Bruno Cacitti mi concede un’insperata intervista.

 Correva l’anno 1968 o 1970, quando dissi a Clara Cacitti che avrei voluto intervistare suo padre Bruno, il famoso osovano Lena, sulla Resistenza, e, con mia sorpresa, mi trovai davanti ad un veto deciso. Mi disse che lo dovevo lasciare in pace, che era già stato qualche mese prima, in forma ufficiale, ad intervistarlo don Aldo Moretti, che suo padre, quando aveva saputo che il prete voleva sentire le sue dichiarazioni, aveva iniziato ad agitarsi, cosa che raramente gli accadeva. Quindi l’incontro era stato preparato e predisposto, con lei presente, ed egli aveva detto quello che ‘doveva dire’, per poi esser lasciato definitivamente in pace. Questo mi colpì tantissimo. Comunque, non volendo disturbare, decisi di rimandare ad un momento migliore l’intervista. Dopo qualche anno, quando ancora abitavo a Trieste, chiesi a Bruno Cacitti, direttamente, se potevo intervistarlo, e mentre Clara, molto legata al padre, si preparava a rispondere nello stesso modo di prima, sorprendentemente Bruno mi disse che avrebbe accettato di parlare con me di quei tempi.

Così, il 24 aprile 1978, mentre le pagine dei giornali si riempivano, giorno dopo giorno, dei nuovi sviluppi del rapimento Moro, mi recai a Venzone, per ascoltare Bruno Cacitti, che mi accolse con un bicchiere in mano e quasi le lacrime agli occhi. Molti partigiani facevano fatica a parlare di quella guerra di liberazione, in cui tanto avevano patito e per la quale alcuni avevano avuto tanti problemi nel dopoguerra ed anche successivamente, in periodi costellati da testi che mettevano in dubbio il valore del loro sacrificio. Non da ultimo ricordare quel periodo contemplava, per molti, ricordare amici e compagni di lotta, morti, feriti, straziati, ricordare orrore e terrore intollerabili.

Qui però non riporterò solo l’intervista, ma la correderò con altri materiali su Lena, in particolare dal Dossier su di lui presente in Archivio Osoppo di Udine, datomi da Pietro Bellina di Venzone, per anni instancabile segretario dell’Associazione Amici di Venzone, che sentitamente ringrazio anche per avermelo trasmesso come da lui trascritto.

Bruno Cacitti di Caneva di Tolmezzo, militare effettivo e partigiano.

Nato il 19 luglio 1908 a Caneva di Tolmezzo, Bruno Cacitti diventò, nel 1928, allievo maniscalco alle dipendenze dell’Esercito Italiano, quindi caporale nel 1934, sergente nel 1937, sergente maggiore nel 1939, alternando i suoi periodi di servizio fra l’8° Rgt. Alpini ed il 3° Artiglieria Alpina, salvo le parentesi dell’A.O. Ai tempi della guerra di Liberazione, egli non era nuovo alla guerra, avendo partecipato con la 11ª batteria del Gruppo Artiglieria Alpina “Belluno” del 5° Rgt. “Pusteria” alle operazioni della campagna italo-abissina, con la Divisione Julia all’occupazione dell’Albania nel 1939, alla campagna italo-greca, alle operazioni in Montenegro e, successivamente, all’occupazione armistiziale in Francia.

Dopo l’8 settembre, da Nimis, ove allora si trovava con il gruppo Conegliano del 3° Rgt. Artiglieria Alpina, dopo aver sotterrato, con altri, cannoni ed armi perché non cadessero in mano tedesca, raggiunse Caneva di Tolmezzo suo paese natio e quindi, nella primavera, dopo un inverno passato in montagna, aderì, con il fratello Fermo, Prospero, tenente degli Alpini, alla Osoppo (1) entrando a far parte, con il nome di battaglia Lena (e non Lenna), del btg. Carnia, comandato da Romano Zoffo, Livio, detto localmente Barba Livio, attestato a Salvins di Vinaio. Pare comunque che fosse stato arrestato nel febbraio 1944, perché invitava i giovani a non aderire alla leva tedesca, e poi liberato per mancanza di elementi probatori a suo carico. (2). Probabilmente fu negli ultimissimi giorni del mese perché il Gauleiter emanò il 22 febbraio 1944 il bando di leva obbligatorio in Ozak per le classi 1923-1924-1925. (3).

Egli svolse, nel corso della guerra di Liberazione, un ruolo importante nell’Intendenza osovana, tanto da esser considerato da Romano Marchetti una persona che fu indispensabile per la sopravvivenza dei partigiani nel lungo inverno 1944 – 1945. Anche Mario Candotti ricorda come Bruno Cacitti per la Osoppo/Carnia, e Giovanni Pellizzari Ugo per la Garibaldi/Carnia, riuscirono, operando in condizioni difficilissime, ad organizzare l’attività partigiana sul terreno, durante quel periodo durissimo. (4).
A Tolmezzo il vice – direttore della Cooperativa Carnica Sylva Marchetti, fratello di Romano, aveva promesso a Lena di dargli tutto quello che voleva purché non si facesse più vedere. E Bruno Cacitti fu aiutato, per i rifornimenti ai partigiani, anche da Amerigo Pillinini, che risultò valido collaboratore (5). Gian Carlo Chiussi sottolinea l’impegno di Lena come intendente ed informatore per il btg. Carnia anche dopo la formazione del Comando Unico e, ricordando Lupo, Giovanni De Mattia, scrive: «Lupo (…) è stato per me la più bella figura di partigiano, con la “P” maiuscola, unitamente all’amico Lena» (6).

Si sa, inoltre, sempre dalla stessa fonte, che anche Bruno Cacitti, come del resto lo stesso Gian Carlo Chiussi Paolo/Pitti, e Dirza (probabilmente I° e cioè Pietro Zanussi), rientrarono nell’inchiesta svolta da don Aldo Moretti Lino e dall’avvocato Giovanni Battista Marin, Miari, relativamente a Livio o Barba Livio che dir si voglia, che aveva chiesto che il suo operato fosse giudicato dopo quanto gli era accaduto a causa della crisi osovana di Pielungo. Nulla comunque era emerso a carico di Lena e degli altri due partigiani. (7).

Alla fine della guerra, entrò in contrasto con il fratello Fermo, Prospero, tenente degli Alpini, che pare fosse incline, a guerra finita, a passare per le armi i traditori, i collaborazionisti, gli ex- fascisti, a differenza di Bruno che sosteneva una politica di pacificazione. Quindi Fermo, che era stato fatto pure segno di azioni intimidatorie presso l’osteria Fossâl di Lauco, emigrò in Venezuela, dove ebbe, negli anni ’70, un incidente sul lavoro che lo rese invalido per sempre. (8).
Dopo la liberazione Bruno Cacitti riprese la sua professione di sottoufficiale dell’Esercito italiano, con il ruolo di maresciallo, fino alla pensione. Nel 1970 fu fra i fondatori dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione con sede ad Udine. Morì a Venzone nel 1982.

