ALLORA… COME SI VIVEVANO LE MONTAGNE.

«Qui sono tutte montagne, e le montagne sono tutte coperte di abeti e anche di larici, e qua e là di castagni e di faggi: ma sul pendio e in vetta ci sono prati bellissimi d’un verde tenero e smagliante. Tutto questo paese montuoso, che comincia al Tagliamento e finisce con le vere Alpi, è partito in quattro piccole valli, per ognuna delle quali corre un torrente maestro, e in esso influiscono altri torrentelli; e tutte queste valli sono bellissime, selvose, fresche, areate, piene di villaggi»[1].
«La mattina per questi monti è un incanto, di frescura, di luce, di purità»[2].
«Questi fiori delle alpi sono proprio belli, splendidi di colore, odorosissimi, fragranti E dire che ne nasce da per tutto per questi prati e per queste montagne e, a certe ore del giorno, specialmente la mattina e la sera, fra la fragranza degli abeti e il profumo acuto dei fiori, tutta l’aria è un odore, odore sano, acuto, non snervante»[3].

Anteriormente alla prima metà dell’Ottocento non si segnalavano veri alpinisti in Friuli né si annotavano nelle Alpi Carniche e Giulie ascensioni di qualche rilievo che non fossero fatte da cacciatori o valligiani.
Il movente che inizialmente spinse i primi “esploratori” verso la montagna fu di carattere scientifico e quindi di ricerca e di studio. A poco a poco però essi divennero sempre più attratti dai monti e dalla grandiosità dell’ambiente, che venne considerato come elemento strutturale e pittorico di irresistibile richiamo.
Così nell’Ottocento si iniziò a praticare una nuova attività che coniugava lo sport (inteso come esercizio per lo sviluppo del fisico e della mente) con la conoscenza scientifica dell’ambiente montano, cioè l’alpinismo.

«L’alpinismo, oltre che alla cultura della mente, offre salute e forza. Le lunghe gite alpestri, l’aria pura e salubre, l’esercizio continuo dei muscoli, le corse, le salite, le rapide discese a balzi (…), il lento e faticoso arrampicarsi per scosceso ed erto pendio, il camminare sui ghiacciai, l’evitare e l’oltrepassare i crepacci, l’affrontare i geli, la pioggia, gli aquiloni…fortificano il corpo e lo rendono atto a sopportare le quotidiane battaglie della vita. …Ma giova altresì tener conto dell’effetto morale che esse producono. Lassù, dinanzi alla natura così bella, così giusta, in tutto il suo procedere, l’anima si sente ritemprare, si sente migliore»[4].

E fu la Società Alpina Friulana ad occuparsi di sviluppare l’attività alpinistica, di potenziare il gabinetto di lettura e di creare i primi rifugi. Per quanto riguarda questo problema molti amatori della montagna si dichiaravano apertamente e tenacemente avversi ad aprire ricoveri ed anche a qualsiasi lavoro di sistemazione o modifica che potesse alterare in qualsiasi modo l’ambiente naturale.[5].

Fra i rifugi che vennero aperti, con lo scopo di essere ricoveri per l’alpinista, come lo erano i casoni di caccia per i cacciatori, vi fu anche il rifugio Marinelli, che fu intitolato a Giovanni ed Olinto Marinelli.

 

Vittorio Molinari, Alpinisti e Alpiniste. Forse anni ’20. Da archivio Vittorio Molinari.

ALPINISMO E RIFUGIO MARINELLI.

Il rifugio Giovanni e Olinto Marinelli è il rifugio alpino più alto del Friuli-Venezia Giulia, situato nelle Alpi Carniche, a 2.120 m s.l.m., alle pendici del monte Coglians (forcella Moraret), in posizione panoramica rispetto alla Val Grande e a Timau.[6].

Costruito nel 1901, inizialmente era composto da un fabbricato in muratura lungo 9 m e mezzo largo 5 m e offriva posto per 12 alpinisti più le guide.[7].
Quindi, dopo la prima guerra mondiale che ne interruppe l’uso, fu ampliato nel 1927. Infine, dopo un periodo di non utilizzo durante la seconda guerra mondiale, divenne meta prediletta per molti alpinisti friulani.  Infine il rifugio fu ristrutturato sia nel 1974 che nel 2001. Attualmente il rifugio Marinelli è facilmente raggiungibile dal Rifugio Tolazzi sito in territorio di Collina di Forni Avoltri, percorrendo una strada sterrata. [8].

E così si legge sulla guida della Carnia e del Canal del Ferro di Giovanni Marinelli, curata da Michele Gortani, ed. 1924, alle pp. 580-581 relativamente al ‘Ricovero Marinelli’ perché allora si chiamava così: «Il ricovero sorge in una posizione meravigliosa per bellezza e grandiosità di panorama, sulla cortina scistosa che lega al Cogliàns il gruppo del Crostis, e precisamente sulla forcella ‘Morareit’». Il ricovero, allora, era in muratura con rivestimento interno in legno, ed aveva, al pian terreno, una cucina che fungeva anche da stanza per il pranzo e, accanto alla stessa, una stanza per le signore. Di sopra c’era il dormitorio maschile. Il ricovero aveva anche un contenitore per l’acqua in cemento.

