Marco Lepre ha partecipato al Convegno: “Monte Croce Carnico una strada difficile. Storia geologia e nuovi progetti” che si è tenuto ad Udine il 30 gennaio 2024 presso il polo dei Rizzi, organizzato dall’ Associazione degli Ingegneri della Provincia di Udine e dall’Università di Udine, (a cui non ho potuto presenziare perché ero a Roma), e mi ha concesso di pubblicare queste riflessioni interessanti. Per questo lo ringrazio.

«Al Convegno presso l’Università di Udine del 30 gennaio scorso, ci sono state in sostanza quattro relazioni: quella del prof. Paronuzzi, geologo, che si è limitato ad un inquadramento generale e ha parlato della difficoltà di calcolare la stabilità dei versanti montani e la mobilità e propagazione delle frane.

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L’ing. Michela Diracca ha invece ricostruito la storia della strada per il Passo e la sua importanza nelle varie epoche storiche: dai segni di frequentazione nel Mesolitico, alle tre strade realizzate in epoca romana, per finire con il progetto dell’ ing. Bonicelli, bocciato dal Genio Militare italiano, perché passava più ad Ovest rispetto all’attuale tracciato, ma era sotto il potenziale tiro degli austriaci.

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Il geologo Mocchiutti (1), ha invece riferito delle accurate analisi effettuate dopo la frana dei primi di dicembre che ha scaricato circa 30.000 metri cubi di rocce, con alcuni massi di notevoli dimensioni. Le riprese con drone e il rilievo LIDAR hanno evidenziato varie criticità: ci sarebbero, infatti, vari settori del Pal Piccolo ancora instabili e a rischio di crollo, cosa che rende anche pericoloso intervenire per la sistemazione della strada danneggiata.

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Infine, l’ing. Alessandrini (2) ha riassunto gli esiti dello studio effettuato da parte austriaca dopo l’incontro tra Land Carinzia e ANAS (con la partecipazione della Regione Friuli Venezia Giulia) del 2016. Lo studio conclude in modo inequivocabile che la migliore soluzione è la sistemazione della strada di valico ed esclude per problemi di costo sia l’ipotesi di un tunnel a quota 1000 metri circa (all’altezza della Casetta in Canadà), sia di un tunnel tra Timau e Wurmlach. Senza un’autostrada a monte e a valle del tunnel, non si genererebbe infatti un traffico sufficiente a giustificare la spesa. Per quanto importante, il collegamento internazionale avrebbe infatti una funzione limitata e una utilità solo in un raggio di una cinquantina di chilometri.

Alessandrini ha quindi concluso che, dovendo rinunciare al tunnel (sia per i costi che per i tempi di realizzazione) e tenendo conto dei pericoli sul tracciato attuale, l’unica soluzione praticabile sarebbe quella di seguire, più o meno, uno dei tracciati delle strade romane, che salivano più a Ovest, sotto la Creta di Collinetta (Cellon), abbandonando l’attuale tracciato all’altezza del terzo tornante del versante italiano.

Alessandrini (e Puntel) propongono di aprire in tempi brevi (sei mesi?) una pista che utilizzerebbe in parte la strada forestale che porta a Casera Val di Collina. Con l’apertura di una piccola galleria e di un viadotto si potrebbe accedere di nuovo al Passo, utilizzando un semaforo e un senso unico alternato. In prospettiva questo tracciato potrebbe diventare la soluzione definitiva (diventando una strada larga circa 9 metri! E con alcuni tratti di pendenza superiore al 10%) con un costo ipotizzato di una sessantina di milioni di euro e tempi di realizzazione di due anni e mezzo circa. 
Per Alessandrini l’incognita maggiore da parte italiana sarebbero i tempi per le autorizzazioni.

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Dal breve dibattito che è seguito è emerso che l’ANAS ha stimato i costi di realizzazione del tunnel molto superiori rispetto a quello già ipotizzato dallo studio austriaco. Inoltre l’Assessora Regionale Amirante ha evidenziato che anche per la soluzione di tracciato suggerita da Alessandrini sarà necessaria una spesa di circa 20 milioni per mettere in sicurezza con una galleria artificiale la parte della strada che dalla Casetta in Canada arriva al terzo tornante».

Marco Lepre dott. in urbanistica e presidente di legambiente Carnia e Canal del Ferro ».

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Questa la sintesi di Marco Lepre, Presidente di Legambiente Carnia e Canal del Ferro, che ha sottolineato poi anche l’importanza delle riflessioni di Maurizio Ponton, geologo e docente all’Università di Trieste, socio di Legambiente, pubblicate su “Messaggero Veneto, 4 febbraio 2024 con titolo: “La strada del valico e i rischi per la creazione di un tunnel”, che qui riporto dalla fonte.

«Ho partecipato al tavolo tecnico presso l’Università di Udine centrato sul problema della viabilità del Valico di Monte Croce Carnico interrotta dagli eventi franosi di dicembre scorso. Presenti ingegneri e geologi esperti nei settori dissesti e progettazione strade e politici regionali e locali. I relatori hanno esposto le problematiche con dovizia di dati e le possibili soluzioni.

Il percorso attuale a stretti tornanti risulta per intero estremamente rischioso per frane e blocchi e valanghe e andrebbe abbandonato salvo momentanea apertura dopo immediati lavori di messa in sicurezza e costante monitoraggio in attesa di una veloce soluzione alternativa.

L’alternativa del tunnel verrebbe scartata sia per l’opposizione della parte austriaca e legata ad eccessivi costi e vincoli dettati dalla Convenzione delle Alpi, sia per analoghe analisi economiche di costi e ricavi fatte da esperti italiani.

Rimane l’alternativa di una variante che si svilupperebbe sul versante di fianco non esposto a frane di crollo o valanghe dall’impatto relativamente basso considerata l’importanza del collegamento stradale. Del resto il suo giornale (Messaggero Veneto n.d.r.) riportava queste considerazioni nel numero di mercoledì 31 gennaio con peraltro l’avvallo, a conclusione lavori, dell’assessora Amirante.

Nel numero del 1° febbraio compare un articolo dell’assessore Mazzolini (sic! Ma Mazzolini non è assessore n.d.r.) dove si ritorna a proporre l’ipotesi del tunnel con toni polemici di tipo politico, senza tenere conto delle considerazioni tecniche esposte durante i lavori ai quali egli era presente ma solo fino ad un certo punto. Mi sento quindi in dovere di aggiungere un ulteriore elemento importante a sfavore dell’ipotesi tunnel.

Già negli anni ’60 si rischiò, con l’esecuzione del traforo per l’oleodotto, di intercettare il complesso sistema sotterraneo del Fontanone di Timau, la più importante risorgiva carsica del Friuli, le cui acque sono intercettate a valle dalla società Siot (sic! ma Secab (3)) con i suoi impianti idroelettrici da cui dipende una intera vallata.

La sezione di quella condotta è limitata a pochi metri di diametro, ben diversa da quella di una strada di grande scorrimento. L’impatto sul sistema idrico sotterraneo che ci si aspetta potrebbe essere pesante, memori anche dell’esperienza negativa dal punto di vista idrogeologico della galleria del Passo della Morte con conseguenze sulla gestione. Quindi ulteriori considerazioni economiche, sociali e ambientali portano a ben ponderare la soluzione a questo problema.

Maurizio Ponton geologo, ex docente dell’Università degli Studi di Trieste, consigliere Circolo Legambiente ‘Laura Conti’», consigliere Circolo Speleologico Idrogeologico Friulano.»

