Prendo spunto dalla lettura di un articolo comparso su “La Nuova Alabarda” intitolato: “Incontro Fini e Violante a Trieste 2015” febbraio 2015, relativamente alla parte che tratta il tentativo di “mettere all’ indice” libri editori ed autori che il governo, par di capire, dovrebbe ritenere negazionisti delle “foibe”, da assumersi come reato, non si sa in base a quale tribunale giudicante, per riprendere il tema dell’uso politico della storia.
Scrive Fulvio Conti, docente di storia contemporanea all’Università di Firenze, nel suo: Massoneria e religioni civili, Il Mulino, 2008, a p.8:
« […] la tendenza delle forze politiche a costruire la propria legittimazione e la delegittimazione degli avversari attraverso la rilettura, spesso distorta e strumentale, del passato (il Risorgimento, il fascismo, la Resistenza, ecc.) ha dato luogo ad un forte uso pubblico della storia. (…).»

Questo uso politico, a mio avviso, viene posto in essere, per esempio, nel caso della giornata del ricordo da gruppi politici e politicizzati anche come attacco a qualsiasi studioso non voglia piegarsi ai loro dictat, presentando uno strano concetto della democrazia.
E mi viene in mente  il caso Kersevan – Kappa Vu, esploso alla fine dello scorso anno. Relativamente alle critiche alla nota storica da parte di un politico, esse, a mio avviso, peccavano a livello metodologico in quanto ponevano come assiomi: che la casa editrice Kappa vu fosse identificabile in toto con Alessandra Kersevan e che Alessandra Kersevan fosse in errore sulla storia del confine orientale e negazionista o riduzionista delle “foibe”, termini, tra l’altro creati all’uopo tempo fa, senza però dimostrarlo.

Ma ritornando all’uso politico della storia…
Stringe a me il cuore nel vedere l’uso politico della giornata del ricordo, ormai, per abile mossa, relegata a giornata non per approfondimenti storici ma per azioni celebrativo apologetiche in un’ottica che pare, nei modi e metodi, simil – fascista, basata sull’omologazione del pensiero e sulla caccia alle streghe. E pare che ormai la politica esuli dall’approfondimento storico dando per scontato ciò che associazioni e singoli, accreditati a livello politico, dicono, senza preoccuparsi dei contenuti.
Così la giornata del ricordo è diventata la giornata di propaganda del pensiero di destra sul Confine Orientale, che tutto omologa, invero con gran generalizzazione e pressapochismo, intorno alle “foibe” per i corpi degli italiani facendo sparire i campi di concentramento sempre jugoslavi, i morti anche tedeschi e nazionalisti slavi, ed una storia complessa ove dolore e sofferenze furono di molti. E si concentra detta storia in quella di un periodo ristrettissimo, alla fine della seconda guerra mondiale, letto in pura chiave anticomunista, con ridondanza apologetica, dimenticando il poi, zona A e zona B, il 1948, anno in cui Josip Broz detto Tito lasciò Stalin per sposare una linea autonoma, e quegli anni che segnarono il confine orientale sino al 1954 – 56 ed oltre, con profughi e varie storie anche italiane, come quella dell’emigrazione di triestini in Australia. Tutto azzerato nelle “foibe” tra mito e realtà.
Inoltre, secondo Giulio Sapelli, «Con l’avvento dell’immigrazione istriana, ciò che rimaneva di quell’afflato cosmopolita, mutuato dalla cultura sovra- nazionale e aperto ai più vasti orizzonti, terminava a Trieste per sempre nel senso più propriamente storico – culturale dell’estinzione di un processo […].» (Raoul Pupo, Il lungo esodo, Rizzoli 2005, p.240).
Dal canto suo Pupo aggiunge che, a suo avviso, l’integrazione degli istriani a Trieste concluse «quel processo di italianizzazione difensiva della città, avviato […] tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo». (Ivi). E mi pare che le problematiche storiche qui accennate non siano di poco conto.
Infine a me sembra che la giornata del ricordo venga sempre più utilizzata, (unita alla commemorazione dell’eccidio di Topli Uork in un unicum di giorni e giorni), anche da parte di alcuni non di destra, con un malcelato senso di espiazione non si sa di che, per affossare via via la resistenza e sostituirla con la storia dei “martiri delle foibe” termine semplicistico e a forte effetto emotivo. A Tolmezzo è stata ridotta ad una targhetta invisibile l’intitolazione di piazza dei Martiri della Libertà, detta anche “la piazzetta rossa”, trasformata in una gigantesca rotonda, ma abbiamo un monumento ai martiri delle foibe, ed uno slargo ad essi dedicato, per esempio.
In questo processo che definirei di transfert dalla resistenza (relegata spesso al solo 25 aprile a livello mediatico) alle “foibe” va a finire che pare che la resistenza si sia risolta tutta in un “fatti più in là” reciproco, ove i protagonisti sono i cattivissimi partigiani garibaldini ma non solo, uniti ai cattivissimi slavi, contro gli italianissimi anche osovani, a difesa dei confini. Così si uccidono resistenza, storia, memoria, si fa politica di destra, non si collabora ad una corretta analisi situazionale e di contesto. Eppure testi seri esistono sull’argomento, ma si preferisce leggere tutto in termini di “crociati ed infedeli nemici dei crociati”, lettura in “bianco e nero” il che permette di schierarsi, affossando la complessità delle situazioni storiche, spesso presentate come epurate da fascisti nazisti, alleati in Jugoslavia. E la storia del confine orientale non iniziò nel 1943, ma con la prima guerra mondiale.
E ricordo, infine, che l’assessore alla cultura della Regione FVG, ha dato all’Istituto Regionale per la Cultura Istriano – Fiumano – Dalmata, che si occupa della storia delle non attualmente italiane Istria Dalmazia e Fiume, centocinquantamila euro (Messaggero Veneto 3/12/2014), favorendo un approccio storico che vede la storia di detti territori come separata, frantumata settoriale, non come un unicuum, mentre in Carnia, FVG, siamo sempre alla caccia di quattro spiccioli per la cultura e la storia di “casa nostra”. E mi preoccupano anche i giornalisti che sempre più si presentano come storici, per la diversità di formazione ed approccio. Questo è il mio pensiero e ben venga una critica costruttiva.

Laura Matelda Puppini

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Aggiunto il 1 marzo 2015.

Ringrazio Matteo Salvini, per aver dimostrato quanto ho sopra scritto, prima che egli parlasse a Roma il 28 febbraio 2015,  sull’uso politico della storia e delle “foibe”, sui libri da far leggere e quelli… . Ma i giornalisti del Corriere della Sera dovrebbero esser maggiormente informati.
Matteo Slavini: Le foibe «che la sinistra non racconta»
«Nelle scuole i nostri figli studiano i fenici ma non sanno niente delle foibe – ha detto Matteo Salvini spiegando che a suo parare ci sono alcuni libri che dovrebbero essere inseriti nei programmi scolastici -. Ma del resto i professori di sinistra non hanno alcun interesse ad insegnare quegli episodi della storia.

Le foibe sono profonde cavità carsiche in cui vennero gettati, spesso ancora vivi, gli italiani vittime degli eccidi jugoslavi in Istria e Dalmazia negli anni a cavallo tra la fine della seconda guerra mondiale e il primo dopoguerra. Nel 2004 è stato istituito per legge il «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime che si celebra ogni anno il 10 febbraio».

(SALA Alessandro “Salvini in piazza a Roma, le citazioni, gli insulti ed il nuovo Pantheon”, in: Corriere della Sera, 28 febbraio 2015, ore 18.55.)

Laura Matelda Puppini

Laura Matelda PuppiniSTORIAPrendo spunto dalla lettura di un articolo comparso su “La Nuova Alabarda” intitolato: “Incontro Fini e Violante a Trieste 2015” febbraio 2015, relativamente alla parte che tratta il tentativo di “mettere all’ indice” libri editori ed autori che il governo, par di capire, dovrebbe ritenere negazionisti delle “foibe”, da...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI