, che rischierebbe di mettere una “pietra tombale sulla contrattazione collettiva nazionale “(GIMBE)». (19).

Ed ancora, sempre dalla stessa fonte: «Si sta giocando una partita fondamentale per il futuro del Paese. Sottrarre al diritto alla salute una dimensione nazionale per favorire egoismi territoriali mette in crisi la sanità pubblica, la coesione sociale e la stessa unità del Paese. Senza che nemmeno esistano evidenze, come rilevato dalla Corte dei Conti, per affermare che ulteriori gradi di autonomia nelle disponibilità economiche e nella gestione delle risorse, aumentino il grado di efficienza dei servizi erogati». (20).

Con l’autonomia differenziata, sempre secondo Di Silverio, segretario generale di Anaoo- Assomed – «Siamo di fronte, in sostanza, ad un siluro sparato non solo contro il SSN, “presidio insostituibile di unità del Paese”, secondo il Presidente Mattarella, ma anche contro un’idea unitaria di Repubblica e di Stato. Inevitabilmente destinato ad amplificare le diseguaglianze di un sistema sanitario avviato lungo la china di una privatizzazione silenziosa, fino a cristallizzare, in maniera irreversibile, il divario tra Nord e Sud. Proprio quando l’Europa chiede con il PNRR di ridurre le diseguaglianze territoriali e il ministro Schillaci ritiene “i gap che ci sono tra regione e regione, addirittura sull’attesa di vita, completamente inaccettabili in una nazione moderna”». (21).

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Infine sempre su Quotidiano Sanità era comparso, il 3 marzo dello scorso anno, un articolo di Luca Benci intitolato: “Tutela della salute e regionalismo differenziato: i limiti costituzionali e i poteri del Parlamento”.  Sommario o sottotitolo che dir si voglia: «Esistono diversi limiti dettati dalla Costituzione stessa al processo di concessione di ulteriori autonomie alle Regioni: l’obbligo del pareggio di bilancio e l’inviolabilità di alcuni diritti (uguaglianza, solidarietà e tutela della salute). In questo quadro appare fondamentale che il Parlamento abbia l’ultima parola sul testo delle intese Stato-Regione» (22).  

Intanto oltre 50.000 cittadini, non certo privi di buon senso, hanno sottoscritto una richiesta per presentare una legge di iniziativa popolare contro l’Autonomia differenziata, promossa dal Coordinamento per la democrazia costituzionale (Cdc), presieduto dal professore Massimo Villone, che ha espresso grande soddisfazione per avere raggiunto e largamente superato le firme necessarie (ne sono giunte oltre 65mila e altre sono in arrivo) per cercare di abolire la autonomia differenziata. (23).

Ed io mi fermo qui, proponendovi però la lettura dei problemi che la definizione stessa di autonomia differenziata ‘all’italiana’ si potrebbe dire, ha generato, reperibili nell’ articolo di Carmelo Palma ” Autonomia differenziata, la commedia degli equivoci” (24) in: https://www.publicpolicy.it/autonomia-commedia-equivoci-100463.html. Nel testo l’autore mette in risalto come le destre  vivano la proposta di legge sull’autonomia differenziata come la rivoluzione federalista, mentre i contrari la vedono come una legge ‘spacca – Italia” mentre gli  italiani, presi da mille problemi pratici, neppure sanno, per lo più, cosa implichi e di cosa si stia parlando. Inoltre, come sottolinea Palma, «Questa riforma è diventata famosa per avere moltiplicato i contenziosi e i relativi conflitti di attribuzione sollevati davanti alla Corte Costituzionale, essendo il confine tra le competenze legislative dello Stato e quelle delle Regioni difficile da tracciare con una linea netta». (25).

E per chi sogna il federalismo, Palma ricorda che:  «Le vicende del federalismo all’italiana sono state finora tutt’altro che gloriose, anche perché il particolarismo territoriale raramente è correlato a un’effettiva capacità di autogoverno e il divario tra le ambizioni di sovranità e la possibilità e capacità di esercitarla concretamente ha dato spesso risultati grotteschi e socialmente regressivi, in particolare al Sud. Dall’avvento della Lega nel panorama politico italiano e dallo scoppio della questione settentrionale le Regioni sono per lo più state il grande “vorrei ma non posso” della politica italiana e il loro potenziamento istituzionale non ha arrestato, ma semmai accompagnato il processo di crescita dei divari territoriali. In questo quadro, la proposta di legge del Governo potrebbe addirittura avere una funzione virtuosa in ottica nazionale, prevedendo di ancorare il finanziamento delle funzioni delle Regioni a criteri oggettivi e non legati a rapporti di forza politici. Di questa virtuosità però è difficile che la legge quadro possa dare concretamente prova, perché mancano non solo i soldi, ma anche i conti che questi soldi dovrebbero finanziare». (26).

Senza voler offendere alcuno, ma solo per portare dei temi di interesse comune alla discussione,  questo ho scritto e pubblico, e vorrei che scriveste il vostro parere nel merito, anche come commento.  

Laura Matelda Puppini.

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(1) https://edizioni.simone.it/2023/02/08/autonomia-differenziata-cose-e/#:~:text=L%E2%80%99%20autonomia%20differenziata%20%C3%A8%20un%20principio%2C%20introdotto%20nella,Stato%2C%20che%20si%20conclude%20con%20una%20legge%20ordinaria.

(2) Ivi.

(3) Così Fedriga: «Non bisogna mai basare i sistemi elettorali sulle opportunità del momento ma capire qual è il sistema che può garantire maggiormente i cittadini. Il limite di mandati per sindaci e governatori è alquanto singolare: sono le uniche cariche elette direttamente dai cittadini e sono anche le uniche che hanno un tetto prestabilito». (https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/ultima-ora/1466322/regionali-fedriga-terzo-mandato-non-e-uno-scandalo-centrodestra-resti-unito.html). In sintesi come ci sono i parlamentari ‘a vita’, il che è francamente scandaloso, secondo Massimiliano Fedriga, leghista e presidente della giunta regionale Fvg, si potrebbe ipotizzare anche per sindaci e consiglieri regionali oltre che per assessori e presidenti di Regione mandati ‘perenni’, par di capire.

(4) Maria Maranò, “Autonomia regionale differenziata e conseguenze per il Paese, le persone, l’ambiente” https://www.legambiente.it/news-storie/economia-e-sostenibilita/autonomia-regionale-differenziata/.

(5) Ivi.

(6) Ivi.

(7) Ivi.

(8) ll riferimento è allo skydrome previsto per Milano. Cfr. “Le piste da sci al coperto a Milano come a Dubai”, in: https://siviaggia.it/notizie/skydome-milano-pista-sci-coperto/215999/.

(9) “Costi spropositati, rischi geologici e un impatto ambientale, il Coordinamento interregionale per la tutela del Garda:”Ma il Trentino sembra irremovibile”, in:  www.ildolomiti.it/societa/2024/costi-spropositati-rischi…

(10) Per la situazione carnica e della regione Fvg,  cfr. su www.nonsolocarnia.info “Nel 2024: 200.000 pazienti su 1.200.000 abitanti senza medico di base in Fvg” e “La sanità in Carnia sta toccando il fondo, mentre l’angoscia cresce e gli anni di vita persi sono fra i più alti della regione”. L’interrogazione di Furio Honsell sulle criticità del Pronto Soccorso di Udine è stata pubblicata in: https://www.diariofvg.it/2024/01/06/caos-al-pronto-soccorso-di-udine-honsell-presenta-uninterrogazione-in-regione/; il punto nascita che la destra, in periodo elettorale, aveva detto che avrebbe lasciato aperto è quello di San Vito al Tagliamento poi chiuso, e due consultori su quattro, a Trieste, sono stati recentemente cancellati. Cfr. su questo argomento, per esempio:  https://www.triestecafe.it/it/news/regione/chiusura-consultori-adesso-trieste-quot-comune-se-ne-lava-le-mani-chiesta-audizione-in-reg.html, ma anche altri.

(11) Camilla De Mori, “Ingerenze e tensioni col primario: i medici gettonisti se ne vanno, il pronto soccorso torna nel caos”, in: Il Gazzettino, 28 dicembre 2023. Il finale di questa querelle è stata la sostituzione dei restanti due mesi di servizio per codici minori al pronto soccorso di Udine con la seconda cooperativa nell’elenco dei  candidati passati al concorso, e con il parallelo allontanamento del direttore del Pronto Soccorso di Udine, promosso in Arcs non si sa se con la tecnica del promoveatur ut admoveatur. Pertanto ora la cooperativa a cui è stato aggiudicato il serivizio, essendo il Pronto Soccorso di Udine senza direttore, potrà fare quello che le pare, sembra di capire.

(12) https://www.anaao.it/content.php?cont=36637.

(13) Stefano Feltri, Sanità pubblica, il sistema dei ticket è inefficiente. Dagli Usa una proposta per usare (meglio) la spesa sanitaria,  in: https://www.milanofinanza.it/news/sanita-pubblica-il-sistema-dei-ticket-e-inefficiente-dagli-usa-una-proposta-per-usare-meglio-la-spesa-202401031956217931?refresh_cens.

(14) Ivi.

(15) Ivi.

(16) https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=119500.

(17) Ivi.

(18) Ivi.

(19)  Pierino Di Silverio, “L’autonomia differenziata? Un colpo di grazia al nostro Ssn”, in Quotidiano Sanità, 16 gennaio 2024. (https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=119499).

(20) Ivi.

(21) Ivi.

(22). Luca Benci, “Tutela della salute e regionalismo differenziato: i limiti costituzionali e i poteri del Parlamento”, in: https://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=71524.

(23) “Autonomia differenziata, superate le 50.000 firme per fermarla. Sottoscrizioni contro il progetto di riforma del titolo V della Costituzione voluto dal governo”, in: https://www.ilmessaggero.it/politica/autonomia_differenziata_raccolta_firme_contro-7389233.html?refresh_ce.

(24) Carmelo Palma ” Autonomia differenziata, la commedia degli equivoci” in: https://www.publicpolicy.it/autonomia-commedia-equivoci-100463.html.

(25) Ivi.

(26). Ivi.

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L’immagine che accompagna l’articolo rappresenta un cartello di contestazione all’ autonomia differenziata ed è tratta da: https://contropiano.org/news/politica-news/2022/11/17/litalia-sara-piu-disuguale-il-governo-da-il-via-allautonomia-differenziata-0154464/attachment/autonomia-differenziata-cartello-3. E’ comunque una delle rarissime reperibili in rete sull’argomento. L.M.P.

 

 

 

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