Religioso a modo suo, buon conoscitore della montagna carnica, uomo di sangue freddo ed abituato alla vita militare, si diceva che un suo pugno facesse più rumore di una fucilata.

Senti, bambina: ci siamo trovati, il vot di …di settembre quarantatrei, abbandonati, soldati abbandonati…

Laura: «La prima cosa che vorrei sapere è come si è formato il movimento partigiano in Carnia e soprattutto l’Osoppo».

Bruno Cacitti: «Senti, bambina: ci siamo trovati, il vot di …di settembre quarantatrei, abbandonati, soldati abbandonati: i capi, il re, Badoglio, andati al Sud, al Nord… e noi altri ci siamo trovati in un mare di fango. Per salvarci abbiamo dovuto andare in montagna. Se non si andava, ci aspettavano i lager tedeschi. Basta. Non fu una questione politica. Siamo scappati perché ci hanno abbandonato i capi – chiuso (l’argomento ndr.).
Ma come si fa? Loro scappano, e noi … Ci hanno messo in una condizione … Ma benedetto Dio, noi eravamo soldati, che vergogna! È stata la ritirata di Caporetto … Ci hanno lasciato in un mare di fango e di guai, abbandonati. Io avevo con me calabresi, avevo con me soldati della Bassa Italia … erano soldati con me … E cosa si poteva fare? Poi dopo …. Per l’amor di Dio, per l’amor di Dio ….
E siamo rimasti noi, semplici soldati … I capi son scappati per salvarsi ci han abbandonati, e basta… E la gente era tutta con noi quando ha visto quello sfacelo.

Io mi trovavo a Nimis quando ho sentito per radio che dovevamo voltare il fucile contro i tedeschi. E cosa avrei dovuto fare se non andare a dormire negli stavoli? Per salvarci abbiamo dovuto andare in montagna. Se non si andava, ci aspettavano i lager tedeschi. Basta. Non fu una questione politica. Siamo scappati perché ci hanno abbandonato i capi – chiuso. E noi siamo andati su, sul “Dobis”, a dormire negli stavoli, e le povere donne di Caneva ci portavano su da mangiare.

Noi non si aveva politica, dopo è giunta la politica: bianchi, rossi, verdi.

«Allora c’era una matrice comune che fece andare questa gente partigiana sia che fosse della Osoppo sia che fosse della Garibaldi …C’era qualcosa che univa… Dopo è entrata la politica dopo che siamo saliti in montagna, e hanno formato la Osoppo e la Garibaldi. Io non ho nessuna tessera politica neppure ora, e sono un cittadino con la coscienza a posto, almeno credo, anzi ne sono sicuro.
Però tra Osoppo e Garibaldi, purtroppo, poi, è subentrato il fatto che la Garibaldi non andava d’accordo con la Osoppo per motivi politici, una storia e l’altra … e ci siamo fatti la guerra tra noi, pensa un po’ tu …. (10).

Noialtri non si aveva politica. Poi, dopo, è giunta la politica: bianchi, rossi, verdi. Dopo si sono create le formazioni della Osoppo e della Garibaldi e via di seguito, ma io ho fatto il mio dovere. Io no mi soi mai intrigat, ho sempre cercato, durante la lotta partigiana, (…) di aiutare la povera gente e ho rischiato la vita: ho rischiato la vita per portare da mangiare su, alla povera gente di Carnia, senza rubare. Io non ho alcuna tessera (di partito n.d.r.). Noi siamo andati in montagna per un motivo comune, poi si è inserita la politica.

Ed i contrasti tra la Garibaldi e la Osoppo sono sorti dopo che son venuti qua degli jugoslavi, Mirko e non Mirchi, fanatici, e una storia e l’altra… Ed all’inizio non c’era questa divisione… poi è subentrata la politica, dopo che la Jugoslavia ha mandato qua dei capi… degli ufficiali (11) che han creato il trambusto, ma noialtri siamo andati in montagna semplicemente perché si era stati abbandonati. I nostri capi son scappati tutti, come la ritirata di Caporetto. All’inizio non si percepiva questa divisione tra comunisti e non. Del resto noi non si sapeva di politica allora, perché specialmente noialtri dell’esercito non si aveva neanche il diritto di voto (12), ed io non sapevo cosa fossero i comunisti, i bianchi, o i rossi o i verdi, non potevamo saperlo. Noi siamo andati in montagna per salvarci la pelle. E la gente della Carnia non era che sentisse molto, all’inizio, la differenza tra chi era comunista e chi non era comunista.

Ma io so solo che, prima del discorso Badoglio (carogna, sporco, lurido) alla radio, si era amici della Germania, poi… “voltate il fucile e sparate sui tedeschi”» (13).

E mentre andavo a prendere farina, mi arrestarono l’autista che non era neppure partigiano

«Io sono sempre stato della Osoppo. E diciamo che non mi sono mai interessato di politica, e che ho sempre cercato di aiutare la povera gente. E ho rischiato la vita per portar su da mangiare alla povera gente da Carnia (14). Basta… Andavo giù a Tramonti, avevo contatti con degli amici, e mi hanno messo dentro anche i tedeschi, ma ho avuto la fortuna di salvarmi.  È andata così, ricordati bene. Era autista un ragazzo di Enemonzo che aveva il camion… Però adesso non mi ricordo i due paesi ove avvennero i fatti… Il colonnello Mittoni mi dice di andar giù, in pianura, e mi aveva fatto lo schizzo di questi due paesi … “Lì trovi quello che devi portar su”.

Mi han arrestato sto ragazzo, sto autista, che non aveva nessuna colpa, che non era né partigiano né niente, lo hanno arrestato le S.S. a San Vito al Tagliamento… Dalla mattina alle 7 ho cercato di corrompere pievani, preti e guardie: niente da fare, ma pensavo che io, a Tolmezzo, senza quel ragazzo non sarei mai ritornato. Quel ragazzo non aveva nessuna colpa. Io avevo dei documenti falsi. Io risultavo della Todt di Ampezzo.
E arrivano le cinque della sera. Non essendo riuscito a salvare il ragazzo, mi sono presentato io, personalmente, dalle S.S.. Ci siamo fatti nove giorni di galera, di prigione a San Daniele. Ci han portati a San Daniele ed un bel giorno ci han mollato e basta. Io, felice e a piedi sono ritornato a Tolmezzo». (15).

Lo stesso episodio è descritto in: ““Relazione sul servizio prestato nelle file partigiane del Serg. magg., maniscalco Cacitti Bruno n.b. Lena, Busta 41, fascicolo 12, in: Archivio storico della Divisione “Osoppo”, con qualche particolare in più e qualche particolare in meno.
Da detta relazione si sa che Bruno Cacitti si era recato a Cisterna di S.Vito di Fagagna e San Vito al Tagliamento, che il fatto era accaduto il 12 marzo 1945, che era stato fermato l’automezzo col quale egli si era recato a San Vito al Tagliamento per prelevare viveri su ordine dell’Intendente della formazione, maggiore Mittoni Monti, che egli si era presentato spontaneamente ai tedeschi cercando di far liberare gli arrestati, che però risultano, dall’intervista, essere uno solo. Riconosciuto dal tenente tedesco come uno dei capi della Osoppo, nega, e spiega che è venuto a prendere i viveri che occorrono alla popolazione della Carnia che muore di fame, mostrando i buoni falsi dell’annonaria, ma non viene creduto. Incarcerato a San Daniele e, dopo nove giorni, in via Spalato a Udine, secondo questa versione dei fatti, viene liberato grazie al direttore della Se.pr.al., (Sezione Provinciale Alimentazione n.d.r) il quale, d’accordo col magg. Mittoni, asserisce che i buoni sono stati rilasciati da lui (16).

Una versione di episodio più simile a quella a me narrata è presente, invece, nella trascrizione dell’intervista fatta da don Aldo Moretti e dal cattolico Gianni Nazzi a Bruno Cacitti nel 1968 (17).
Ivi si legge: «La seconda volta fui arrestato a Silvella di S. Vito mentre stavo andando per i miei compiti di intendente, da Varutti Michele. Eravamo pochi giorni prima della Pasqua 1945. Dovevo prelevare per conto della brigata due o più quintali di farina. Avevo un camioncino di Quagliaro di Enemonzo con l’autista del tutto ignaro delle finalità partigiane del carico che stavamo per fare. Avevamo buoni regolari di merce già da noi prelevata a S. Vito al Tagliamento e di quella farina che si doveva ora caricare. Mentre il Varutti mandava al mulino l’autista accompagnato da un suo partigiano, i due incapparono in una pattuglia di SS di stanza a Cisterna. Saputa la cosa, io – per non abbandonare l’autista che non aveva alcuna colpa – mi presentai alle SS di Cisterna. Queste mi arrestarono come “Groβer Partisan”. Ci batterono tutti e due l’intera notte, mentre quel tale che doveva accompagnare l’autista sparì, né lo vidi più, tanto che pensai fosse una spia e avrei voluto vendicarmi di lui, e l’avrei fatto se non fosse venuta Pasqua poco dopo e poi la fine di tutto. Da Cisterna ci condussero nelle carceri di S. Daniele e lì ci tennero nove giorni. Fummo liberati prima della fine senza nessuna spiegazione. Io penso che il Varutti oppure altri partigiani siano riusciti a farci scarcerare. Ma noi fino all’ultimo l’avevamo vista molto brutta».

Ho riportato questi tre testi per far comprendere come possano circolare versioni scarne o con più particolari anche diversi tra loro di uno stesso fatto, magari per desiderio di un intervistatore, in fase di trascrizione, di precisare, di aggiungere qualche particolare letto o sentito, o per un ricordo prima presente poi assente.

Io andavo ad accompagnare le missioni alleate che scendevano da Tramonti …

Sulla relazione sul servizio prestato da Bruno Cacitti si leggono poi alcune azioni belliche compiute dallo stesso come partigiano. Aveva partecipato, il 27 luglio 1944 (18), all’azione contro il fortino tedesco di sbarramento a difesa del ponte sulla But che portava a Caneva, in cui morirono Valeriano Cosmo di Formia e Marcello Coradazzi di Caneva di Tolmezzo; il 15 agosto dello stesso anno, aveva posto una mina in località Vinadia sulla rotabile Tolmezzo-Villa Santina, facendo saltare un automezzo tedesco e i militari al suo interno. Sopraggiunti altri mezzi del nemico, aveva ingaggiato battaglia, per poi ritirarsi, vista la diversità di mezzi e forze. Ma certamente non furono le uniche. (19).

La “Relazione” citata parla anche dell’aiuto dato dal Cacitti a prigionieri alleati fatti evadere dal campo per prigionieri di Sauris, ma ciò sarebbe potuto avvenire solo subito dopo l’8 settembre 1943, dato che Libero Martinis, nel suo: Neozelandesi nella valle del Lumiei, singolari esperienze di un campo di prigionia italiano, La Nuova Base ed. 1999, a p. 54 sottolinea come detti prigionieri fossero rimasti in zona solo fino all’annuncio dell’armistizio di Cassibile. Invece è possibile che Bruno Cacitti abbia aiutato militari alleati, nell’inverno 1944-45, ad attraversare la Carnia perché raggiungessero poi Venzone, Musi, Lusevera, Cergneu, S. Antonio di monte Joannes ed infine la zona del Litorale sloveno ove gli alleati che combattevano a fianco dell’esercito di liberazione jugoslavo avrebbero potuto farli approdare al Sud. (20).

Ma, leggendo la trascrizione dell’intervista fatta da don Aldo Moretti e Gianni Nazzi a Bruno Cacitti, si apprende una versione che pare più realistica di detto accompagnamento di militari alleati, che risulta essere uno solo: «Anche il Btg. Carnia ricevette in consegna, nel dicembre 1944, a Lateis di Sauris sette americani, di cui uno ferito. Mio fratello li condusse fino al casello che si trovava all’ingresso ovest di Caneva. Ivi vennero presi in consegna da me; li feci attraversare a guado (in dicembre!) il But e il Tagliamento. Li accompagnai fino a quei due stavoli che si vedono sul monte che sovrasta a est Stazione di Carnia. Di lì, un certo Valent garibaldino li accompagnò oltre, fino a Plezzo. In primavera ’45 la riorganizzazione in montagna e nei paesi avvenne ovunque in modo deciso» (21).

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Invece Bruno Cacitti sicuramente nel luglio 1944, accompagnò soldati alleati in Val But, perché potessero, grazie all’aiuto del garibaldino Benedetto Plozner, passare il confine tra Ozak e Terzo Reich, e penetrare in territorio austriaco per cercare di organizzare una resistenza interna in casa nazista.

Così ha raccontato Lena a me: «Io andavo ad accompagnare le missioni americane che scendevano da Tramonti. Lì c’era un campo di aviazione, e venivano giù gli elicotteri e consegnavano a me, a me, (i pacchi e le persone ndr) e poi andavo a piedi a Passo di Monte Croce Carnico (…). Avevo un amico a Timau, no, prima di Timau, in quel paese a sinistra, a Cleulis… Andavo la mattina a Sutrio. Lì avevo un mio cugino e lo mandavo ad ispezionare la zona, e poi (se la via era libera) si partiva e si andava su, a Passo Monte Croce, per i sentieri, mica per le strade. (…) Eh…e lì…Mandavano via Inglesi per le missioni americane, inglesi per formare la resistenza in Austria, e dopo l’han ammazzato il mio amico». (22).

Uno di questi fatti, ma con qualche particolare in più e qualche particolare diverso, è descritto da Patrick Martin Smith, che, dopo aver precisato, all’inizio, che era stato paracadutato con altri, nel luglio 1944, a Tramonti, in particolare per saggiare l’esistenza di una resistenza austriaca e prendere contatto con la stessa, scrive: «Due uomini su di una berlina rossa mi aspettavano: il responsabile era Lena che […] era l’intendente ed uno dei fondatori della neonata brigata carnica della Osoppo […]. Per andare in Carnia si potevano prendere due strade: una per il monte Rest e l’altra per la val d’Arzino. In entrambi i casi avremmo evitato i dintorni di Tolmezzo in mano ai Tedeschi. Dato che Lena doveva sbrigare delle faccende lungo la strada, prendemmo la seconda per Clauzetto ed Anduins (…), poi Pielungo, per San Francesco […], Pozzis (e) ci immettemmo in una pista che conduceva a Preone […]. Infine, nelle primissime ore del giorno, arrivammo a Timau, ai piedi del Passo di Monte Croce Carnico.
Parcheggiammo l’auto alle porte del paese […].  Lena scese dall’auto ed andò a cercare il bottegaio che, secondo gli accordi, ci avrebbe messo in contatto con Vienna (nome di copertura di un collaboratore austriaco della resistenza, che lavorava per le ferrovie ndr). Passò un’ora e già cominciavo a pensare che qualcosa fosse andato storto, quando Lena riapparve, seguito a distanza da due uomini, ad una ventina di passi l’uno dall’altro.». L’ufficiale narra che l’auto, sconosciuta agli abitanti del paese, aveva portato scompiglio fra gli stessi che erano corsi a nascondersi. Comunque, «Lena, alla fine, era riuscito a trovare l’uomo per il quale il bottegaio faceva da paravento: era un austriaco (sic!) di nome Plotzner, comunemente noto come Piazza. (…). Dietro a lui era Vienna. (…). Prendemmo posto in automobile, girammo l’auto e ritornammo indietro per circa un chilometro, poi svoltammo, passammo sopra il torrente But e prendemmo a salire la montagna. Dopo pochi minuti eravamo nel paesino di Cleulis e ci fermammo davanti l’osteria; Piazza scese dall’auto e ritornò accompagnato da un uomo, Primus. Per Lena ed il suo compagno era tempo di lasciarci. Subito la berlina rossa scomparve dietro la curva». (23).

Io sono sempre stato della Osoppo …

Ma ritorniamo al Bruno Cacitti, che avevamo lasciato a maledire Badoglio ed il Re dopo l’8 settembre. Così egli ha narrato a Gianni Nazzi e don Aldo Moretti la sua adesione alla Osoppo.

«Da quindici a venti uomini di Caneva fuggimmo dal paese sulle montagne soprastanti verso la fine di settembre 1943, perché ricercati dai carabinieri. Vi restammo per quasi un mese. Le donne ci provvedevano delle cibarie e dell’occorrente. Dopo un mese, diversi rientrarono a casa perché il pericolo sembrava allontanato. Sette o otto di noi restarono sui monti, fa cui mio fratello Cacitti Fermo Prospero, Coradazzi Marcello Lazzarino, uno di Ovaro ed io. Vivevamo scendendo noi stessi a prendere i viveri che chiedevamo ad amici. Fra quanti, allora, ci aiutarono vanno ricordati: Cacitti Luigi Sorgnûf che aveva negozio alimentare e Rinoldi Cirillo della Cooperativa Carnica. Ma anche altri ci venivano incontro volentieri, benché non avessimo, in quell’inverno 1943-44, dei buoni, come li avremmo avuti più tardi. Non siamo ricorsi proprio mai al furto o alla prepotenza per provvederci del necessario.

Per quanto ricordo, già nel novembre 1943 noi prendemmo contatto con De Monte, e con un veneziano che si trovava a Tolmezzo [Corradini ? n.d.r.] e con Caufin. L’incontro avvenne sopra il caffè Mondo. In seguito a tale approccio, mio fratello e Lazzarino traversarono a guado il Tagliamento e andarono fino a Pielungo, dove avevano istruzioni di presentarsi dal gestore di un’osteria. Questi consegnò loro dei tesserini tricolore. (24). Da allora, noi ci sentimmo uniti alla “Osoppo”. Eravamo tutti bene armati con armi individuali. L’intero inverno lo passammo così, braccati e nascosti, girovagando sui monti fra Caneva e Vinaio.

In data che non ricordo, venne Barba Livio insieme a Chiussi Carletto (Paolo I), ora titolare della sartoria sopra l’Odeon a Udine, e Planure di Pontebba e qualche altro. Formammo il Btg. Carnia: era la primavera del 1944. Località: sopra Vinaio. Tranne i suddetti e qualche raro ex militare non friulano, gli elementi erano tutti della zona. All’inizio eravamo 40 – 50; col tempo ci ingrossammo fino a un centinaio. Il Battaglione fece diverse azioni, i cui rapporti noi li mandavamo regolarmente a Pielungo. Altro Battaglione consistente era il Btg. Val Tagliamento sito a Verzegnis. Terzo Battaglione fu il Val But, di più recente origine. Mentre noi stavamo costituendoci avvenne, il 25.4.1944, il fatto di Tolmezzo, nel quale restò ucciso Del Din Renato (Anselmo)» (25).

Inoltre nel novembre 1943, Bruno Cacitti, non ancora osovano, fu arrestato, sul ponte di Caneva, mentre si trovava in compagnia di un certo Arnaldo Cacitti. «Restai in guardina per un giorno e una notte. – racconta Lena – Ci si stava accordando per costituire una specie di guardia territoriale il cui iniziatore era un certo Frontali (26). In quell’occasione, uno che passava con noi, per conto suo, sul ponte e che non si fermò all’intimazione di alt della sentinella, restò freddato» (27).

Del periodo resistenziale, Lena ricorda che la sua zona operativa di competenza comprendeva: «Tramonti, Vinaio, Lauco e Sutrio». (28). E, da quanto riportato sul Dossier a lui relativo, Bruno Cacitti non solo faceva il partigiano, l’intendente, il servizio trasporto per gli alleati, ma anche l’informatore per la Osoppo, basta vedere i rapporti informativi da lui firmati ivi riportati. (29).

E stavo andando assieme a mia moglie con la piccola Reginute in braccio, a Preone, quando … 

Ma essere partigiani comportava anche dei rischi per la propria famiglia.

Così Bruno Cacitti aveva dovuto mettere in salvo la famiglia a Preone perchè ricercato dai tedeschi, e nel tragitto aveva passato un brutto momento mentre camminava con la moglie Jole al fianco. Così egli mi ha narrato, sospendendo un altro discorso, e con palese emozione: «Guarda, Reginute, Clara, da Mirko l’ho salvata io. Aveva quattro o cinque mesi: e Mirko mi ha puntato la pistola sul bivio di Preone…perché ho dovuto far scappare mia moglie prima a Sutrio e dopo a Viaso. E una sera, mentre la accompagnavo a Preone, ho trovato una pattuglia di Garibaldini, che mi ha fermato. Per fortuna ho trovato un amico. Era un comunista, credo, ed era con Mirko. Mirko mi ha puntato la pistola perché io ero della Osoppo. Ho detto a me stesso: “Stai calmo”. E ho detto: “Questa è mia moglie” e mia moglie aveva la bambina in braccio…» Poi si interrompe dicendomi: «Vai, vai, non farmi ricordare quelle cose…». (30).

 Non eravamo dei ladri, e davamo i buoni, ma anche noi si aveva bisogno di mangiare.

«”Abbiamo preso anche la pezza del formaggio ma anche noi si aveva bisogno di mangiare. E si andava a prendere anche la polenta, quello che c’era e ora ci trattano da … Vi sarà stato anche qualche delinquente che si presentava come partigiano, ma io li condanno quelli lì, che hanno approfittato anche di vendicarsi magari sotto il nome partigiano». E sostiene che vi erano persone che, qualificandosi come partigiani, rubavano. Inoltre vi erano persone che, in veste di partigiani, «hanno approfittato di vendicarsi per motivi personali. […]. E io quelli li chiamo assassini, non partigiani». (31). E i partigiani davano dei buoni in cambio dei generi alimentari, e chi li conservò e fece domanda di risarcimento li vide rimborsati dalla Prefettura a fine guerra. (32). «Non siamo ricorsi proprio mai al furto o alla prepotenza per provvederci del necessario». – dichiarava Bruno Cacitti a don Lino e Nazzi.

Così scrive Paolo/ Pitti nelle sue memorie del periodo partigiano: «Lena faceva la spola tra Tolmezzo, Caneva e Villa Santina. Fu indubbiamente il più sagace, instancabile e coraggioso procacciatore di rifornimenti della Osoppo, in Carnia. Riuscì, con vari espedienti, a far giungere quanto poteva, là dove occorreva, rischiando in prima persona con carichi attraverso i filtri dei posti di blocco, dei continui pattugliamenti, dei cosacchi, eludendo le denunce di qualche spia. Una volta a Caneva, dove abitava, era appena uscito da un piccolo magazzino e stava portando sulle spalle un carico di farina, quando si imbatté in una pattuglia di cosacchi che gli chiesero: “Dove essere Cacitti Bruno?” e lui calmo: “Ha appena girato l’angolo laggiù in fondo”. Ovviamente per un po’ di tempo non si fece vedere più a Caneva». (33).

Sentii narrare questo episodio, tanti anni fa, anche da Remo Cacitti, docente universitario, figlio di Bruno, che ancora se lo ricorda con un seguito. Suo padre non scappò ma attese le persone che lo cercavano e chiese loro se avessero trovato colui che cercavano. Al loro no, disse che Bruno Cacitti chissà dov’era e che quello era sicuramente un grande partigiano. Non mancava sangue freddo a Brunone Cacìt, penso tra me e me (34).

E Livio e Franzac fecero tagliare quegli alberi… Ma io penso che dietro ci fosse Aita Menotti.

Per quanto riguarda il taglio di un bosco nella zona fra Lauco e Vinaio, voluta da Franzac (don Francesco Zaccomer) e Barba Livio, comandante del btg. Carnia con sede a Salvins, dice: «Passato Lauco, lungo la via per andare a Vinaio, c’era un bel bosco. E lo hanno tagliato. Han sbagliato per me. Io ero lì, al comando, che si trovava dopo Vinaio, a un chilometro o due, in una stalla. Allora c’era con me Carletto Chiussi che mi diceva di intromettermi, di dire la mia, perché io non sapevo perché si dovesse fare quella cosa lì. Ma niente da fare. Fu una idea del prete, forse per farsi vedere, ma non lo so … Lì per me ha sbagliato il prete, ma non mi ricordo il suo nome. E secondo me lì c’è stato lo zampino di Aita Menotti di Tolmezzo, che aveva la segheria a Villa Santina. Hanno fatto tagliare un bosco ingiustamente, hanno rovinato su tutto, forse perché avevano bisogno di soldi, ma non lo so anche se mi trovavo al comando. Aita aveva interesse a portare giù le piante tagliate a Villa Santina. E io do la colpa in primo luogo al Pievano che era lì, al Monsignore, del taglio del bosco. Perché erano Aita e gli industriali del legno che avevano bisogno di legno, ed han approfittato.

Gli industriali del legno ci sostenevano, sostenevano l’Osoppo, perché avevano i loro interessi. E mettiamo i puntini sulle ‘i’: erano più docili ed amorosi con la Osoppo che con la Garibaldi, (perché con l’altro partito là, della Garibaldi … niente da fare), per loro interesse, ricordatelo bene, bambina bella.  Quelli hanno fatto i loro interessi coi tedeschi, coi partigiani, con tutti» (35).

Il taglio del bosco di Vinaio è stato sinora letto in positivo, ma in realtà esso avvenne ai tempi della Zona Libera di Carnia e dello Spilimberghese, quando si tendeva a regolarizzare il taglio del legname da parte di privati, per favorirne un uso parco e pubblico, per fini industriali energetici, per il riscaldamento e per le costruzioni, visto che non era risorsa sovrabbondante. (36).

Per me Aulo Magrini era una persona onesta.

Laura: «Ancora una cosa volevo chiederLe: “Sa mica se vi fu un progetto di Aulo Magrini, che era della Garibaldi, per rendere autonoma la Carnia?” Perché alcuni dicono che detto progetto esisteva, altri no. Ma dato che di fatto non si riesce a trovare da nessuna parte, lo chiedo a Lei».  

Bruno Cacitti: «No, non mi ricordo di un progetto del genere. Mi ricordo, invece, di Magrini. L’ho incontrato l’ultima volta a Tolmezzo, no a Sutrio, quando l’hanno ammazzato sul ponte di Noiaris, se non sbaglio. E ho parlato con lui anche a Comeglians ed ad Ovaro. Per me era una persona onesta ed era di sinistra. Ma gli onesti sono sempre onesti che siano comunisti o meno.
 Il colore politico non mi interessa. Io l’ho conosciuto come una persona onesta, per quello che mi riguarda, per i contatti che ho avuto con lui. Ma dopo le dicerie…le dicerie che hanno buttato fuori subito dopo la Liberazione, che lo avevano ammazzato i partigiani, io non lo credo affatto, anche se alla sua morte non ero presente.  Io non voglio difendere il Partito Comunista, ma hanno detto che lo hanno ammazzato gli stessi partigiani comunisti, ma a me … anche se non posso mettere la mano sul fuoco». (37).

Poi, a fine guerra, ha preso il sopravvento del tutto la politica. 

