Aborto. Una parola che accende gli animi, e divide. Ma cosa significa aborto, nella realtà? Interruzione della gravidanza prima di 180 giorni dal concepimento. Poi si chiama morte del feto.

Quindi il problema che arma due opposti schieramenti, uno ‘pro vita’ a tutti i costi, l’altro che sostiene il diritto all’autodeterminazione della donna ad essere madre, non è l’aborto, ma l’interruzione provocata, voluta di una gravidanza. Perché, ossessionati dal termine ‘aborto’, potrebbe andare a finire che un medico ginecologo antiabortista non faccia un raschiamento salvavita ad una gestante, che aveva avuto una interruzione spontanea della gravidanza. È l’ipotesi fatta, per esempio, dall’avvocato e dalla famiglia della povera Valentina Milluzzo di Catania, morta per aborto spontaneo nel 2018 (1).

E vi sono altri casi: per esempio quello di Andrea Parente, di 38 anni, che, pochi giorni fa, ha rischiato la vita a Malta, a causa di un aborto spontaneo, perché nessun medico voleva raschiare l’utero. «Se l’aiutassero, i medici del policlinico Mater Dei, secondo l’ordinamento giuridico in vigore, potrebbero rischiare fino a 4 anni di carcere. Eppure, le acque le si sono rotte poche ore fa e sebbene per gli stessi dottori il bambino che porta in grembo non ha nessuna possibilità di sopravvivenza, non si può intervenire». (2).

E così ha dichiarato il marito della signora: «”Il bimbo non può vivere. Non c’è niente che si possa fare per cambiare questa situazione. Lo volevamo, lo vogliamo ancora, la amiamo, vorremmo che potesse sopravvivere, ma non lo farà. E non solo siamo in una situazione in cui stiamo perdendo un figlio che volevamo, ma l’ospedale sta anche prolungando l’esposizione di Andrea al rischio. Siamo seduti qui con la consapevolezza che se il cuore del feto si fermerà l’ospedale si impegnerà e farà qualcosa. A parte questo, non faranno nulla”, ha detto l’uomo alla BBC». (3).

Poi c’ è il caso di Gaia, nome di fantasia, che vive a Roma, che avendo già un figlio, essendo incinta ed essendo iniziato un aborto spontaneo, si reca, nel 2018, al Pronto soccorso del Policlinico Casilino di Roma, dove per lei inizia un calvario che dura qualche giorno, benché la prima visita, in detta struttura,  avesse già stabilito che il battito del feto non si sentiva più. Ma non importa, si deve seguire il protocollo, con perdite marroni già in atto, compilare un modulo, ed iscriversi nelle liste d’attesa per raschiamento, tenendo qualcosa di morto che può infettarsi nel proprio corpo. Così Gaia e suo marito decidono di rivolgersi alla ginecologa di fiducia, che invia la giovane in altra struttura: il giorno seguente potrà essere sottoposta a raschiamento. Ma neppure lì, alla ‘Santa Famiglia’ fanno nulla, le perdite sono scarse, Gaia può mettersi in lista d’attesa … Così la donna ritorna al Policlinico Casilino, dove viene rimproverata per non essersi messa in lista per il raschiamento, con tempi di attesa anche di 20 giorni, e viene ancora una volta dimessa, ed allora ritorna con una emorragia in corso alla ‘Santa Famiglia’ dove le dicono che ormai un raschiamento è inutile perché quello che doveva uscire è già quasi uscito spontaneamente, e loro possono aiutarla ad espellere naturalmente il resto. Poi la tengono una notte in osservazione, le fanno un eco, e quindi via, a casa. «Con mio marito non abbiamo avuto nemmeno il tempo di capire ed elaborare il fatto che avevamo perso il nostro bambino, perché dovevamo trovare una soluzione pratica per porre fine a questo incubo» – ha dichiarato Gaia, decisa a non avere mai più gravidanze, dopo quello che le è accaduto.  (4).