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Il problema del delicato sistema idrogeologico e carsico con la presenza del ‘Fontanon’ di Timau era stato messo in evidenza pure dal geologo Dario Tosoni, intervistato da Udinese Tv subito dopo il distacco dello smottamento (4). E così scrivevo su www.nonsolocarnia.info nel mio: “Il Pal Piccolo ha cancellato l’ultima parte della ss 52 bis. Ma nel 2017 quella strada era già considerata rischiosa e da sistemare. Ma poi … E ora si prevede di violare ancora le montagne:

Ho ascoltato sul gruppo facebook “Salviamo i sentieri Cai 227 e 228” la registrazione dell’intervento del geologo Dario Tosoni a ‘Ore 12’ su Udinese Tv, l’8 dicembre 2023, in cui il noto esperto parlava della frana del Pal Piccolo. Ed egli, pur sottolineando di avere pochi dati a disposizione, ha illustrato con immagini le caratteristiche orografiche ed idrogeologiche del territorio in questione, sottolineando come sia importante studiare bene la complessa situazione, prima di fare qualsiasi progetto di intervento, che non si può basare certamente sulle tradizionali reti paramassi o barriere contro gli scivolamenti. Infatti il terreno è cedevole e ricco di acque sotterranee».

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Non vorrei però che la fissità di certa politica fermasse qualsiasi progetto, perché credo ora sia giunto il tempo non delle parole ma di affrontare la realtà, dimenticando i sogni. Infatti il “traforo di Monte Croce Carnico” venne proposto negli anni sessanta senza studio alcuno di fattibilità dando luogo, per fortuna, solo ad una querelle politica, ma ora è tempo di iniziare i lavori per procedere a risolvere il problema della viabilità verso il passo da parte italiana, e non pare proprio che la soluzione del tunnel sia praticabile per costi tempi e morfologia del territorio. Pertanto credo si debba andare avanti sull’ ipotesi di Alessandrini e Puntel, non nicchiare ancora.

Laura Matelda Puppini

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Note.

(1) Trattasi del geologo Andrea Mocchiutti incaricato dall’Anas di valutare l’accaduto. Nel mio: Il Pal Piccolo ha cancellato l’ultima parte della ss 52 bis. Ma nel 2017 quella strada era già considerata rischiosa e da sistemare. Ma poi … E ora si prevede di violare ancora le montagne  ho riportato così le sue considerazioni sulla più grande frana verificatasi in regione, dopo la lettura delle immagini inviate da un drone: «Si è staccata una superficie di 50X50 metri per uno spessore di 10, un volume stimato attorno ai 40 mila metri cubi, cambiando di fatto proprio il versante”. Massi e detriti hanno coinvolto diversi tornanti, dal dodicesimo al terzo, alcuni sono finiti nel torrente But, centinaia di metri a valle. Nuovi distacchi sono possibili, anche a breve. “Ci sono fratture aperte, decine di metri cubi possono staccarsi”».

(2) Ritengo che si tratti dell’ ing. Francesco Alessandrini, che è stato uno dei primi laureati dell’Università di Ingegneria di Udine, con laurea in Ingegneria Civile per la Difesa del suolo e la Pianificazione con il punteggio di 110/110 e lode e poi, dal 2004, presidente e direttore tecnico di alpe progetti srl società di ingegneria. Ma se erro correggetemi.

(3) l’articolo “Centrale idroelettrica del Fontanone – Il primo impianto Secab” in: https://www.secab.it/it/sostenibilita/impianti-di-produzione/fontanone. In esso così si legge: «La centrale idroelettrica del Fontanone a Timau è la prima centrale SECAB, inaugurata nel 1913 a solo due anni dalla fondazione della Cooperativa e ne rappresenta il motore di sviluppo e il fattore di identità e appartenenza». 

(4) Dalla registrazione dell’intervento del geologo Dario Tosoni a ‘Ore 12’ su Udinese Tv, l’8 dicembre 2023, in: Gruppo facebook “Salviamo i sentieri Cai 227 e 228”, in cui il noto esperto parlava della frana del Pal Piccolo.

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L’immagine che accompagna l’articolo e mostra al frana del Pal Piccolo,  è tratta da: https://friulisera.it/maxi-frana-sul-pal-piccolo-situazione-molto-grave-per-la-messa-in-sicurezza-si-parla-di-mesi-si-pensa-a-una-viabilita-alternativa/. L.M.P.

 

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