Mentre fuori nevica e la Carnia è senza luce. No all’ennesima centralina, questa volta sul Degano, dove per inciso ce ne sono altre.

Carnia di centrali e centraline ma spesso senza luce.

Nevica in Carnia, in questo dicembre 2020, e la neve, che in montagna dovrebbe non essere una novità, ha causato le solite catastrofi attribuibili all’ uomo e non certo alla natura. Così, come regolarmente avviene ormai quasi con cadenza biennale per un motivo o l’altro, paesi sono rimasti isolati e senza elettricità, a Forni di Sopra ha ceduto pure la condotta principale dell’acqua potabile, gli spazzaneve non escono più subito, ma sono, se ho ben capito, programmati a ore, le scuole saranno di nuovo chiuse, gli alberi, (quale novità) sotto il peso della neve si piegano e si piegheranno. Insomma fatti naturali, in mancanza di programmazione adeguata, si trasformano in emergenze, e, passata un’emergenza, se ne presenta un’altra, per la gioia dei giornalisti. Provate a digitare su di un motore di ricerca: ‘Carnia senza luce’, per esempio, e potrete soffermarvi su quanto accaduto nel 2017, 2018, 2020… Ma pensate se un tempo, in Carnia, ogni nevicata avesse causato tanti problemi. Non sarebbero riusciti a vivere più. Ma un tempo erano efficienti, un tempo erano previdenti… Un tempo non svendevano acque e territorio e non facevano tanti inchini e doni ai foresti … Inoltre ci si chiede come mai, avendo regalato acqua a destra e manca per fare centrali e centraline, l’unica che resta senza corrente elettrica un anno sì e l’altro anche è la Carnia. Ce lo eravamo già chiesti ai tempi di Vaia, dove mi pare Forni Avoltri non aveva potuto agganciarsi ad una cabina privata e funzionante, per avere un minimo di corrente elettrica. Ma poi, tutto passa… e tirem innanz. Scusatemi l’amarezza con cui scrivo queste righe, ma ho un difetto: amo la mia terra.

E mentre siamo all’ennesima catastrofe per noi cittadini della Carnia, con il povero Marco Lenna, sindaco di Forni di Sopra, che non sa a che santo votarsi, e Cavazzo Carnico rimasto al freddo ed al buio per quasi 24 ore, comunque in buona compagnia, molto poco opportunamente la Regione Fvg ha chiesto parere per una nuova centralina, ancora priva di Via, collocata sul Degano e progettata come fosse in solitaria, mentre ha una consorella a nord ed una a Sud, e non poche nei paraggi. Pertanto riporto qui alcune note sulla stessa, per documentare il mio no motivato ad una nuova centralina posta su di un fiume, senza tener conto di norme europee, nazionali e regionali a tutela delle acque, dopo aver visto la documentazione giratami da Paolo Querini, consigliere comunale di Ovaro,  ed aver lungamente discusso con lui, a cui si devono alcune considerazioni. Naturalmente se non siete d’accordo, ben venga il confronto, dati e leggi alla mano.

Perché NO alla nuova centralina ‘ Patussera’.

Con l’approssimarsi della fine di questo anno è giunta ai Comuni di Ovaro e Comeglians la comunicazione che «le società EN.RI.COM S.r.l. e PARTEL S.r.l. hanno presentato, in data 6 febbraio 2014, domanda di concessione per la derivazione d’acqua, ad uso idroelettrico, dal torrente Degano» precisando che la documentazione relativa al progetto “sarà consultabile nel sito istituzionale della Regione a decorrere dal giorno 2 dicembre 2020 e fino a tutto il giorno 16 dicembre 2020, ed eventuali osservazioni e/o opposizioni potranno essere presentate al Servizio gestione risorse idriche entro il giorno 4 gennaio 2021». Tolte le feste ci sono quindi poco più di quindici giorni per esaminare il progetto e presentare controdeduzioni.

Sinora la località Patossera oltre che per i trascorsi partigiani, risultava famosa per un locale in cui si dice si mangi davvero bene, ma approfondendo la conoscenza, si viene a sapere che nel volgere di qualche anno si è trovata come ingombranti “commensali”: una zona industriale, un centro raccolta rifiuti, una centrale di trasformazione dell’energia elettrica ed una cava di gesso. Ma così va il mondo: invece che lasciarci acqua pulita, paesaggio, montagna e vita, pare che qualcuno si ostini a regalare al privato beni comuni, territorio, bellezza, pretendendo poi di avere pure turismo.
Inoltre, dalle ricerche fatte da Querini, pare che la società Partel con sede in Valdobbiadene abbia in piedi una pratica analoga per la captazione delle acque del Piave in località Santo Stefano di Cadore. Anche in quel caso si presenta con una società partner, che, nel caso del Degano, è la ENRICOM con sede in viale Miramare 271/1 a Trieste.