 Ma anche quando io, nel 1981, mi sono presentata al reparto di ginecologia di Tolmezzo con una emorragia in corso per aborto spontaneo, pur essendoci altri specialisti in servizio di cui ricordo ancora il nome, ho dovuto attendere che mandassero a chiamare e giungesse il dottor Perissutti, unico non antiabortista, per essere sottoposta a raschiamento. E subito dopo lo stesso ha dichiarato che l’utero era chiuso, e l’embrione con placenta etc. era praticamente disfatto all’interno dello stesso. Ma non bastava credermi, quando dicevo che quel bambino lo volevo, che ero stata ferma a letto e mi erano state anche praticate delle iniezioni, per salvare la situazione, ma era andata a finire così? Ma se, putacaso, io avessi cercato di interrompere la gravidanza, presentandomi poi con una emorragia in atto, se il dott. Perissutti non fosse stato disponibile, cosa sarebbe accaduto? Chiediamocelo.

E bisogna ormai stare attente anche a come si parla: perché se hai avuto un aborto spontaneo devi precisare questo onde la fantasia di bigotti, beghine, destrorsi, destrorse, sputasentenze, non si accenda.

Insomma la parola ‘aborto’ può anche far perdere il buon senso. Così, magari, prima di salvare una donna, si fa un processo alle sue intenzioni, creando situazioni di pericolo per la sua salute. E se esiste una legge che permette l’interruzione di gravidanza voluta, difficilmente una cercherà di praticarla con un ferro da calza o bevendo qualche intruglio, come si faceva un tempo, o sborsando euro su euro in una clinica privata, dove in certi casi a praticare l’aborto voluto sono ginecologi magari antiabortisti nel pubblico, almeno così si diceva anni fa, ma non so se sia vero.  Ma andiamo avanti.

Sapete, io credo che questo centrare il problema della maternità responsabile intorno alla possibilità di interrompere volontariamente una gravidanza o meno, sia un modo non corretto di procedere. L’ interruzione di gravidanza volontaria è un diritto, dicono in America, mentre in altri paesi è un omicidio e per questo vietato. In alcuni stati, però, è permesso se la vita della donna è in pericolo. Fra i paesi islamici solo Turchia e Tunisia lo permettono, entro il decimo mese, e in alcuni casi.

L’interruzione volontaria della gravidanza è ritornata alla ribalta, recentemente, negli Usa, a causa del veto posto alla stessa dalla Corte Suprema. Immediata la risposta delle donne americane: l’aborto è un diritto e non si tocca. A questo punto è intervenuto il Presidente Usa Joe Biden, che ha risposto alla decisione della Corte «con parole durissime e un ordine esecutivo che mira a tutelare il più possibile il diritto all’aborto delle donne americane». (5).

Ora io vi garantisco che non riesco a credere che la interruzione volontaria di gravidanza sia un diritto, ma neppure un delitto. Secondo me può essere una necessità. Io credo che, invece di pensare ossessivamente alla donna, che gode etc. etc., e poi resta incinta, si dovrebbe pensare a educare anche quei refrattari dei maschietti, sempre lontani dalla scena, mai chiamati in causa, quasi che il loro pene non sapesse mai nulla. Perché un bimbo si fa in due. 

E non ditemi che il vecchio ‘goldone’ non esiste più, che i preservativi sono finiti fuori commercio. Sono un metodo sicuro, utilizzato dal maschio per evitare alla donna gravidanze indesiderate. Ma i maschietti nicchiano, perché a loro il cappuccio non piace, forse non li fa sentire totalmente virili, a loro dire, o che ne so… Hanno ancora in mente, magari, che la donna si prende e stop, e solo così si possiede, senza alcuna precauzione, ed almeno per il tempo di un amplesso è completamente tua, senza niente di mezzo. Roba, dico io, da fascismo e mito del maschio virile. Insomma si dovrebbe ritornare a parlare pure del rapporto sessuale consenziente, non solo del “tu sei mia”, dell’amore della coppia, dell’atto sessuale finalizzato anche alla procreazione, della famiglia.

Comunque anche la donna può ricorrere a diversi metodi anticoncezionali, ed io sono favorevole pure, se serve, all’uso, in extremis, della pillola del giorno dopo, che però non ha ragione di esistere, se si usano metodi contraccettivi.

Il problema è però che la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, che da sempre ingerisce nelle nostre vite di cittadini italiani, mentre uno Stato dovrebbe essere aconfessionale per natura, vieta sia l’uso di anticoncezionali che quello dell’interruzione volontaria di gravidanza, facendo di tutte le erbe un fascio, quasi che la terra non fosse già sovraffollata.

Non solo. Ogni volta che si parla di interruzione volontaria della gravidanza, si dovrebbe pensare a cosa significa oggi avere un figlio, due figli, quattro figli, se non sei ricco, con il lavoro precario ed il pane che tende a mancare, con l’energia che si paga come fosse oro e l’acqua che manca sempre più, con la vita in mano a multinazionali di ogni tipo che di fatto della vita delle famiglie se ne fregano, e conoscono solo i diritti loro ed i loro maxi profitti.

E mi viene alla mente un caso, successo mi pare in Sicilia che lessi anni fa sul giornale. I vicini avevano chiamato polizia e servizi sociali a causa di 8 o 9 fra bambini/e e ragazzi/e lasciati da soli dalla madre, povera o poverissima,  che era andata a partorire il nono o decino figlio, mentre il padre era in galera. Ditemi un po’ voi. Per questo dico che serve l’educazione maschile ed anche qualche suggerimento ed aiuto. Ma chi si sente in Italia, di limitare, magari solo suggerendo un preservativo, la cosiddetta ‘potenza virile’ del masculo? Però mi viene pure alla mente il mai dimenticato Mauro Saro che, disinvoltamente, disse in mia presenza, ad un giovane uomo, di stare attento con la moglie, perché non avrebbe potuto mantenere altri figli avendone già tre o quattro. E lo disse con l’autorità di un padre.

Che in genere ricorrano alla interruzione volontaria di gravidanza, nel mondo, più le famiglie povere e poverissime piuttosto che le ricche, che magari nascondono le loro scelte dietro una clinica di lusso, è dato scontato, ed allora perché non ritorniamo  a parlare di povertà, di condizioni di vita impossibili e, al tempo stesso, di pane e lavoro per tutti, di educazione ‘delle masse’, anche a non abbruttirsi con l’alcool o le droghe, di maternità e paternità responsabili, il che implica che il volersi bene venga prima della ‘scopata’? Perché non parliamo, (sempre come argomento collaterale a quello dell’interruzione voluta di gravidanza), dei miti del sesso puro e crudo, con sezioni del corpo femminile (mai maschile) eufemisticamente nominate, come il culo diventato il lato B, e senza affetto; del mito del corpo bello e sensuale, quasi dovessimo tutti assomigliare a bianche statue greche però anoressiche, ed altrimenti da buttare e prendere in giro, e, pure, della fatica di vivere?

Infine, almeno in Italia, la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, la Legge 194/78, evita l’aborto non spontaneo in strutture private non si sa quanto igieniche e quanto protette,  e il problema di che fare se sorgono poi complicazioni. E si muore ancora per aborto ‘clandestino ed illegale’. “Nel mondo oltre 43mila donne muoiono per aborto non sicuro”- intitolava un articolo di Repubblica il 28 settembre 2016, e chissà quante ricorrono a interruzioni di gravidanza in chissà quali condizioni, uscendone vive ma magari menomate. E così si presenta la vita di molte donne: un vero calvario anche a causa del loro potere e non volere essere madri. Pensate poi, come può stare una donna che rischia, per mille balzelli, di non riuscire ad abortire entro il quinto mese, e sa che le nascerà un figlio fortemente handicappato, che non vuole.

Ed ancora, con dati riferiti al mondo intero: “Lancet: ‘L’aborto clandestino è una delle principali cause di morte per le donne’“, riferito al 2012, (6), e “Ancora migliaia di donne in Italia abortiscono in clandestinità”, articolo datato 10 ottobre 2019 (7).