MA ORA… QUELLA STRADA CHE QUALCUNO VORREBBE, CHE SALE DA TIMAU AL MARINELLI, CHE NON S’HA DA FARE.

C’è ora chi vuole creare un raccordo fra una parte di strada già realizzata negli anni ’80 dalla giunta paluzzana guidata dal sindaco Vittorio Carpenedo, partendo dal laghetto Plotta, per poter raggiungere anche con mezzi a motore il Marinelli, trasformando in strada la mulattiera presente.
Ora pare che la realizzazione di tale obbrobrio possa esser portato a termine con soldi dati per Vaia e non per questo motivo specifico, e che si possa bypassare la valutazione di impatto ambientale grazie alla Protezione Civile, almeno a me hanno detto così, e se erro correggetemi, andando a realizzare una strada verso il rifugio montano più alto della zona, che, cancellando tutti gli ideali del 1800 e seguenti, porterà centinaia di motociclisti in vetta. E questo progetto ha avuto già l’approvazione della conferenza dei servizi della Regione Fvg il 7 novembre 2020, ma ha avuto anche il parere contrario del comune di Paluzza.

La zona interessata dalla strada, mi scrivono, è parte del SIC IT 3320001 Gruppo del Monte Coglians, per il quale valgono: 1) Le misure di conservazione trasversali 2) Le misure di conservazione speciali per tipo di Habitat. Inoltre potrebbe anche accadere che la strada finisse per attraversare due Habitat, quello delle Lande alpine boreali e quello delle Formazioni a Nardo Habitat 6230. Ma le norme prevedono l’esplicito divieto di realizzare viabilità forestale nella Formazioni a Nardo.

Già mesi fa Legambiente e Cai regionali avevano inviato due esposti, senza risultato. Attualmente riporto qui la posizione contraria di Legambiente regionale e S.A.F., firmata dai rispettivi Presidenti.

 

Moto in alta montagna. (Da: Boschi come piste, è guerra alle moto Monti devastati, l’ira di enti e associazioni: senza targhe, multe difficili, in: https://www.ilgiorno.it/lecco/cronaca/cross-montagne-1.4706389)

CONTRO LA STRADA TIMAU MARINELLI.

 «Fra gli interventi che sono stati finanziati in seguito ai danni causati dalla tempesta Vaia, c’è anche il nuovo collegamento stradale da Timau (Paluzza) al rifugio Marinelli, che sorgerebbe al posto del sentiero CAI 148.

(Detto intervento) non è soltanto inutile, ma anche dannoso e rischia di trasformare uno dei presidi montani storici della Carnia e della regione tutta, Patrimonio della Società Alpina Friulana […] in una sorta di autogrill per motociclisti che, in questo modo, vi avrebbero agevolmente accesso, inquinando e deturpando il prezioso ambiente circostante.

La nostra netta contrarietà a questo intervento è presto spiegata.

L’opera è situata ad un’altitudine superiore ai 2000 metri, in un ambito nel quale non solo non si sono registrati danni a causa della tempesta Vaia, ma non ci sono alberi affatto.  

Ci troviamo infatti ben al di sopra del limite della vegetazione arborea che contraddistingue questo versante orientale delle Alpi. Inoltre l’intervento non è stato richiesto né è stato tantomeno condiviso dall’ente locale direttamente interessato – l’amministrazione comunale di Paluzza – che, al contrario, nella propria normativa urbanistica esclude per quell’area la realizzazione di nuova viabilità forestale. Infine il rifugio è già agevolmente raggiungibile dall’altro versante (da Collina di Forni Avoltri) lungo una viabilità più breve, comoda e sicura, recentemente migliorata.

Il decreto numero 2032del 31 agosto 2010, che è stato redatto dal Direttore del Servizio valutazione impatto ambientale, ben spiega la situazione.
In esso si afferma infatti che «… la creazione di un nuovo passaggio transitabile da parte di automezzi tenderebbe a incentivare il traffico anche non autorizzato con conseguente disturbo delle presenze faunistiche nella zona.

Tale nuovo tracciato non è legato ad esigenze gestionali degli habitat presenti nella zona, e le generiche motivazioni presentate dal proponente non giustificano tale ulteriore pressione antropica sul contesto territoriale e faunistico, anche alla luce del fatto che le diverse casere e rifugi sono già attualmente raggiungibili.

I sottoscritti, in rappresentanza di Legambiente del Friuli Venezia Giulia e della Società Alpina Friulana, ente proprietario del Rifugio Marinelli chiedono pertanto che la Regione Friuli Venezia Giulia rinunci alla realizzazione di questa inutile e dannosa nuova strada, per scongiurare i pericoli e le conseguenze negative che ne deriverebbero.

Sandro Cargnelutti, presidente Legambiente Fvg.    Enrico Brisighelli, presidente Società Alpina Friulana». [9].

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 Ma a me resta un quesito irrisolto: chi è stato il proponente?

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LETTERA DI UNA DOCENTE UNIVERSITARIA CONTRO LA STRADA PER IL MARINELLI.

«Rifugio Marinelli. Ambiente a rischio.

 Egregio direttore,
scrivo qui per rivolgermi al Sindaco e al Comune di Paluzza ed all’Assessore all’ambiente del Friuli Venezia Giulia.
Sono venuta a conoscenza recentemente della nuova strada prevista in Val Collina verso il Rifugio Marinelli. Di origine friulana, vivo da diversi anni in Inghilterra, dove lavoro come professore universitario di fisica. Torno periodicamente in Friuli e nei luoghi, come la Val Collina, che ho iniziato ad amare con le mie prime escursioni in montagna tanti anni fa.

Più recentemente ho portato in quei luoghi mio marito, inglese, che ha così imparato ad apprezzare la bellezza delle nostre montagne.
E insieme abbiamo visitato anche le tracce -mulattiere, fortificazioni postazioni – della Grande Guerra presenti in quelle montagne.

Ho ricevuto la notizia di questa nuova strada, che dovrebbe essere costruita, con sgomento, pensando alla bellezza che verrebbe distrutta, all’ambiente ed alla importante memoria storica potenzialmente sfregiata.
Chiedo, con molto rispetto, che questa strada non venga realizzata, e che i fondi vengano invece spesi per conservare la bellezza delle nostre montagne a vantaggio delle prossime generazioni.
Allego alla mia la firma di mio marito che condivide questi pensieri.

Irene D’Amico e Patrick E. Mason. [10].

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E con questo accorato appello di Irene e Patrick chiudo questa mia, sperando che il buon senso e la normativa prevalgano. Perché fra l’altro, vorrei proprio sapere il ritorno economico di questa strada che sottrae denaro ai boschi martoriati per utilizzarlo, discutibilmente, per distruggere habitat, paesaggio e nuovo turismo a piedi. Perchè il nuovo turismo già da anni cerca ambienti naturali, ove non ci sia rumore di motori, dove non si rischi di essere stesi da uno senza targa, ed in Carnia abbiamo già abbastanza alberghi raggiungibili con la macchiana o con la moto, non ci serve aggiungerne un altro, perché finirebbe così, trasformando un ricovero di alta montagna in un bed and breakfast, ove la presenza dei motociclisti che praticano il ‘mordi e fuggi, e ‘paron son mi’ oltre che inquinare, rovinare sentieri, aumentare le spazzature, in breve farebbe fuggire chi si porta lì a piedi. Infine ricordo che l’Italia ha sottoscritto la Convenzione delle Alpi e che non so quanto sarebbero felici di questa ideona i nostri amici austriaci.

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Ricordo che su www.nonsolocarnia.info sono già comparsi:

Nuove piste forestali Fvg: il documento congiunto Legambiente – Cai sul ripristino viabilità agrosilvo – pastorale Collina – Plotta in Comune di Paluzza, 16 novembre 2020. (Nella realtà non si tratta di ripristino viabilità agro-pastorale ma di nuova strada).

Petizione del Cai alla Regione Fvg. Tra i soci Cai è viva la preoccupazione per il proliferare di strade forestali… 13 novembre 2020;

Invito da Marco Lepre (Legambiente Carnia), a passeggiate di protesta per la salvaguardia dei percorsi montani. 6 novembre 2020.

Laura Matelda Puppini

Note.

[1] Lettera di Giosuè Carducci alla moglie datata: Piano d’ Arta 30 luglio 1885.  In: Lettere di Carducci dalla Carnia, a cura di Arturo Manzano, II ed., Ente provinciale per il Turismo di Udine, Udine, 1965, p. 27 – 28.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Sono parole di Giovanni Marinelli, noto studioso e presidente della Società Alpina Friulana. In: G. B. Spezzotti, “L’Alpinismo in Friuli e la Società Alpina Friulana,” Udine, 1963, p. 19.

[5] Ivi, p. 99.

[6] https://it.wikipedia.org/wiki/Rifugio_Giovanni_e_Olinto_Marinelli.

[7] Ivi.

[8] Ivi.

[9] Messaggero Veneto, 21 aprile 2021.

[10] Lettera al Messaggero Veneto pubblicata dal quotidiano locale il 22 aprile 2021.

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La foto che accompagna l’articolo è tratta da: Rifugio Marinelli/Marinelli Hütte, in: http://www.sentierinatura.it/. Laura Matelda Puppini

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