«Poi a fine guerra, sono subentrati del tutto i partiti e la politica, ma io non mi sono mai interessato mai mai di politica né di niente. Ho sempre cercato di aiutare la povera gente e basta, senza rubare e rischiando la vita. Poi è subentrata la politica come ora, che non si capisce più niente. Io non ho nessuna tessera, sono un cittadino con la coscienza a posto, almeno credo, anzi ne sono sicuro. Gli industriali sostenevano, durante la guerra di Liberazione, più il movimento verde che la Garibaldi, perché avevano i loro interessi da tutelare. E ci sono state personalità, fra gli industriali, che hanno messo anche il bastone fra le ruote. Io non ci capivo nulla quella volta … forse adesso, con gli anni che sono passati, ho capito qualcosa … E era una guerra continua fra gli uni e gli altri, … e non so cosa dire.  Ma a me faceva schifo. La gente magari non la sentiva questa lotta, ma era incominciata ormai … Dopo la gente ha incominciato a sentire questa guerra, ha capito e proteggeva più la Osoppo che la Garibaldi». (38).

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Conclusioni di Laura Matelda Puppini

Bruno Cacitti ci dice più di una cosa su quello che si narrava e credeva sui comunisti nel dopoguerra, sul terrore di immischiarsi con la politica o di essere accusati per motivi politici, con ripercussioni magari sui propri cari, e ci parla di paure condivise. Il caso di Romano Marchetti, accusato di essere “in combutta con Tito”, mai visto prima nè mai conosciuto, presumibilmente da democristiani, vuoi per il caso Tessitori, vuoi per il suo essere contrario alla legge truffa, appare emblematico, come il fatto che, nel 1948, anno di elezioni che porteranno al potere la Dc,  l’Anpi di Udine avesse affisso, nel febbraio, un cartello contrario a Josip Broz, riportante la scritta “Tito traditore” senza motivo (39). Bruno Cacitti ci pone pure dei dubbi sui motivi del taglio del bosco di Vinaio, di cui temo che non sapremo mai perchè fu fatto. Ci racconta poi che uno dei criteri, allora, per giudicare una persona, era l’onestà, e che se egli prese qualche formaggio era perchè avevano fame. Ma soprattutto chiarisce che, prima della guerra di Liberazione, “non si aveva politica” perchè era vietata, perchè si doveva pensare e dire solo quello che voleva il fascismo, e che lui ed altri andarono sui monti solo perchè il Re e Badoglio li avevano abbandonati, e che poi subentrò la politica. Grazie Bruno per queste precisazioni.  Si legge però, nell’intervista, anche tutto il suo anticomunismo, il suo essere contrario alla Garibaldi da lui ritenuta comunista (40) ed accusata di ogni problema come gli slavi, ed egli fu contrario al secondo comando unico, e si chiedeva se Marchetti, che lo aveva tenacemente voluto, fosse stato un vero osovano (41).

L ‘intervista è stata trascritta appena resa da me Laura Matelda Puppini. Non esiste più la registrazione originale, andata persa a causa dell’utilizzo di una cassetta riciclata, perchè non avevo soldi da spendere in cassette nuove e di buona qualità. Comunque avevo trascritto altre interviste di altro argomento, alcune delle quali pubblicate su www.nonsolocarnia.info, e riascoltando l’audio originale, ho constatato, cosa del resto su cui non avevo dubbi, che la trascrizione delle stesse era fedele e così questa. Buona lettura.

Laura Matelda Puppini

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1- Fermo Cacitti, nome di battaglia Prospero fratello di Bruno Cacitti, Lena, era nato a Caneva di Tolmezzo il 16 ottobre 1914, da Giovanni Bartolomeo e Regina Chiapolino. Tenente degli alpini, sposò, il 30 dicembre 1937, Silvia Damiani e spostò, il 3 gennaio 1942, la propria residenza a Villa Santina. Salì in montagna con il fratello, dopo essersi recato, anche a nome di questi, a Pielungo per associarsi alla brigata Osoppo/Friuli, entrò a far parte del btg. Carnia, comandato da Barba Livio, a cui fu fedele come Carletto Chiussi. Dopo l’allontanamento di Livio, Fermo Cacitti andò con il btg. val But. Prospero svolse sia attività come intendente sia come delegato politico in seno al btg. Carnia, e varie mansioni con il val But. Dopo la Liberazione emigrò in Venezuela ove lavorava pure come gruista. Negli anni ’70, durante un lavoro di carico, la benna di un mezzo meccanico lo colpì alla schiena, rendendolo invalido per sempre. Morì a Caracas il 10 febbraio 1985. Di carattere introverso e piuttosto facile ad alzare le mani, se si crede a quanto narra Giacomo Leschiutta, nome di battaglia Carlo, venne, a suo avviso, consigliato di lasciare l’Italia dal fratello, maresciallo degli alpini. Sia per Romano Marchetti che per Giacomo Leschiutta, Prospero veniva talvolta travolto dall’ira e diventava violento per poi, secondo Marchetti, accasciarsi quasi senza forze. Lechiutta afferma, pure, che egli fu fatto segno di azioni intimidatorie, presso l’osteria Fossâl di Lauco. (Giacomo Leschiutta, La resistenza sul massiccio dell’Arvenis, Amaro 2006, pp. 10 – 11). Da quanto si sa Bruno Cacitti ruppe ogni rapporto con suo fratello Fermo a causa di alcuni problemi dovuti al carattere impulsivo di quest’ultimo. Si racconta, infatti che, all’indomani della Liberazione, Prospero, che si trovava con Massimo Accaino, voleva giustiziare degli ufficiali tedeschi catturati da altri partigiani nella frazione di Caneva di Tolmezzo. Accaino, spaventato, andò a chiamare Bruno, che lo fece desistere dal proposito. Lo stesso Bruno Cacitti, che non volle praticamente più parlare di Fermo neppure ai figli, mi accennò un giorno al fatto che aveva un fratello che aveva fatto con lui la Resistenza, e che aveva litigato con lui a causa del suo comportamento a Liberazione avvenuta, senza aggiungere altro. Anche Fermo Cacitti, partigiano combattente, è da annoverare tra gli uomini che scrissero la storia della democrazia in Italia.

2- Tutte queste informazioni, comprese quelle biografiche, sono tratte da: “Relazione sul servizio prestato nelle file partigiane del Serg. magg., maniscalco Cacitti Bruno (n.b. Lena), figlio del fu Giovanni e fu Chiapolino Regina, nato il 19.7.1908 a Caneva di Tolmezzo (Udine), in atto effettivo all’8° Bgt. Alpini, datata solo 1948 e firmata da Mitri, Mecchia Luigi, vice – comandante la 6^ divisione, in: Dossier proveniente dall’Archivio storico della Divisione “Osoppo”, conservato nella Biblioteca Arcivescovile “mons.Pietro Bertolla” di Udine, e contrassegnato: 12. Fascicolo 41. Bruno Cacitti Lena, Busta 41, fascicolo 12. Trascrizione di Pietro Bellina in data 4 -5 maggio 2011. Detta relazione mi è pervenuta da Pietro Bellina di Venzone, che ringrazio sentitamente.

3- Per i bandi di leva R.S.I. e Nazisti in OZAK, cfr. Laura Matelda Puppini, Considerazioni su guerra, resistenza, dopoguerra con riferimento all’incontro tolmezzino con Paola Del Din, in: www.nonsolocarnia.info.

4- Mario Candotti, La lotta partigiana in Carnia nell’inverno 1944-1945, Storia Contemporanea in Friuli, n. 11, ed. Ifsml, p. 25.

5- Gian Carlo Chiussi,” Con l’Osoppo in Carnia”, memorie del periodo partigiano, Udine, ottobre 1982, pp. 42 – 51 – 52. La numerazione delle pagine è quella presente nella copia non ancora edita delle memorie, in mio possesso e giuntami da Marco Puppini.

6- Ivi, p. 70.

7- Ivi, p. 25. La storia di Livio o Barba Livio che dir si voglia, e del suo siluramento da parte dell’ala democristiana della Osoppo, è stata da me ricostruita e pubblicata in appendice in: Marchetti Romano (a cura di Laura Matelda Puppini), Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, IFSML e Kappa Vu ed., 2013, con titolo: Barba Livio, il battaglione Carnia,e la crisi di Pielungo. (Romano Marchetti, op. cit., pp. 355-368).

8- Il primo che mi parlò di Fermo Cacitti, Prospero, fedele a Barba Livio ed entrato in crisi dopo i problemi osovani a Pielungo, poi da molti dimenticato, al punto che parlare di lui pareva un tabù, è stato Romano Marchetti.

9- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, Venzone, 24 aprile 2018.

10 – Ibid.. Qui Bruno Cacitti, osovano contrario pure al Comando unico, attribuisce alla Garibaldi ed al suo credo politico la causa degli attriti fra Garibaldi ed Osoppo, ma non andò esattamente così. (Nel merito cfr. ‘Ciro Nigris, il comandante carnico garibaldino’Marco’. Io, ufficiale del R.E.I., passato alla resistenza’, in: www.nonsolocarnia.info).

11- Tale credenza, figlia di un dopoguerra antislavo ed anticomunista, pare sia simile a quella che si trova in una delle quattro versioni, diverse tra loro, del diario detto di Osvaldo Fabian, quella pubblicata con il titolo “Affinché resti memoria”, Kappa Vu, 1999, in cui si legge che una serie di fatti avevano portato alla “quasi certezza” che Mirko fosse un cetnico «infiltrato nel nostro movimento, quale elemento provocatore». (Osvaldo Fabian, Affinché resti memoria: autobiografia di un proletario carnico (1899-1974), p. 102). Tale tesi non ha trovato alcun riscontro successivamente, come quella che vi fossero ufficiali Jugoslavi infiltrati fra i garibaldini. Purtroppo gli storici che si cimentano a scrivere di Resistenza italiana, non possono dimenticare quanto il clima ferocemente anticomunista, antislavo ed antisloveno del dopoguerra italiano possa aver inciso anche sulle narrazioni dei fatti, insieme alla paura che, se non ci si uniformava alla lettura codificata dalla politica dei fatti, si potesse andar a finir male. Lo stesso Romano Marchetti non mi ha permesso di pubblicare negli anni ’80 le sue memorie, per paura che potesse accadere qualcosa a membri della sua famiglia. Di questo cattolici, democristiani, ex fascisti, preti, vescovi ed altri dovrebbero chiedere perdono a Dio, come del fatto che non si sa se noi, italiani, grazie a loro, potremmo non riuscire mai a conoscere davvero bene la storia del nostro Paese, anche se ci sono alcuni che tentano di ricostruirla. Ed il mio grazie va pure a Marco De Paolis e Paolo Pezzino, recentemente ascoltati ad Udine, per segnalare solo due di questi. Infine non bisogna dimenticare che un gruppo numeroso di cetnici si era trovata, alla fine della guerra, in territorio regionale, come riportato nel testo di Patrich Martin Smith, Friuli ’44. Un ufficiale britannico fra i partigiani, Del Bianco ed., 1990, p.216. L’autore parla di 2 lettere che gli furono passate da Verdi. “Queste gli erano arrivate dai due leaders dei “cetnici”, presumibilmente in risposta ad una sua comunicazione in cui egli protestava per la loro intrusione in Italia.”. Secondo Smith: «Circa diecimila cetnici erano in quel tempo stanziati nel paese di Cormons, ad una ventina di chilometri a sud est di Udine». I due leaders, Vojoda Djuiic e Vojoda Jedjevic, rassicurarono Verdi, che avevano conosciuto durante l’occupazione italiana della Jugoslavia, circa il loro anticomunismo e dissero che il loro obiettivo era quello di combattere il bolscevismo. Più tardi i due capi dei cetnici avrebbero trovato rifugio a Roma. (Ibid.). I cetnici erano i partigiani del generale jugoslavo Mihailović. Dopo il crollo del regno di Jugoslavia, (1941), il generale e le sue truppe si unirono ai partigiani di Tito nella lotta contro i nazisti. Inizialmente appoggiato dagli alleati, Mihailović, fu in seguito dagli stessi abbandonato perché in sospetto di collaborazionismo. (Ivi, nota 4, p. 216). Il terrore verso lo sporco rosso slavo, comunista, proprio anche della propaganda fascista e nazista, era presente in molti e fu consolidato dalla ‘nuova Osoppo’ e dai gruppi anticomunisti che agirono nella penisola nel dopoguerra. (Cfr. nel merito Giacomo Pacini, Le altre Gladio, Einaudi ed.)

12- Sotto la dittatura fascista, come sotto ogni regime autoritario, non vi fu per alcuno diritto di voto né educazione politica se non fascista di cui era impregnata la vita di ogni cittadino. Per ovviare a questo limite, la Garibaldi creò la figura del commissario politico, mentre l’Osoppo quella del delegato politico, mutuandola forse dalla Garibaldi.

13- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, op. cit..Il racconto di Bruno Cacitti mi ha fatto ricordare il bellissimo film interpretato da Alberto Sordi “Tutti a casa”, che ben sottolineava lo sconcerto dei soldati ed ufficiali italiani all’indomani dell’8 settembre 1943.

14- Bisogna ricordare che Bruno Cacitti aveva fatto parte dell’intendenza osovana, assieme a Mario Bonanni Italo, che secondo Romano Marchetti comandava il gruppo. Ma sempre la stessa fonte, narra che Cacitti non voleva ricoprire ruoli di comando, ritenendosi un soggetto più adatto all’azione.

15- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, op. cit.

16– Relazione sul servizio prestato nelle file partigiane del Serg. magg., maniscalco Cacitti Bruno (n.b. Lena), op. cit.

17- Intervista raccolta da don Aldo Moretti e Gianni Nazzi, il 18 luglio 1968, in: Dossier proveniente dall’Archivio storico della Divisione “Osoppo, op. cit.

