Ma sì, perché no? Facciamo un altro ‘stradon’ in uno dei posti più belli della Carnia e nel Gemonese.
La Carnia, e ve lo dico io che ci vivo e ci ho vissuto per quasi tutta la mia vita, tranne i 10 anni a Trieste, ha bisogno anche ora di molte cose, in particolare di educare gli animi di una parte dei suoi abitanti a non farsi abbindolare da sirene e pifferai, che fanno pensare loro, magari, che un campo di calcio in sintetico, da eliminare per la UE entro il 2030 per la sua pericolosità, (https://www.ilgiornale.it/news/europa/campi-erba-sintetica-2030-messa-bando-parte-commissione-2226946.html e altri) sia una gran trovata, e certamente non ha bisogno di nuove strade forestali ovunque, pare, ma non so se sia vero, approvate e sostenute dal Servizio Foreste FVG. della Direzione centrale risorse agroalimentari, forestali e ittiche. Ma se erro correggetemi.
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Scrivo questo perché pare vi sia ora, nello scempio della Carnia, un ripescaggio, (perché c’ è chi scrive che il progetto già esisteva da qualche tempo): “la trasformazione in strada del sentiero tra le malghe Varmost e Valaseit, su cui ha scritto una lettera accorata Alfio Anziutti di Forni di Sopra, pubblicata dal Messaggero Veneto il 14 aprile 2025.
Questo il testo della lettera, intitolata: Il sentiero Valaseit va salvato”.
Gentile direttore,
a Forni di Sopra la vecchia Giunta (comunale n.d.r.), largamente sconfitta dal voto popolare, oltre che attuare l’ incredibile “soluzione finale” del municipio (5 milioni dalla Regione per demolire e ricostruire invece di ristrutturare, vedi le scuole di Ampezzo tre volte più grandi per 3 milioni di spesa), ha pure approvato, su sentieri da proteggere, una continua costruzione di strade (con mezzi che sui monti occorre vietare) una di queste sul più bel percorso di montagna: lo storico itinerario di pascolo tra le malghe Varmost e Valaseit, Cai 207, dove non ci sono boschi da gestire, ma frane da innescare. Uno dei sentieri più amati e conosciuti dell’arco alpino, dedicato al fornese Giovanni Caposassi che proprio lì raccoglieva le piante del suo famoso erbario, magnifico luogo sempre frequentato dal famoso botanico Livio Poldini e, assieme a pastori e cedroni, da turisti di tutto il mondo.
Comune, Cai, popolazione, Associazioni ambientaliste e civiltà montanara, tutti uniti per fermare questa tremenda sciagura. Fuorché gli interessi di cingoli e benne, dove finiranno i fiori della prossima “Festa delle erbe” fornese. Tutto questo non conta nulla, nemmeno la geologia che su questo fragile pendio continua a muovere le sottostanti frane, responsabili dei disastri nell’alluvione del 4 novembre 1966? A tutto ciò Giunta e direzioni regionali proprio non pensano?
Possedere questa rarità non conta proprio nulla? Meglio distruggerla? E il Truoi di Valaseit è un gioiello da non perdere, simbolo della Carnia e dell’intera regione, gemello del sentiero Rike di Duino, entrambi legati alla memoria di antiche scogliere oceaniche, quella del Carso e quella paleozoica della Dolomia fornese. Su questo particolare sentiero europeo è bene che la Regione ragioni perché, assieme a tutte le vite sui monti, è Lui ad avere diritto di dire: “Noi siamo Fvg”.
Per ogni apparato e potere politico regionale il primo mandato morale, ben più importante del terzo, è tutelare l’integrità del delicato universo delle “terre alte”, prezioso e necessario patrimonio della civiltà alpina. Rispettando quei magnifici luoghi difendiamo la montagna. Non lacerando quei ripidi pendii proteggiamo la pianura. Salviamo il sentiero Valaseit!
Dovesse vincere l’orrore metallico, giungerà puntuale la risposta di Vaia. Allora, nomi e cognomi, “ci sarà pur un giudice a Berlino”. Alfio Anziutti».
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È stata pure predisposta una petizione su change.org che tutti i maggiorenni possono sottoscrivere, intitolata “Fermate la distruzione del truoi di Valaseit”, dove ‘truoi’ o ‘troi’ significa sentiero, in idioma carnico, “stradina stretta che attraversa campi e montagne”, in: https://www.filologicafriulana.it/vocabolari-furlan-1807/.
«Fermiamo la distruzione di uno dei più bei sentieri di Forni di Sopra, il sentiero CAI 207 tra le malghe Varmost e Valaseit che sta per essere devastato dalla costruzione di una strada inutile.
– per non privare Forni e i suoi turisti di uno dei sentieri più amati, frequentati e apprezzati dal punto di vista paesaggistico e naturalistico
– per salvaguardare la meravigliosa biodiversità che si può ammirare lungo il sentiero e che verrebbe deturpata dalla strada
– per evitare dissesti idrogeologici su un pendio fragile e instabile: la tragica alluvione del 1966 e le precedenti furono causata anche da frane che si staccarono poco al di sotto del sentiero e che sono ancora oggi visibili
– per ricordare ancora il nostro fornese Giovanni Capossassi, appassionato di piante e al quale è dedicato il sentiero
– per evitare l’inutile sfregio della montagna, visibile dalla Mauria al Cimacuta, con una strada “forestale” al servizio di una zona priva di boschi produttivi.
Aiutaci a salvare il sentiero per Malga Lavaseit, uno dei più belli e amati della Regione e d’Europa». (https://www.change.org/p/fermate-la-distruzione-del-truoi-di-valaseit).
Sottoscrivete la petizione, che trovate a questo indirizzo: https://www.change.org/p/fermate-la-distruzione-del-truoi-di-valaseit. ‘Alc a l’è alc, nue a l’è nue’, dicevano i nostri vecchi.
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Descrizione del sentiero 207, quello su cui la Regione ha deciso di intervenire.
Il sentiero 207, come reperito su: https://wiki.openstreetmap.org/wiki/Friuli-Venezia_Giulia/Sentieri, fa il seguente percorso: “Partendo da prima del Varmost lo attraversa e raggiunge casera Lavazeit, quindi prosegue per il Col Magnente, per raggiungere Cima Vente e poi Passo Mauria svolgendosi per lo più da 1500 a 1800 metri e procedendo da una altitudine massima di 1800 metri circa nella prima parte fino a giungere ai 1463 metri prima del Passo Mauria.
Il sentiero risulta descritto in: La sentieristica del Friuli Venezia Giulia – ‘Sentieri e rifugi’ – Alpi Carniche – Sentiero n. 207 – Forni di Sopra – C.ra Varmost – P.so Mauria, in https://www.cai-fvg.it/sentieri-cai-fvg/settore-2-dolomiti-pesarine-monti-di-sauris/s2-207/.
Esso contempla, per questa fonte, un dislivello di 765 metri; ed ha come punti di appoggio: Rifugio Baita Som Picol, Casera Varmost e Ristorante Varmost, Ricovero Casera Lavazeit, Stavolo Sessalas, Fienili Pian De Stabie. (https://www.cai-fvg.it/sentieri-cai-fvg/settore-2-dolomiti-pesarine-monti-di-sauris/s2-207/).Costruirci nel mezzo una camionabile non mi sembra una ideona, se devo essere sincera.
Infine così si legge sul percorso Casera Valmost- Casera Lavazeit su: https://www.turismofvg.it/it/active/casera-lavazeit-da-varmost. Punto di partenza è Casera Varmost (1758 m), che corrisponde all’arrivo degli omonimi impianti di risalita. Diamo le spalle all’impianto e prendiamo la sterrata che scende sulla sinistra. Percorse poche decine di metri individuiamo il cartello di inizio del Sentiero Giovanni Caposassi/Sentiero 207 per Casera Lavazeit. Il sentiero è un gioiellino: 2,5 km quasi in piano, con alcune aperture alla nostra sinistra davvero scenografiche – compresa la possibilità, quando il cielo è terso, di vedere le Tre Cime di Lavaredo. Arriviamo in 40 minuti scarsi a Casera Lavazeit (1813 m, anche Val di Valaseit), gestita da volontari del paese di Forni di Sopra.
Ora non vorrei che si facesse in modo di trasformare queste bellezze in luoghi per aperitivi, gozzoviglie e pure musica a gogò per motorizzati.
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Un esempio da seguire: “Baita Torino” ed il sentiero ‘Tiziana Weiss’ nel saurano.
