Marco Lepre ha accennato giustamente, nel suo articolo, a volti istituzionali carnici della politica, che seppero, in altri tempi, portare avanti istanze anche della popolazione, pur presentando qualche limite, sottolineato per esempio da Tiziano Miccoli. (Cfr. Carnia, problemi di oggi problemi di ieri. L’intervento di Tiziano Miccoli al I° convegno sul tema: “La cooperazione nella nuova Comunità Montana”. Tolmezzo il 26 febbraio 1972, in: www.nonsolocarnia.info).

Relativamente ad Angelo Ermano, citato da Lepre, su cui mi riservo di intervenire più diffusamente in altro articolo, ricordo, per inciso, la sua partecipazione come consigliere comunale di minoranza a Tolmezzo, dopo la fine dell’amministrazione Pesce, con Romano Marchetti, Maria Bonuzzi e Daniele Tamburlini, in tempi davvero difficili, ed il suo impegno, come presidente dell’Ente Tutela Pesca, per la salvezza del Tagliamento, inquinato pure dalla Cartiera. Ma questa ‘lotta’ era stata iniziata dal comunista Ottavio Mecchia, che girava con la sua ‘ape’ tappezzata da cartelli che invitavano a prendersi cura del fiume, tanto da diventare una specie di simbolo. E io credo che il loro impegno, da ambientalisti d’antàn meriti davvero qualche riga, come lo meriterebbe la storia dell’inquinamento della cartiera da scarichi industriali.

 

Nel 1967 finiva la pubblicazione di Alpe Carnica, periodico della Comunità Carnica, uscito dal 1952 al 1967, con una interruzione dal 1957 al 1961, diretto, tra alterne vicende, da: Vittorio Grillo, Enzo Moro, Luciano Bonanni, Emilio Di Lena, Carlo Dal Cer. (Marina Di Ronco, “Alpe Carnica”, in: “Alpe Carnica – Carnia Domani” ristampa anastatica a cura di Ermes Dorigo, Comunità Montana della Carnia, 1995). L’ultimo numero di ‘Alpe Carnica’ usciva nell’aprile 1967. Ma se una voce si era spenta, «al silenzio hanno fatto ben presto riscontro le manifestazioni del novembre 1967 e del gennaio 1968: esplosioni popolari che hanno avuto soprattutto un pregio, quello di riportare alla ribalta problemi di ieri e di oggi, e, ciò che più conta, di riaffermare la volontà di unione delle forze, onde creare i presupposti della rinascita». (f.f. forse Franco Frontali, La Carnia senza voce, in Carnia Domani, n.1.  aprile 1968).

Ed il Comitato di redazione del nuovo periodico ‘Carnia Domani’, sul quale mi soffermerò tra un po’, firmava un articolo dal titolo: “Bisogna ritrovare la concordia di novembre”, comparso sempre sul n.1 dell’aprile 1968, in cui si può leggere: «Novembre 1967: la Carnia si muove. Per la prima volta si verifica in Carnia una massiccia, spontanea sollevazione degli animi. (…). D’un tratto i carnici si rendono conto dell’aspetto generale della situazione, nella quale assumono rilievo anche particolari che erano passati inosservati ai più.  Insomma si acuisce la sensazione che non solo le annose promesse di un intervento per risollevare i destini della Carnia restino ancora lettera morta, ma che anzi si faccia il possibile per accelerare l’innegabile processo di decadenza della nostra economia. Questa volta però la Carnia reagisce all’ isolamento ed all’abbandono. Benché improvvisato, un comitato di agitazione che riunisce i rappresentanti di operai e di datori di lavoro, di studenti e di insegnanti, di professionisti di ogni categoria, ed uomini politici di tutti i partiti, riesce ad organizzare in poche ore uno sciopero generale ed una manifestazione di protesta a Tolmezzo. La partecipazione dei carnici è compatta: in ogni valle fabbriche, negozi, locali pubblici restano chiusi; nella sede della Comunità Carnica si riuniscono tutti i nostri Sindaci, che trovano poi ad attenderli, davanti al Municipio, una folla strabocchevole». (Sull’argomento cfr. pure Laura Matelda Puppini, La Carnia tace. Ma non fu sempre così. Il grande sciopero del 29 novembre 1967, in www.nonsolocarnia.info).  Quindi si formava un lungo corteo spontaneo, che percorreva le vie del centro, e nel pomeriggio «un nutrito gruppo di persone, riunitesi a tempo di record, scende ad Udine per ribadire al Palazzo della Provincia l’esigenza di un pronto intervento». (Comitato di redazione di Carnia Domani, Bisogna ritrovare la concordia, op. cit.).  Ma parallelamente il Messaggero Veneto aveva screditato questa manifestazione compostissima senza il lancio di un sasso, senza la rottura di un vetro, parlando di separatismo e qualunquismo, definendo hippes e capelloni i giovani presenti, finchè alcuni, esasperati, avevano bruciato numeri su numeri del quotidiano, regolarmente pagato, in piazza XX settembre. (Ivi e Laura Matelda Puppini, La Carnia tace. Ma no fu sempre così, op. cit.).

 

Finiva quindi in quel 1967 ‘Alpe Carnica’ ma la gente scendeva in piazza, con i politici locali, ed infine si iniziava a sentire l’esigenza di un nuovo periodico, che la sostituisse.
Tre anni prima, nel 1965, era sorto, grazie ad alcuni universitari fra cui Adriana Pittoni e suo marito Giulio Boiti, il Circolo Universitario Culturale Carnico, che era locato allora in via Raimondo della Torre, con funzione di segreteria universitaria, di biblioteca popolare, di luogo di incontro e di cultura.
E proprio il C.U.C.C. si propose come il continuatore dell’esperienza di informazione e trasmissione che era stata della Comunità Carnica con ‘Alpe Carnica’, che aveva preso nome dalla mostra del 1950 o 1951 a Tolmezzo, creando ‘ Carnia Domani’. «Una collettività senza un giornale è una collettività senza anima», si legge sul primo numero. (f.f. forse Franco Frontali, La Carnia senza voce, op. cit., riquadro accanto al titolo).

Ed alla direzione di ‘Carnia Domani’ si succedettero Giulio Boiti e Claudio Toldo. Il comitato di redazione vide presenti: Enzo Gonano, Luciano Bonanni, Sergio D’ Orlando, Gigi D’Andrea. (Marina Di Ronco, Carnia Domani, in ‘Alpe Carnica. Carnia Domani’, op. cit.).

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Nell’ articolo di presentazione del nuovo periodico del Cucc, si può leggere il ruolo che la testata si proponeva di avere, e cioè quello di portavoce delle istanze della base verso il centro, senza preclusioni e di permettere alla Carnia di «mantenere il contatto quotidiano con i suoi rappresentanti, ma nella verità non nell’ inganno» (Ivi), avendo come fine unicamente «il progresso economico e sociale di una intera collettività». (f.f. forse Franco Frontali, La Carnia senza voce, op. cit.). 

Il periodico sarebbe durato sino al febbraio 1972. Ma già nel numero di dicembre 1969 si potevano leggere, a firma di Giunio Pedrazzoli, le difficoltà che il Cucc, e di riflesso il suo periodico, incontravano (Giunio Pedrazzoli, Vediamo anzitutto cos’ è il C.U.C.C., in. Carnia Domani dicembre 1969), che si potevano riassumere in uno scontro interno tutto politico anche se non partitico, legato alla proposta di una nuova dirigenza del Circolo ma anche alla ricerca di imprimere una svolta nuova al giornale, per cercare un più ampio contatto con la comunità di base. Altro problema ben evidenziato da Pedrazzoli allora, senza peli sulla lingua, ed ancora presente nell’Italia tutta, era quello dell’impegno personale. «Manca la volontà- scriveva Giunio – scarseggia la disponibilità verso ogni forma di iniziativa che non implichi qualche vantaggio personale diretto ed immediato». (Ivi).

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Spirava anche in Carnia il vento del sessantotto, con la svolta epocale data da Giovanni XXIII con Concilio Vaticano secondo, l’apertura alle altre religioni, la ‘pacem in terris’, firmata dal Papa quasi morente, ed in Usa i Kennedy: John, ucciso nel 1963, ed ancor più Bob, ucciso nel 1968 a Los Angeles. pure con le loro contraddizioni, ma che pagarono con la vita.

Come non condividere le parole dell’ Enciclica sopraccitata: «Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; ed ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà»? Stiamo seguendo forse queste parole ora? – mi chiedo.

Qualche timido accenno a nuove idee stava quindi raggiungendo anche la sonnacchiosa Carnia, chiusa, da che mi ricordo, in una cappa di piombo, tutto scandita dalla presenza dell’esercito, dalla Democrazia Cristiana, da un clima di guerra fredda, da un Partito Socialista timido e da un Partito Social democratico ben più forte, da un Partito Comunista all’opposizione dal 1948 in poi, da una chiesa trionfante ed al comando.

E la prima idea innovativa, qui, fu una di quelle che non lo era poi molto: ‘ il campo fraternità’ di Tolmezzo del 1968 o 1969, nato dal mondo scautistico, grazie all’unione dei giovani intorno ad una raccolta differenziata di carta, stracci, materiale metallico, che ebbe del sovraumano come impegno e momento di incontro, e che dette luogo, pure, a molte docce e bagni domestici. Mi ricordo ancora la Topolino di Gianni Cella, mi ricordo Giunio Pedrazzoli, Anna Corva, Tarcisio e Tiziano Not, mille altri volti: una vecchia cassaforte che veniva calata; un mucchio notevole di giornali pornografici o quasi, provenienti dalla Tolmezzo all’apparenza tutta cattolica, bigotta e timorata di Dio; abiti e scarpe che uscivano dalle cantine; una montagna indescrivibile di stracci nel sottosuolo  della Casa della gioventù; un anziano insonne che si propose come guardia al nostro materiale metallico, che riempiva piazza Centa; i 6 milioni di ricavato dalla vendita, che andò ad una missione. Altro aspetto importante, che caratterizzò questa esperienza, come lo sciopero del 1967, fu che essa unì genitori e figli in una progettualità comune.

Ma ritorniamo al Cucc. L’articolo, intitolato “Vediamo anzitutto cos’è il CUCC” di Pedrazzoli riporta alla scissione interna al Circolo Universitario Culturale Carnico che vedeva contrapporsi due visioni diverse della società e della cultura, benchè il fine di esprimere le esigenze della comunità e cercare di dare loro risposte soddisfacenti fosse comune: una più direi tradizionale, portata avanti dal Direttivo del Cucc, ed una che cercava  sull’onda del sessanotto, nuovi temi e nuovi approcci e guardava insistentemente all’esperienza del gruppo Cooperativo delle Carniche prima del fascismo, a Basaglia, ai nuovi fermenti in atto anche nella società italiana.

Era giunto a Tolmezzo, per abitarvi, Remo Cacitti, studente di storia del cristianesimo all’Università Cattolica di Milano, che portò un’ulteriore ventata di novità. Ormai molti di noi studenti della Carnia all’ultimo anno del liceo o all’Università, sentivamo il fascino delle idee nuove, del nuovo modo di intendere la cultura, e guardavamo ai vecchi sonnacchiosi partiti come a qualcosa da innovare e superare.

Pertanto quando giunse il momento di rinnovare il direttivo del Circolo Universitario Culturale Carnico, che pure liceali agli ultimi anni frequentavano, come me, perchè luogo di incontro e dibattito e a causa dell’ampia biblioteca, e che stava pubblicando ‘Carnia Domani’ espressione ad avviso di alcuni di idee socialdemocratiche, un gruppo di giovani, fra cui io, decise di proporre la candidatura di Remo Cacitti alla presidenza, in assenza, fra l’altro, di nomi trainanti da parte avversa, e con un programma totalmente innovativo.  Ma all’ultimo momento il direttivo ancora in carica fece uscire dal cappello del prestigiatore il nome di Sergio Cuzzi, non solo non universitario ma, se ben ricordo che, a causa dell’età, non poteva essere nominato presidente. Ma riuscì ad essere eletto comunque, dopo una furiosa raccolta deleghe da ambo le parti, dall’Assemblea credo del dicembre 1969, grazie ad una modifica allo statuto e ponendo le basi per la nascita, dall’area perdente, del gruppo Gli Ultimi, prima ampio poi ridottosi a poche persone.

Pedrazzoli scrive che si cercò di superare il problema di dar voce al gruppo minoritario, quello che voleva Remo Cacitti presidente, creando, sempre con l’approvazione dell’Assemblea soci del dicembre 1969, un Comitato consultivo con compiti di formulare pareri e proposte al direttivo, ed operando per un miglioramento qualitativo dell’offerta culturale del Cucc, (Giunio Pedrazzoli, op. cit.) ma non sempre ogni escamotage per accontentare tutti riesce, penso tra me e me. Un ulteriore problema era poi dato dal fatto che se la linea politica e culturale del direttivo uscente aveva vinto all’ interno del Cucc, non vi era però stata una «maggioranza qualificata» a favore del nuovo direttivo e di Sergio Cuzzi, tale da non dover risentire, in futuro, di critiche e innovazioni.

Di fatto, con la presidenza Cuzzi, il ruolo primario di agenzia culturale territoriale del Cucc veniva lentamente a scemare, proponendosi il Circolo prevalentemente per l’adesione alla stagione di prosa carnica, con programma regionale, e la lodevole biblioteca, mentre all’orizzonte altre forze anche culturali apparivano in Carnia, sull’onda della storia nazionale ed internazionale. Ma di ciò parlerò nel prossimo articolo.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è una fotografia da me scattata, della prima pagina del primo numero di Carnia Domani. Laura Matelda Puppini

 

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