Entrampo, in una vecchia cartolina. (Immagine inviatami da Paolo Querini).

Quella relazione tecnica con ‘…’   ‘…’ puntini puntini …

Ma ritorniamo alla centralina di Patossera. Le acque da utilizzare per l’impianto sono quelle del torrente Degano e diversamente da altri impianti che sfruttano salti di quota, la centrale progettata verrebbe realizzata in un tratto del corso d’acqua pressoché pianeggiante.
Ora bisogna ricordarsi che il Degano è un fiume e che esiste la normativa europea per la rinaturalizzazione dei fiumi e contro l’uso indiscriminato dell’acqua dolce, che è bene comune e che dobbiamo tutelare per le nuove generazioni.

Inoltre va spiegato che il funzionamento di qualsiasi generatore che sfrutti l’energia idraulica richiede un salto di quota che nel caso delle cascate o degli sbarramenti è di tipo puntuale; ma dove non c’è dislivello, si deve ricorrere al trasporto in condotta forzata fino ad un punto in cui le pale dei generatori vengono mosse con l’energia richiesta. Nel nostro caso la coppia di turbine Francis previste richiede un dislivello di circa 20 metri dal punto di prelievo alla sala macchine. Pertanto l’acqua dovrà compiere un tragitto in condotta pari a circa un chilometro e mezzo e per tale tratta la stessa quantità di acqua verrà sottratta al Degano.

Dai dati di progetto, il range di funzionamento dei generatori prevede un afflusso d’acqua compreso tra i 340 ed i 3.800 litri al secondo dove il prelievo massimo è addirittura superiore alla portata totale del Degano nei mesi di gennaio, febbraio e marzo.

(Schema 8 in: Relazione descrittiva dell’impianto idroelettrico ‘Patossera’ che utilizza le acque del torrente Degano, presentata nel gennaio 2014, giacente presso Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, p. 35).

Avendo esperienza di quella presa in giro che si chiama deflusso minimo vitale, precisiamo al lettore che si tratta della solita foglia di fico: la centrale per garantire una resa deve funzionare sempre, quindi i dispositivi che regolano le portate sono progettati non tanto in funzione del mantenimento delle condizioni quo ante del corso d’acqua, ma piuttosto per garantire una portata sufficiente alle turbine. Inoltre pare che non esistano dati di portata aggiornati per il corso d’acqua in questione, ma solamente, secondo Paolo Querini, estrapolazioni “attualizzate” ricavate dai dati del 1959 che sono presenti solamente per i tratti a valle (misurazioni in località San Martino e Ponte Pesarina). La progettazione ed il dimensionamento sono stati dunque sviluppati su estrapolazioni.

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Inoltre, sempre secondo Querini, nella relazione geologica viene evidenziato che il Degano è caratterizzato da un letto occupato da ghiaie per la profondità di oltre 10 metri; caratteristica che impone l’impiego di micropali per ancorare lo sbarramento e le opere di presa. Allargandosi moltissimo il letto del torrente dopo la chiusa di San Giorgio, questa peculiarità potrebbe determinare una portata dimezzata e la scomparsa alla vista dell’acqua come presente più a valle.

Ma non è finita: a giustificazione dell’evidenza che per oltre un chilometro la portata del Degano verrà ridotta -quando va bene- della metà, il progettista spiega che siccome ai lati del corso d’acqua si è sviluppata della vegetazione arbustiva, l’acqua non la vediamo neanche adesso e quindi è ininfluente che ci sia o no. Ma pare ignori che il rio Margò si immette nel corso d’acqua di fondovalle poco sopra l’opera di presa.

Il Margò, sempre secondo Paolo Querini, che ben conosce il territorio ovarese e contiguo, ha una caratteristica particolare che uno da fuori ignora: funge da fognatura a Ravascletto, comune che negli anni non si è mai dotato di un depuratore e sversa da un condotto i reflui direttamente nell’affluente del Degano.
Questa situazione, ben nota ad Arpa, ha determinato il rigetto di una richiesta di derivazione mezzo chilometro più a monte, motivata dalla considerazione che utilizzando l’acqua sporca la si sarebbe rallentata, riducendo conseguentemente la capacità di asporto dei reflui.

Trattandosi della stessa acqua ci chiediamo se il problema sia stato preso in considerazione, ma anche se si sia considerato che a fine ottobre 2018 (quattro anni dopo la presentazione del progetto in Regione) il Degano si è portato via un ponte stradale proprio appena sotto il punto dove dovrebbe venire realizzata l’opera di presa.

Il crollo del ponte a Comeglians a causa di Vaia. (Da: https://it.geosnews.com/p/it/friuli-venezia-giulia/maltempo-gravissimi-i-danni-carnia-spezzata-in-due-c–il-sole-ma-domani-torna-la-pioggia_21910810, che a sua volta l’ha ripresa da: http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2018/10/31/news/maltempo-gravissimi-i-danni-carnia-spezzata-in-due-domani-torna-la-pioggia-1.17411882

Ed ancora: alla complessiva vaghezza di molte informazioni, si aggiunge la loro inattualità per sopravvenuti eventi calamitosi. E leggendo paragrafi che riportano frasi come “Le acque verranno captate circa a quota 538.50 m smm e restituite circa … m più a valle e sempre al medesimo corso d’acqua, circa a quota … m smm», e «La estensione del bacino imbrifero sotteso alla restituzione è pari a … kmq». (Relazione descrittiva dell’impianto idroelettrico ‘Patossera, op. cit., p.6), dove l’interessante sono i dati non posti, quei puntini puntini”, ci si chiede: ma come si fa a discutere qualcosa con puntini puntini? Forse la Regione non ha letto la relazione? Perché io, se mi inviassero una relazione tecnica con dati fondamentali omessi e sostituiti da ‘…’  ‘…’ mi arrabbierei parecchio e la renderei al mittente.

Tipologia di impianto, studiato in solitaria ma che si verrebbe a trovare tra altri impianti.

«L’impianto idroelettrico in progetto sarà del tipo ad acqua fluente. Non verranno pertanto regolati volumi idrici a monte della derivazione. L’impianto sarà costituito dalle seguenti parti: Derivazione – Condotta forzata – Edificio centrale – Allaccio alla linea di pubblica distribuzione». (Ivi, p. 7).

«L’impianto sarà completamente automatizzato e telegestibile da remoto senza la necessità della presenza continuativa di operatori sul posto. Sarà inoltre munito di adeguati sensori di livello idrometrico e delle ghiaie in grado di monitorare in continuo le condizioni della derivazione (ovvero della portata derivata e rilasciata) e del torrente Degano, attivando a mezzo di apposito sistema PLC le azioni necessarie al buon esercizio dell’impianto. L’impianto sarà infine dotato di sistemi di sicurezza, oltre che tecnici per la parte elettromeccanica, anche di tipo idrogeologico mediante dispositivi di misura della velocità in condotta». (Ibid).
E non da ultimo: «La derivazione sarà costituita da un sistema di sbarramento delle acque del torrente Degano con invito di quest’ultime verso la destra idrografica laddove saranno presenti: lo sghiaiatore esterno – il dispositivo di alimentazione della scala pesci e la scala pesci- la bocca di presa». (Ivi, p. 8).

Ora a me sarebbe bastato questo per dire un no secco alla centralina: infatti se si dice sì a questo sbarramento, che è opera importante, si potrebbero forse creare in loco tutta una serie di problemi di cui la relazione non tiene tranquillamente conto, anche a Secab e CaServel Mera. Ma tranquilli, l’impatto ambientale non è stato analizzato.

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Inoltre notate, notate: «Lo sbarramento verrà realizzato attraverso un rubber dam. Si tratterà pertanto di uno sbarramento a geometria variabile in grado di afflosciarsi completamente in caso di malfunzionamenti dell’impianto, di morbide e/o piene. Il rubber dam sarà di tipo pneumatico. La pressione di gonfiaggio ovvero l’altezza dello sbarramento saranno gestiti mediante un sistema PLC in grado di tradurre le letture di un misuratore di livello idrometrico apposito in azioni da parte dell’apparato elettromeccanico di gonfiaggio». (Ivi, p. 8).

In sintesi si userà, per creare un bacino artificiale, senza impatto ambientale noto e neppure paesaggistico, una specie di grandiosa diga in lattice, sgonfiabile, sulla base di una macchina, permettendo così all’acqua di defluire liberamente. senza calcolo alcuno dell’influsso sulla cartiera e via dicendo. Ma scusate: chi ha deciso di prendere in considerazione una cosa del genere? E si va avanti come se il Degano fosse funzionale solo agli interessi privati.
«Si parla poi dell’utilizzo della paratoia a settore come dispositivo di rilascio di parte della portata di rispetto, che favorirà una costante pulizia dalle ghiaie» che potrebbero in ipotesi finire nella centralina della Servel Mera. Ma ditemi un po’ voi …..

Diga Rubber Dam a Vernante (Cn). (Fto da Paolo Querini).

Naturalmente vi sarà un impatto ambientale dei lavori (incremento del traffico pesante, rumori, impossibilità a circolare lungo il tratto stradale dove verrà interrata la condotta forzata), e vanno evidenziati i problemi derivanti dalla presenza di una centrale in corso di esercizio sia per i cittadini che per l’ecosistema acquatico. Ma non ne abbiamo trovato traccia.
E mi fermo qui, perché quanto proposto è agghiacciante, dalla diga in lattice al fatto che non si tiene conto che il Degano non è un fiume virtuale e sullo stesso esistono altre centraline, al fatto che Europa ed Italia stanno andando in senso opposto a questo iper- sfruttamento di ogni rio che pone grossi problemi al territorio.

Non solo: «ridurre le portate del fiume in alveo per le tratte definite dal progetto implica la riduzione della qualità ecologica, – scrivevo rispetto alla centralina sul Fella – il che va in direzione opposta a quanto definito dagli obiettivi europei per i fiumi, che comportano che, entro il 2027, lo stato ecologico degli stessi diventi buono. Inoltre la costruzione di centraline va ad incidere su un regime idrogeologico già messo in difficoltà dalle modificazioni climatiche, a causa della riduzione della nevosità e dell’aumento della siccità. E se si combinano questi fattori con quelli prodotti dalla riduzione delle portate ottenuta artificialmente, si può ritenere che d’estate avremo molti corsi montani e fiumi in asciutta, indipendentemente da quanto dice la legge sul minimo deflusso vitale». (https://www.nonsolocarnia.info/idroelettrico-lassalto-al-fiume-fella/)

Comune di Ovaro al tempo di Vaia.

E l’impianto si svilupperà su una lunghezza di circa 1300 m interessando per la prima parte un tratto di corso d’acqua tipicamente montano mentre, nella seconda parte, un tratto dello stesso corso d’acqua classificato invece come “fondo valle”. A riprova della loro magnanimità, i proponenti la relazione evidenziano che «l’impianto avrebbe potuto sviluppare potenze e produzioni superiori qualora fosse stato spostato verso valle di circa 300-500 m l’edificio centrale. Volutamente non è stata adottata tale soluzione in quanto sarebbe stato interessato dalla sottensione anche il Ponte Patossera con significativi impatti paesaggistici ed idraulici».

Per fortuna si sono ricordati allora del ponte ma ora qualcuno, dopo la catastrofe nella zona tra Ovaro e Comeglians data da Vaia, dovrebbe richiedere come minimo una rivalutazione specialistica e geologica. Perché quella zona è stata massacrata, e questo inficia ogni progetto basato su dati pregressi.

E se non vuoi cederci i tuoi terreni con bonario accordo, allora li esproprieremo.

Infine guardate come ragiona il privato: o mi dai quello che voglio, anche se è tuo, o mi dai quello che voglio. «Le ditte istanti addiverranno alla acquisizione del titolo per la occupazione temporanea e definitiva dei suoli a mezzo di accordo bonari o, nel caso questi non fossero attuabili, a mezzo della procedura espropriativa» (Ivi, p. 38). Ora perchè i comuni esproprino terreni ci dovrebbe essere per l’opera la pubblica utilità. Ma come si può dare la pubblica utilità a centrali e centraline, private e che sfruttano solo il territorio? La Regione ha spesso dimostrato di avere maglie larghe su questo concetto, troppo larghe …Così la Cimpiello – Gemona, inutile, secondo l’assessore Zanon è di “utilità collettiva” (https://www.nonsolocarnia.info/no-ad-una-regione-asfaltata-nel-merito-di-quelle-costosissime-ed-inutili-infrastrutture-stradali-prive-di-utilita-collettiva-e-pubblica/), ed a Pontebba, per una centralina di mero interesse privato, era stata concessa la pubblica utilità, contro il diritto del Consorzio Vicinale di San Leopoldo. (https://www.nonsolocarnia.info/idroelettrico-lassalto-al-fiume-fella/).

Impatti in fase di esercizio. (Schema da Paolo Querini).

Tutela europea, nazionale e regionale dei fiumi.

Essendo il Degano un fiume, esso è soggetto alla legge europea 2000, che vuole la rinaturalizzazione dei fiumi, non cemento su cemento e dighe al lattice di gomma. E molti anche in Regione dovrebbero leggere l’articolo di Virgina Della Sala pubblicato da ‘Il Fatto Quotidiano’ il 14 novembre 2019, ma forse sarebbe stato più adatto per la giornata dei morti, intitolato: “I nostri fiumi malati di cemento. Così si sono distrutti in 50 anni”, che mostra una situazione agghiacciante. I dati riportati dalla Della Sala provengono da un dossier dettagliato del Wwf “Un futuro per i nostri fiumi” «110 pagine di dati, cartografie e analisi» (Virgina Della Sala op. cit.).

Detto studio, sottolinea come i nostri fiumi «sono in gran parte ‘canalizzati’, dighe e sbarramenti ne interrompono la continuità, i boschi rìpari vengono tagliati e gli alvei dragati. Inoltre si coltiva in modo insostenibile, molti centri non hanno ancora sistemi fognari adeguati e il consumo di suolo continua a trasformare il territorio». (Ivi). E secondo l’Ispra, già nei tre anni prima del 2016, «le regioni hanno continuato drammaticamente a portare cemento ed infrastrutture dentro la fascia dei 150 metri» (https://www.nonsolocarnia.info/per-il-fiume-tagliamento-bene-comune-e-patrimonio-dellumanita-come-ogni-corso-dacqua-o-lago-o-sorgente/). Ma perché il riferimento ai 150 metri? Perché la legge vuole che i corsi d’acqua e le relative fasce di rispetto debbano essere mantenuti integri e inedificati per una profondità di metri 150 per parte. (https://www.gazzettaufficiale.it/atto/regioni/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo=7&art.versione=1&art.codiceRedazionale=098R0854&art.dataPubblicazioneGazzetta=1999-01-02&art.idGruppo=2&art.idSottoArticolo=1).

Ma il quadro normativo di riferimento sulla edificabilità nei pressi di un fiume, richiama la normativa fondamentale del T.U. sulle opere idrauliche (R.D. 25 luglio 1904 n. 523) il cui Capo VII […] pone alcuni divieti in materia di edificazione in fregio ai corpi idrici, diretti a tutelare gli interessi pubblici più sopra accennati». (http://www.amministrativistiveneti.it/edificazione-e-distanze-dai-corsi-dacqua/). L’art. 96, invece, individua lavori ed atti vietati «in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese». Inoltre, l’art. 133 (I comma, lett. a) del Regio Decreto 8 maggio 1904 n. 368 vieta, in modo assoluto, sui corsi d’acqua, strade, argini ed altre opere […], “e lo smovimento del terreno dal piede interno ed esterno degli argini e loro accessori o dal ciglio delle sponde dei canali non muniti di argini o dalle scarpate delle strade […].». (Ivi). Alla preesistente e tuttora vigente disciplina in materia di polizia idraulica e bonifica di cui si è fatto cenno si affianca il d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152.
In particolare, l’art. 115 attribuisce alla competenza delle Regioni il compito di disciplinare gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d’acqua che non sia imposta da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti. L’introduzione della fascia di rispetto è espressamente rivolta alla tutela degli interessi ambientali ivi specificati, tra cui il mantenimento o il ripristino della vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, la stabilizzazione delle sponde e la conservazione della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità dell’alveo. A tali fini le aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale. La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ha legiferato in materia con la Legge Regionale 29 aprile 2015, n. 11 che contiene la disciplina organica in materia di difesa del suolo e di utilizzazione delle acque, sottoponendo al regime autorizzatorio di cui al R.D. 523/1904 gli interventi da realizzare lungo i corsi d’acqua demaniali, incluse le opere disciplinate dall’art. 96 del citato regio decreto. Detta legge, espressamente richiamandosi alle limitazioni e alle finalità individuate dalle leggi nazionali, con il successivo art. 18 vieta, a tutela dei corpi idrici superficiali e delle aree fluviali, determinate opere, tra le quali, in particolare, la costruzione di qualsiasi edificio esterno al centro abitato nella fascia di 10 metri dal ciglio della sponda, facendo tuttavia salva la facoltà dei Comuni di modificare in senso ampliativo tale fascia.
La stessa norma prosegue contemplando un divieto assoluto di opere all’interno della struttura degli argini dei corsi d’acqua, se non per quei manufatti e lavori funzionali al mantenimento in efficienza degli argini stessi, alla difesa idraulica, al contenimento delle piene, al soccorso pubblico, alla tutela della pubblica incolumità e dell’ambiente o alla bonifica idraulica del territorio.(Note da: http://www.amministrativistiveneti.it/edificazione-e-distanze-dai-corsi-dacqua/).
Inoltre, ai sensi dell’art. 82, quinto comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 sono sottoposti a  vincolo paesistico  i  fiumi,  i  torrenti  ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia  di 150 metri ciascuna, di seguito denominata fascia di rispetto. E i corsi d’acqua e le relative fasce di rispetto debbono essere mantenuti  integri e inedificati per una profondità di metri 150 per parte; nel caso di canali e collettori  artificiali,  la  profondità delle fasce da mantenere integre ed inedificate si riduce a metri 50. (https://www.gazzettaufficiale.it/atto/regioni/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo=7&art.versione=1&art.codiceRedazionale=098R0854&art.dataPubblicazioneGazzetta=1999-01-02&art.idGruppo=2&art.idSottoArticolo=1).

Ripetta la centrale a forte impatto, da costruirsi per sfruttare ulteriormente il fiume Degano, le norme europee sui fiumi, e quelle nazionali e regionali? A me pare non siano state neppure citate, eppure la normativa dell’Unione Europea data 2000, alcune norme nazionali ben prima.

Infine sorpresa, delle sorprese.  

Infine: sorpresa delle sorprese! La relazione integrativa a cui riporta il link inviatomi da Paolo Querini, riguarda l’impianto idroelettrico ‘Alpo’ ed è una relazione scritta nel novembre 2013, prima della Relazione descrittiva dell’impianto idroelettrico ‘Patossera’, datata 2014. Ma poi compare la dicitura “Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia” ed una seconda intestazione: “Comune di Comeglians ed Ovaro –  Impianto idroelettrico “Patossera”. Ditemi un po’ voi …. Che precisione! Ma che fa la Regione Fvg? Per cortesia Massimiliano Fedriga, vorrebbe vedere che sta succedendo a questa documentazione anche con ‘…’ ‘…’ ? Grazie.

Senza voler offendere alcuno, ma per diritto di cronaca ed informazione, questo ho scritto con la mia sensibilità. Naturalmente anche obiezioni sono ben accette. Ringrazio sentitamente Paolo Querini consigliere di maggioranza al comune di Ovaro, che mi ha dato preziosi suggerimenti, girato materiale e fornito immagini.

Laura Matelda Puppini.

 

 

 
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di Laura Matelda Puppini

Laura Matelda Puppini, è nata ad Udine il 23 agosto 1951. Dopo aver frequentato il liceo scientifico statale a Tolmezzo, ove anche ora risiede, si è laureata, nel 1975, in filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trieste con 110/110 e quindi ha acquisito, come privatista, la maturità magistrale. E’ coautrice di "AA.VV. La Carnia di Antonelli, Centro Editoriale Friulano, 1980", ed autrice di "Carnia: Analisi di alcuni aspetti demografici negli ultimi anni, in: La Carnia, quaderno di pianificazione urbanistica ed architettonica del territorio alpino, Del Bianco 1975", di "Cooperare per vivere, Vittorio Cella e le cooperative carniche, 1906- 1938, Gli Ultimi, 1988", ha curato l’archivio Vittorio Molinari pubblicando" Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo, Gli Ultimi, Cjargne culture, 2007", ha curato "Romano Marchetti, Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, ed. ifsml, Kappa vu, ed, 2013" e pubblicato: “Rinaldo Cioni – Ciro Nigris: Caro amico ti scrivo… Il carteggio fra il direttore della miniera di Cludinico, personaggio di spicco della Divisione Osoppo Carnia, ed il Capo di Stato Maggiore della Divisione Garibaldi Carnia, 1944-1945, in Storia Contemporanea in Friuli, n.44, 2014". E' pure autrice di "O Gorizia tu sei maledetta … Noterelle su cosa comportò per la popolazione della Carnia, la prima guerra mondiale, detta “la grande guerra”", prima ed. online 2014, edizione cartacea riveduta, A. Moro ed., 2016. Inoltre ha scritto e pubblicato, assieme al fratello Marco, alcuni articoli sempre di argomento storico, ed altri da sola per il periodico Nort. Durante la sua esperienza lavorativa, si è interessata, come psicopedagogista, di problemi legati alla didattica nella scuola dell’infanzia e primaria, e ha svolto, pure, attività di promozione della lettura, e di divulgazione di argomenti di carattere storico presso l’isis F. Solari di Tolmezzo. Ha operato come educatrice presso il Villaggio del Fanciullo di Opicina (Ts) ed in ambito culturale come membro del gruppo “Gli Ultimi”. Ha studiato storia e metodologia della ricerca storica avendo come docenti: Paolo Cammarosano, Giovanni Miccoli, Teodoro Sala.

6 Commenti letti

  1. Oggi, 10 dicembre 2020, così ha dichiarato Massimo Moretuzzzo: “Il problema della nostra montagna non è quello di aumentare la produzione idroelettrica, quanto quello di mettere in sicurezza i sistemi di distribuzione. È inconcepibile che in un territorio che produce gran parte dell’energia regionale, si rimanga senza corrente elettrica alla prima nevicata”. E per quanto riguarda la centralina sul Fella ha cosi dichiarato “Si tratta dell’ennesimo impianto su un’area nella quale non se ne sente assolutamente la necessità”, […], ricordando ancora una volta alla Giunta come la Regione, “anche alla luce dei recenti sviluppi autorizzativi per la realizzazione della centrale che l’ha vista costituirsi in giudizio contro la società Fella nel ricorso promosso dalla stessa davanti al Tar, debba mantenere alta l’attenzione sulla tutela di quel fiume e degli altri corsi d’acqua naturali, già impoveriti per gli effetti di una pessima gestione del settore idroelettrico, tutta a favore di aziende private e a scapito delle comunità locali”. (https://www.studionord.news/per-il-consigliere-fvg-moretuzzo-serve-uno-stop-definitivo-alla-centrale-sul-fella/).

  2. Seconda nevicata. Da che si sa questa volta ha avuto problemi di mancanza di energia elettrica Ovaro sicuramente. Infatti così si legge sull’ articolo “Neve, ad Ovaro posticipato il Consiglio comunale e sospeso il mercato settimanale”, datato 28 Dicembre 2020 pubblicato da Radio Studio Nord news: “Le abbondanti nevicate odierne impongono il rinvio della seduta del consiglio comunale di Ovaro, in programma questo pomeriggio.
    La seduta era prevista in modalità telematica, ma il rinvio è dovuto al fatto che in molte zone del comune risultano interrotti i collegamenti telefonici e di rete, nonché la fornitura di energia elettrica. Non è quindi possibile fare affidamento sulle funzionalità necessarie allo svolgimento della seduta, rinviata a martedì 29 dicembre alle 11 in presenza e a porte chiuse. Sempre a causa della situazione meteo, martedì non ci sarà il consueto mercato settimanale”. C’è stata poi una interruzione di energia elettrica nuovamente a Cesclans, da che mi si diceva ieri, e si attende di sapere se disagi ci sono o sono stati anche altrove.

  3. Il 31 dicembre 2020 i sindaci di Ovaro e Comeglians hanno firmato il proseguimento di un accordo anche per la condivisione di alcuni servizi, con sportello in un paese e ubicazione principale nell’altro. Lo stesso giorno è stato sottoscritto dai due comuni un documento importante, riguardante le osservazioni, effettuate in maniera congiunta, alla prevista centralina idroelettrica sul torrente Degano da presentare in Regione. (https://www.studionord.news/da-ovaro-e-comeglians-arriva-un-no-alla-centralina-idroelettrica-sul-torrente-degano/).

  4. Tanto per capire in che zona si va a costruire una centralina. Da: Gino Grillo. 2008. Carnia flagellata dal vento, case scoperchiate, raffiche a 100 all’ora. Prima pubblicazione Messaggero Veneto. Ripreso da: “Asou geats… Marzo 2008.
    Domenica 27 gennaio scorso, un fortissimo vento si è abbattuto sulla zona della Val Degano e Val Pesarina provocando numerosi danni.
    Fortissime raffiche di vento di Foehn hanno flagellato ieri, fin dall’alba, la Carnia, provocando gravi danni (case scoperchiate, black-out elettrici, strade interrotte e telefoni in tilt) e un ferito.
    Particolarmente colpita la Val Degano e la Val Pesarina: raffiche che hanno superato i 100 km orari hanno scoperchiato dozzine di case, abbattuto un vecchio stavolo, lesionato due chiese, spezzato migliaia di alberi, interrotto strade statali e causato pure un ferito, per fortuna lieve.
    (…). Le prime possenti raffiche avevano scardinato le assi dei tetti di alcune case lungo la via parallela al corso del torrente. (Gino Grillo, Carnia flagellata dal vento, case scoperchiate, raffiche a 100 all’ora, in: Asou geats… Marzo 2008, prima pubblicazione Messaggero Veneto, da cui è ripreso).

  5. Ho letto il comunicato d M5S pubblicato da radio studio nord (https://www.studionord.news/il-m5s-fvg-nuova-autorizzazione-dalla-regione-per-una-centralina-idroelettrica-sul-degano) che in sintesi dice, da quello che ho capito, che una centralina sul Degano, contrario solo il comune di Forni Avoltri, è stata approvata dalla Regione Fvg. “La Regione – rammentano gli esponenti di opposizione – ha sostenuto che la nota dell’ente è pervenuta solo il giorno precedente alla conferenza dei servizi e che, per questo, non è stato possibile svolgere ulteriori approfondimenti giuridici”.
    ““Probabilmente con un organico adeguato il tempo per leggere la nota ci sarebbe anche stato, magari non cambiava l’esito della procedura, ma almeno non sarebbe stata questa la motivazione adottata”. Ora questo il mio commento all’articolo su radio studio nord: “Scusate se non ho capito bene un piccolo particolare: quella approvata è la centralina di cui al mio articolo: “Mentre fuori nevica e la Carnia è senza luce. No all’ennesima centralina, questa volta sul Degano, dove per inciso ce ne sono altre”, cioè quella che prevede di sbarrare il fiume con una diga di lattice, che verrebbe costruita in zona devastata da Vaia, su calcoli ben pregressi? Poi la nuova che una centralina è stata approvata perché le osservazioni, come permesso, sono giunte solo il giorno prima (ma era nevicato in val Degano e per esempio Ovaro era senza internet ed elettricità ma forse anche Forni Avoltri) non si può sentire, come il fatto che si fosse, nel corso delle vacanze natalizie a corto di personale. E il fatto che si sia a corto di personale non giustifica nulla: sono affari della regione non dei cittadini, se non sa far funzionare i suoi uffici con chi ha e valutare i tempi. Nella scuola spesso il personale amministrativo era carente, ma riuscivano a fare tutto comunque, e le scadenze esistevano e venivano rispettate. E noi carnici dovremmo accettare un altro regalo di acqua a chi non si sa per fini privati, un dissesto idrogeologico, una cattadrale nel deserto di cemento che verrà abbandonata quando non serve più, dopo aver sfruttato tutto e di più, una alterazione paesaggistico ambientale solo perchè la Regione dice che uno può mandare le osservazioni alla data x ma poi non riesce a leggerle? Poteva leggerle Scoccimarro se non aveva altri a disposizione, e prendere tempo. Mica chi dirige può essere ignorante sulla materia del campo di cui fa di fatto il manager … E cosa ce ne facciamo di assessori manager che non calcolano tempi e personale nel disbrigo delle pratiche? Scusate, ma quello che leggo è inaudito”. LMP.

  6. Mi sono informata da fonte certa e la centralina di cui si parla è quella di Forni Avoltri, che era in stato ben più avanzato di iter di quella proposta dalle società EN.RI.COM S.r.l. e PARTEL S.r.l., con sbarramento del fiume, in una zona devastata da Vaia e via dicendo, di cui parlo qui nel mio: “Mentre fuori nevica e la Carnia è senza luce. No all’ennesima centralina, questa volta sul Degano, dove per inciso ce ne sono altre”,a cui si sono opposte le amministrazioni comunali di Comeglians e Ovaro con documento congiunto di ben 16 punti e che non ha ancora ottenuto la valutazione di impatto ambientale e men che meno l’approvazione regionale. QUINDI LA CENTRALINA SUL DEGANO APPROVATA E’ ALTRA, NON QUELLA CHE INTERESSA I COMUNI DI OVARO E COMEGLIANS.

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