18- Romano Marchetti scrive che Valeriano Cosmo e Marcello Coradazzi furono uccisi il 24 o 25 luglio 1944, e che poi i tedeschi e i fascisti lasciarono insepolti i loro corpi per due giorni, a monito per gli altri che si fossero messi contro di loro. (Romano Marchetti, Romano (a cura di Laura Matelda Puppini), Da Maiaso al Golico, dalla Resistenza a Savona, una vita in viaggio nel Novecento italiano, IFSML e Kappa Vu ed., 2013, p. 104).

19– Relazione sul servizio prestato, op. cit..

20– Ibid.

21– Intervista raccolta da don Aldo Moretti e Gianni Nazzi, op. cit..

22- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, op. cit..

23- Patrich Martin Smith, Friuli ’44, op. cit., pp. 46-47. Il partigiano con nome di battaglia Piazza è Benedetto Plozner di Timau. (Cfr. Plozner Benedetto, in: Laura Matelda Puppini, 472 schede di partigiani garibaldini, uomini e donne che scrissero la storia della democrazia, operativi in Carnia o carnici, in: www.nonsolocarnia.info).

24– Ibid. L’’Osoppo’ fu fondata ufficialmente, con l’accordo tra cattolici e azionisti il 14 febbraio 1944 ad Udine, anche se prima ipotizzata, e praticamente tutte le fonti concordano nel ritenere che i gruppi partigiani non inquadrati fra i garibaldini passarono all’azione armata dopo la loro affiliazione all’Osoppo. I gruppi che originarono i primi battaglioni della Osoppo in Carnia furono: il gruppo Partigiani Val Degano, poi, dall’agosto 1944, btg. Monte Canin, comandato da Otto (Rinaldo Fabbro), alle dipendenze dirette del comando divisionale, con sede alla miniera di Cludinico di Ovaro; il nucleo di Caneva – Vinaio, che formò il btg. Carnia sito a Salvins di Vinaio; il gruppo cosiddetto di Lateis di Sauris, che dette origine al primo nucleo del btg. Carnia; il gruppo facente capo ad Albino Venier Walter, locato a Zuglio, operativo dal 21 aprile 1944 ed aggregatosi alla Osoppo il 15 giugno 1944, il gruppo facente capo ad Adalgiso Fior, Mion. (Per il gruppo comandato da Walter: cfr. Albino Venier, Dalla Carnia al fronte russo…e ritorno, Tolmezzo 1991, pp. 131- 132). Il gruppo di Mion, detto anche di Verzegnis, avente sede a Villa Santina, diede origine al btg. Val Tagliamento, comandato prima da Mion stesso, poi, quando questi venne destinato ad altro incarico, da Giovanni (detto Nino) Pizzo, Carnico, successivamente da altri. (Cfr. anche: Aldo Moretti, Le formazioni Osoppo, in Rassegna di storia contemporanea, ed. a cura I.F.S.M.L., n. 2 – 3, 1972, pp. 224 -232). Se don Aldo Moretti, nel testo sopraccitato, evidenzia per la Carnia e per il Friuli, una serie di gruppi spontanei sorti dopo l’8 settembre e presenti in montagna, pare però opportuno recepire la critica di Mario Lizzero, Andrea, al fatto che tali gruppi potessero esser definiti gruppi partigiani operativi già da allora, facendo coincidere l’inizio della resistenza armata non comunista con quella comunista. (Mario Lizzero, Considerazioni sui reparti partigiani e sui gruppi di resistenza passiva nel ’43 in Friuli, in: Storia Contemporanea in Friuli, ed. I.F.S.M.L., n. 10, 1979, 271- 279).

25- Intervista raccolta da don Aldo Moretti e Gianni Nazzi, op. cit..

26- Presumibilmente si tratta di Francesco (detto Franco) Frontali

27– Intervista raccolta da don Aldo Moretti e Gianni Nazzi, op. cit..

28- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, op. cit.

29- Alcuni documenti informativi sono presenti in: Dossier proveniente dall’Archivio storico della Divisione “Osoppo, op. cit..

30- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, op. cit.. Clara Regina era la prima figlia di Bruno e Jole Pellizzari, e il padre usava chiamarla Reginute. Non bisogna dimenticare, però, che alcuni screzi ed alcune diffidenze fra Garibaldi ed Osoppo in Carnia avvennero dopo l’allontanamento di Barba Livio dal battaglione Carnia e dal suo comando. Infatti i garibaldini non capivano cosa stesse succedendo, come del resto alcuni osovani, e iniziarono a diffidare della Osoppo e dei suoi rappresentanti.

31– Ibid.

32- Per i buoni, utilizzati anche dalla Garibaldi, cfr. Cfr. Aldo Moretti, Claudio Dominissini, Una pagina di storia trasmessaci dai buoni usati nella Resistenza in Friuli, in: Storia contemporanea in Friuli, n.7, 1976, per il rimborso dei buoni cfr. Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Archivio di Stato di Udine– Danni di guerra. Partigiani. Ivi è riportata la documentazione relativa ai rimborsi a privati per danni subiti in seguito alle requisizioni effettuate dalle brigate partigiane (D.L. 19.04.1948 n. 517).

33- Giancarlo Chiussi, op.  cit. pp. 8, 13, 17.

34- Telefonata a Remo Cacitti in data 12 ottobre 2018.

35- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, op. cit.

36- Cfr. Laura Matelda Puppini, Zone Libere, Repubbliche partigiane ed assetto istituzionale, in: nonsolocarnia.info, prima pubblicazione in: Patria Indipendente, numero speciale per il 70° Liberazione, Semi di Costituzione. La bella storia delle repubbliche partigiane, settembre 2014.

37- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, op. cit.

38- Ibid.

39- Romano Marchetti, op. cit, p. 215 per il manifesto “Tito traditore”, p. 250 per l’accusa di essere “Sospetto di intelligenza con Tito. Pericoloso in zona di confine”, p. 251 per l’accusa di essere “in combutta con Tito”. Nel merito cfr. anche Laura Matelda Puppini, Sull’uso politico della storia, in www.nonsolocarnia.info.

40- Anche Gino Beltrame, Emilio, scriveva alla Federazione Provinciale del suo partito: «Nelle formazioni tutti si dichiarano comunisti ma non hanno nemmeno l’idea di ciò che veramente sia il comunismo.» (Giannino Angeli, I CLN, i partiti politici, le elezioni comunali e la formazione del governo della zona libera, in Storia Contemporanea in Friuli n. 15, p.60).

41- Laura Matelda Puppini, Intervista a Bruno Cacitti, op. cit.

L’immagine che accompagna l’articolo, in attesa di trovare una fotografia di Bruno Cacitti, rappresenta la copertina del vecchio quaderno ove si trova la trascrizione dell’ intervista. Laura Matelda Puppini

 

 

 

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