Inoltre non ci si deve dimenticare che nell’ ampezzano carnico c’ è anche ‘Baita Torino’.
«Il Centro Studi di Botanica Alpina (detto anche Baita Torino) si trova al Passo del Pura (Alpi Carniche), nel Comune di Ampezzo (UD) a circa 1400 m di altitudine, in un’area di altissimo interesse botanico, zoologico e geologico.
Aspetti naturalistici. Dal Centro Studi si possono effettuare numerose escursioni a piedi. Tra gli ambienti più interessanti: 1- I prati aridi del M. Nauleni; 2- La Foresta di Ampezzo; 3- La fascia alpina su calcare del Monte Tinisa; 4- La fascia alpina su rocce silicee del Monte Brutto Passo. (…).
(…). Flora e fauna. L’ Università di Trieste ha sviluppato guide interattive alle piante vascolari e ai licheni dell’area circostante il Passo Pura; sono anche disponibili guide alle farfalle dell’Italia nord-orientale e ai pesci delle acque interne del Friuli-Venezia Giulia. Le guide sono consultabili in rete.
Geologia. Il Passo Pura costituisce un’ampia sella a forma di U determinata dalla transfluenza del ghiacciaio della Conca di Sauris verso la valle glaciale del Tagliamento; la spalla Est costituita dal M. Nauleni è in Dolomia dello Sciliar mentre la spalla Ovest del M. Tinisuta è in Dolomia del Serla sovrascorsa; quindi la sella ha un’origine tettonica in fase alpina ed un’evoluzione erosiva in fase glaciale. (Cfr. pure il testo del geologo Ponton, in: Geologia della Conca di Sauris.
Utilizzo della struttura.
Le attività del Centro, di proprietà della Comunità Montana della Carnia, sono regolate da una convenzione con l’Università di Trieste che vi organizza corsi, seminari e campagne di studio che coinvolgono anche altre università italiane e straniere». (https://dsv.units.it/it/ricerca/centri-ricerca/Centro-Studi-di-Botanica-Alpina-di-Passo-Pura).’ Baita Torino può essere utilizzata anche da università e centri di ricerca.
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Infine sempre nei pressi vi è anche il percorso, con segnaletica e tabelle dedicate, ‘Tiziana Weiss’. (https://www.turismofvg.it/it/active/sentiero-naturalistico-tiziana-weiss) che era considerato un fiore all’ occhiello della Carnia.
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Ma vi è in programma pure un’altra strada forestale nel Gemonese, di collegamento intervallivo tra le località di Rivoli Bianchi e Stavoli Scugelars, che pare non serva a nessuno tranne che a rovinare il territorio.
Infine un’altra orrida strada forestale, di cui si parla ultimamente, è stata progettata dal dottore forestale Marco Clama, sindaco di Paularo, per sostenere il quale Fedriga, mai visto per altri problemi in Carnia, si è precipitato fino nel comune carnico e che ha progettato anche la strada carrozzabile da malga Plotta al Marinelli, tanto contestata. Clama pare faccia pure parte di una associazione, da poco creata, che si interessa di fondi e loro sfruttamento, di cui è segretario. (Nasce l’associazione fondiaria valli del But e d’Incarojo, in: https://www.ilfriuli.it/articolo/tendenze/nasce-l-associazione-fondiaria-valli-del-but-e-d-incarojo/13/228938).
Detta associazione si occupa «di ottimizzare i valori delle aree gestite e raccogliere le adesione dei proprietari in possesso di terreni che abbiano intenzione di valorizzare il proprio patrimonio ma che, per svariate cause (posizione svantaggiata delle particelle, mancanza di fondi, ecc…), non riescano nel loro intento». (Ivi).
Per questo c’è chi vuole fare ‘piste forestali ‘ carreggiabili o camionabili in montagna, rischiando frane su frane? Non so qualcuno me potrebbe potrebbe chiarire? E, per incominciare, un privato cittadino su suggerimento di Clama non ancora sindaco, ha chiesto un contributo per una novella strada forestale camionabile in località ‘Spusinceis’ in comune di Paularo alla Regione. Ma forse egli e Clama non sapevano che esistono anche elicotteri che permettono di portar fuori il legno da boschi non serviti da camionabile? Non lo so, ci sono anche su facebook filmati in tal senso ed a Rigolato e Sauris, anni fa, hanno fatto così! E sicuramente il dott. Rinaldo Comino lo sa. Potevano chiedere a lui. Non siamo vivaddio più ai tempi di Eugenio Caneva e Arturo Magrini che cercarono di far costruire la via da Collinetta a Tors per risolvere il problema dell’isolamento della frazione e del trasporto al Degano del legno tagliato. Allora eravamo a fine ‘800!!! (Cfr. Eugenio Caneva ed Arturo Magrini, uomini di altri tempi che cercarono di ‘portare il progresso’ in una piccola comunità come quella di Collina e Collinetta. in: www.nonsolocarnia.info).
Ma a quale progetto vorrei accennare? A quello relativo alla “realizzazione della strada forestale di collegamento intervallivo tra le località di Rivoli Bianchi e Stavoli Scugelars in Comune di Gemona del Friuli”«che dalla località Rivoli Bianchi (m. 350 s.l.m.) sale per 900 m. fino allo Stavolo Scrić (m. 1235 s.l.m.), lungo versante Nord sotteso dalla linea di cresta che discende dal Deneâl verso il Cuel Frateit e la Creta Storta, per poi, aggirato il colle di Scrić, discendere lungo la valle della Moeda fino agli Stavoli Scugjelârs (m. 685 s.l.m.) in loc. Ledis; il tutto con uno sviluppo di oltre 11 Km., una larghezza della carreggiata da m. 3,50 a m. 4,60, e oltre 40 tornanti con raggio minimo curvatura dei tornanti di 8 m. Un’opera faraonica che, per apparire meno impattante e passare più in sordina, l’Amministrazione Comunale di Gemona ha deciso di dividere in tre parti, approvando recentemente la Variante 78 al PRGC che riguarda i primi due tratti, ma riportando chiaramente agli atti che l’intervento previsto è quello complessivo». (Sandro Venturini, Un progetto di pista forestale che sfida “l’audacia” del Ponte sullo Stretto, in: https://ilpassogiusto.eu/).
Secondo il Venturini, che è ed era pure consigliere comunale di minoranza a Gemona, detta nuova camionabile è inutile perché «L’ambito boschivo che si sviluppa lungo le pendici Nord della cresta montuosa Chiampon – Cuel di Lanis, di discreto interesse selvicolturale è in gran parte soggetto a usci civici, è servito da una viabilità forestale esistente che, se adeguata per accogliere il transito di mezzi di maggior taglia rispetto all’attuale, consentirebbe di sfruttare quasi tutto il bosco lungo entrambi i lati della strada, rendendo del tutto inutile la prevista nuova viabilità forestale». (Ivi).
Inoltre «Il ripido versante che scende dalla località Scrić alla località Rivoli Bianchi, è coperto dai cosiddetti boschi di autoprotezione e protezione con prevalente funzione di salvaguardia idrogeologica, funzione che verrebbe meno nel caso dell’inevitabile e indubbio dissesto provocato dall’apertura di una strada. È quindi privo di interesse selvicolturale. La matrice geologica è un alternarsi di affioramenti di roccia compatta a detriti, in parte consolidati da formazioni di alberi contorti, salvo pochi lembi di bosco meglio strutturato e boscaglia. La pendenza media del versante si attesta intorno al 80-90% con vasti tratti che superano il 100% (45° di inclinazione) sui quali è perfino difficile la progressione a piedi». (Ivi).
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Una interrogazione di Furio Honsell sulle frane ed il territorio (2023) e la risposta di Riccardo Riccardi
Ma chissà quante strade vuole ancora costruire la Regione mentre la montagna frana! L’ articolo di Venturini è stato pubblicato sul n. 34 del 9 maggio 2025 del periodico online, mentre la montagna carnica continua a franare, e franerà ancora se non la si conosce e rispetta, come sottolineato dal Geologo Valent (Massimo Valent, geologo. Su quella montagna troppo friabile e su quelle piogge intense. Su www.nonsolocarnia.info). Ma lo stesso Michele Gortani aveva studiato la tipologia delle rocce carniche e sottolineato le loro caratteristiche.
E così Valent nell’ immediato dopo Vaia: «Noi ci troviamo in una zona: Fvg parte montana, che è caratterizzata da un alto rischio idrogeologico, perché ci troviamo in una situazione in cui le cause esogene, esterne, determinano questi cambiamenti. L’entità e la velocità con cui detti cambiamenti avvengono, dipende dalle caratteristiche geologiche e geomorfologiche del territorio. E la zona montana del Friuli è una zona particolarmente vocata al rischio idrogeologico. È una zona fragile, caratterizzata da masse rocciose frequenti e da superfici con masse rocciose fratturate scadenti che determinano un’elevata produzione di detriti, come a Rivoli Bianchi di Tolmezzo. Fenomeni franosi sono estremamente diffusi sul territorio montano e pedemontano friulano, caratterizzato, pure, da una forte torrenzialità dei corsi d’acqua, con una variabilità nei regimi che cambia molto nell’arco stagionale». (Ivi).
Non solo, e questo lo dico io: la storia ci aveva già insegnato qualcosa, vedasi quello che accadde nel 1692 quando vi fu una grande alluvione, i fiumi tracimarono, e la notte fra il 15 ed il 16 agosto una enorme frana si staccò dal monte in Val Tagliamento, sbarrando il corso del fiume e sommergendo il villaggio di Borta. E bisogna notare che gli abitanti della valle temettero che il Tagliamento, che aveva creato un lago, non riuscisse a rompere gli argini naturali ed a defluire, e questo ci dovrebbe insegnare qualcosa anche su possibili lavori di contenimento delle acque del Tagliamento a Dignano, da ottenersi con diga o traversa che dir si voglia. (Per la storia del villaggio di Borta sommerso, cfr. Laura Matelda Puppini, E goccia dopo goccia a piover cominciò, Quel tragico ferragosto del 1992, su InCarnia n.7, settembre 2014).
Ed ancor prima della grandiosa frana di Monte Croce, che dovrebbe allarmare, Furio Honsell aveva presentato una interrogazione, che è la seguente: “Pericolosità delle frane e urgenza degli interventi di riqualificazione e messa in sicurezza delle strade in zone montane: quali sono criteri?” in cui egli riportava i casi noti allora e chiedeva pure, ritenendo «fondamentale procedere ad un’attenta e precisa analisi di tutti gli interventi necessari da compiere nelle varie strade dei territori montani della Regione di competenza di FVG Strade, e ad una pianificazione e programmazione altrettanto attenta alle necessità del territorio, dell’ambiente e delle sue Comunità (…) quali interventi – e con quali criteri di priorità – la Regione intenda effettuare per la messa in sicurezza di tutte le strade montane, e con quale cronoprogramma».
La risposta fu data dall’assessore Riccardi che sottolineò che, «per quanto riguarda i criteri di intervento FVGS (FVG Strade N.d.r.) opera attraverso appalti di manutenzione e pronto intervento per risolvere le criticità emergenziali e mantenere in esercizio la viabilità di competenza in tutto il territorio regionale. Nel caso di eventi eccezionali che pregiudicano la sicurezza stradale e la pubblica incolumità FVGS si avvale anche dell’istituto della Somma urgenza utilizzando fondi a disposizione nel Piano delle Manutenzioni. La regolare attività di sorveglianza quotidiana, a mezzo di personale FVGS abilitato e all’uopo esclusivamente dedicato, monitorizza costantemente lo stato delle tratte stradali evidenziando tempestivamente di eventuali criticità.
Pertanto la richiesta di intervento per la messa in sicurezza di tutte le strade montane regionali risulta sproporzionata rispetto all’attività di manutenzione e gestione della viabilità in capo a FVG Strade. Assume, invece, ruolo fondamentale l’attività di monitoraggio quotidiano dello stato delle strade regionali e relativo intorno, che consente di individuare tempestivamente eventuali necessità di intervento, per le quali la Società interviene come sopra indicato. Eventuali dissesti derivanti da eventi meteorologici imprevisti ed eccezionali non possono essere trattati con un programma di intervento definito, stante l’indeterminatezza dei punti in cui eventi eccezionali potrebbero raggiungere e superare le condizioni di progetto alla base della realizzazione della viabilità montana e concretizzare dissesti ad oggi non prevedibili.
Si precisa che l’importo annuo investito da F.V.G. Strade, relativo alla manutenzione ordinaria delle strade montane ammonta a circa Euro 5 milioni» (Risposta dell’Assessore Riccardo Riccardi, a cui pare fosse affidato pure l’assessorato alle infrastrutture e territorio, alla interrogazione n.5 di Furio Honsell databile 2023). E così la risposta continuava: «Ai fini di una migliore programmazione degli interventi manutentivi questo assessorato sta lavorando sulla messa a punto del nuovo “Piano di Governo del Territorio” e del “Piano Infrastrutture” in base ai dati derivanti dal Piano di assetto idro- geologico del territorio regionale, così da poter stilare una lista di priorità di intervento completa e approfondita». (Ivi).
Poi non so più nulla su questi “Piano di Governo del Territorio” e “Piano Infrastrutture”, che però devono avere alla loro base, secondo me, un “Piano della conoscenza e mappatura del territorio” di cui non si parla, ma so che sorvegliando solo le strade, nel tempo di un ‘amen’, come scrisse un prete per il terremoto tolmezzino di fine Settecento, la strada per il Passo di Monte Croce è stata travolta da una enorme frana staccatasi dal Pal Piccolo. (Cfr. su www.nonsolocarnia.info l’articolo: Il Pal Piccolo ha cancellato l’ultima parte della ss 52 bis. Ma nel 2017 quella strada era già considerata rischiosa e da sistemare. Ma poi … E ora si prevede di violare ancora le montagne). Non solo: frane hanno interessato l’autostrada Carnia- Tarvisio, la strada che unisce Collina di Forni Avoltri al comune di riferimento e permette di prendere il sentiero per il Volaia che parte dal rifugio Tolazzi, e così Cazzaso, che frana un giorno sì e l’altro anche, e via dicendo. Ed è franata pure la verticale della via ferrata ‘Farina del Diavolo’ ultimamente. Basta aspettare e vedremo cosa frana ancora, in alta montagna come nella pedemontana, mentre la strada che dalla Val Pesarina porta, passando sotto la vetta del Crostis, a Sappada ha mostrato tutti i limiti che erano stati previsti da chi conosce l’ambiente.
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Infine vi ricordo che sta per essere approvata dal governo Meloni una legge che permette ai cacciatori pure con armi anche diverse da quelle attuali, con i loro cani liberi, di sparare praticamente dovunque, anche sulle spiagge. Ne vedremo delle belle, ed aumenterà, secondo me, in modo esponenziale, il rischio di essere impallinati. E così il Presidente Nazionale Legambiente nel merito di detta proposta di legge: essa se approvata «cancellerebbe gli ultimi 60 anni di politiche, impegni e azioni dell’Italia a tutela e conservazione degli animali selvatici, calpestando, al tempo stesso, l’art. 9 inserito nel 2022 nei principi della Costituzione, che obbliga lo Stato, attraverso le sue leggi, a garantire la tutela degli animali». (https://www.ilsole24ore.com/art/caccia-governo-cambia-regole-armi-giorni-sospensione-tutte-novita-AHrvWXq). Ma cosa volete che sia, se il governo italiano neppure condanna o almeno disapprova la politica israeliana con migliaia di morti innocenti a Gaza ove ogni umanità è morta come nei campi di sterminio, ove è in atto un vero e proprio genocidio? Cosa volete che faccia? Che difenda gli animali, che permettono al bosco di vivere, ed alle piante di riprodursi? Non lo so, ditemelo magari voi.
Senza voler offendere alcuno, perché non è mio costume, questo ho scritto, ma per invitarvi a fermare la nuova carreggiabile ed a pensare, prima di soccombere. E se erro correggetemi.
Laura Matelda Puppini
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La foto che accompagna l’articolo è tratta da https://www.turismofvg.it/it/active/casera-lavazeit-da-varmost#dmlb=1. L.M.P.
https://www.nonsolocarnia.info/ma-si-perche-no-facciamo-un-altro-stradon-in-uno-dei-posti-piu-belli-della-carnia-e-nel-gemonese/https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/05/forni-di-sopra.jpg?fit=1024%2C576&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2025/05/forni-di-sopra.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Senza categoriaLa Carnia, e ve lo dico io che ci vivo e ci ho vissuto per quasi tutta la mia vita, tranne i 10 anni a Trieste, ha bisogno anche ora di molte cose, in particolare di educare gli animi di una parte dei suoi abitanti a non farsi abbindolare...Laura Matelda PuppiniLaura Matelda Puppinilauramatelda@libero.itAdministratorLaura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.Non solo Carnia
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