In esso si legge che in Italia una donna su cinque, almeno una volta nella vita, è ricorsa all’aborto che non si presenta, quindi, come un fenomeno marginale. E «mantenendo fede a questi numeri nella sola Lombardia dovrebbero essere […] 1.800 donne all’anno quelle che ‘risolvono’ senza passare dall’ospedale. Con modalità però sempre meno chirurgiche e sempre più tecnologiche: “Si tratta di donne che acquistano su internet pillole abortive e si affidano poi alle mammane che con fanghi o pozioni assicurano loro di interrompere la gravidanza, con pericoli per la loro salute». (8).

Ma proprio in Lombardia esiste una alta percentuale di ginecologi antiabortisti ma esiste anche l’obiezione di struttura. (9). Non solo: ho letto e sentito di donne che hanno ricorso all’ interruzione volontaria di gravidanza che si sono trovate di fronte a ritardi nell’inserimento per l’intervento, di anestesisti antiabortisti, di ‘viaggi della speranza’ anche in strutture pubbliche, di problemi di ogni tipo. Pertanto come non pensare che alla fine, allo scadere quasi del termine per avere la possibilità di fruire di quanto previsto dalla legge, non vada a finire che una si fa dare il nome di una clinica privata, se ha la cifra per accedervi? E non credo che per nessuna una interruzione voluta di gravidanza sia una passeggiata.

E quelli dei ‘Movimenti per la vita’ pensino che anche quella delle donne è vita, e che è inutile ‘far i fighi ‘ a livello teorico e con frasi fatte, senza conoscere le situazioni e le difficoltà, o sentirsi qualcuno per poter parlare degli altri sentenziando: Medici senza Frontiere ricorda a tutti che: «Ogni minuto, in qualche angolo del mondo, una giovane donna si sottopone a un aborto non sicuro, con conseguenze terribili per la sua salute, tra le quali in alcuni casi la morte». (10).

Ho scritto quanto mi è passato per la mente alla parola – stimolo: aborto, solo per dare alcuni spunti di riflessione, senza volutamente utilizzare un linguaggio ‘politicamente corretto’ perché mi pare di avere l’età per parlare come si parla correntemente, non per porre la parola culo con la ‘o’ omessa ed al suo posto un asterisco. Senza offesa per alcuno per ora termino qui, sperando in qualche vostro commento.

Laura Matelda Puppini

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Note.

(1) https://www.fanpage.it/attualita/valentina-morta-dopo-aborto-a-catania-sulla-cartella-il-medico-non-risulta-obiettore/.

(2) https://www.fanpage.it/esteri/andrea-a-38-anni-rischia-la-vita-per-un-aborto-spontaneo-i-medici-non-vogliono-portarlo-a-termine/

(3) Ivi.

(4) https://www.dire.it/08-03-2018/181173-aborto-perde-bambino-nessuno-le-raschiamento-la-storia-gaia/.

(5) https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2022/07/08/biden-ha-firmato-un-ordine-esecutivo-per-il-diritto-allaborto_aa782599-8482-4356-82e4-a272cdb10e05.html.

(6) In: https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/19/lancet-“laborto-clandestino-delle-principali-cause-morte-donne”/185034/.

(7) https://www.agi.it/cronaca/aborto_clandestino_italia-6331102/news/2019-10-10/

(8) Ivi.

(9) Ivi.

(10) https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/aborto-sicuro-rispondiamo-alle-domande/.

L’immagine che accompagna l’articolo un particolare di una tratta da: https://tg24.sky.it/cronaca/approfondimenti/aborto-italia-legge, e si riferisce ad una manifestazione del 1978. Ho evidenziato un cartello dalla scritta per me molto significativa: “3 milioni di aborti clandestini. 20.000 donne morte. Non è la legge ad inventare l’aborto”. L.M.P. 

 

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2022/07/ABORTO-LEGGE08140dg8.jpg?fit=813%2C750&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2022/07/ABORTO-LEGGE08140dg8.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniECONOMIA, SERVIZI, SANITÀAborto. Una parola che accende gli animi, e divide. Ma cosa significa aborto, nella realtà? Interruzione della gravidanza prima di 180 giorni dal concepimento. Poi si chiama morte del feto. Quindi il problema che arma due opposti schieramenti, uno ‘pro vita’ a tutti i costi, l’altro che sostiene il diritto...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI