Ho deciso di andare ad ascoltare, poco più di un anno fa, per la precisione il 21 marzo 2019, a Tolmezzo dove risiedo, la conferenza, tenuta dalla dott. Angela Borzacconi direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Cividale, intitolata: “Animali totemici dell’immaginario longobardo”.  L’ho fatto perché io avevo memorizzato, sui Longobardi, solo la corona della regina Teodolinda e qualche croce in lamina d’oro, e quattro nozioni di storia politica relativa al loro insediamento in Italia, alla loro conversione al cattolicesimo, alla loro sconfitta, e volevo sapere qualcosa di più.

Ora la prima cosa che mi sono chiesta è che valenza avesse il termine “totemico” qui, perché noi, fin da bimbi, abbiamo conosciuto solo il totem dei pellerossa, che ci è stato detto essere dei simboli religiosi.

Ma, dato che il termine totem è nordamericano, dobbiamo capire che il suo significato attuale in antropologia è mutuato dal mondo dei “pellerossa” ed è stato applicato a realtà diverse. E qui animali totemici significa “animali che hanno un significato simbolico particolare” per un popolo, nello specifico per i Longobardi. Ed in particolare cervi dai grandi palchi, cavalli e parti di cavalli, cani, riempirono la loro concezione del mondo, che per loro, però, non era immaginaria, mentre lo è per noi. Infatti quello che noi chiamiamo immaginario, forse nel Medioevo si sarebbe potuto chiamare “il meraviglioso” o “il magico” mentre questi animali ‘totemici’ facevano parte delle credenze reali di quel popolo.

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L’opera di riferimento principale per le vicissitudini dei Longobardi è l’Historia Langobardorum, formata da ben sei tomi, scritta da Paolo Diacono, cristiano, dopo il suo rientro dalla corte di Carlo Magno, utilizzando un misto di prosa e poesia e rifacendosi a quanto riportato da altri in precedenza. (1).  Dopo di lui vi è solo uno scritto di Andrea da Bergamo, che vorrebbe continuare il lavoro di Paolo Diacono, ma senza averne le capacità.

Le opere che si sa essere state di riferimento per Paolo diacono sono le seguenti: l’anonima Origo Gentis Langobardorum, la perduta Historia Langobardorum di Secondo da Trento, i perduti Annali di Benevento, gli scritti di Beda il venerabile e quelli di Gregorio da Tours e Isidoro di Siviglia, liberamente utilizzati. Ma sappiamo pure che Paolo diacono scrive come se l’Italia fosse una specie di terra promessa per il popolo Longobardo, ponendo particolare attenzione alla storia della chiesa. (2).

Secondo Paolo diacono i Longobardi abitavano inizialmente in un’isola chiamata Scadanan, posta a settentrione, lontana, fredda e poco baciata dal sole, dove stavano molte genti tra le quali ve ne era una, piuttosto piccola, detta dei Winnili. E vi faceva parte una donna di nome Gambara, che aveva due figli: Ybor e Agio, e con loro governava quel popolo. Ma giunsero là i capi dei vandali, e richiesero ai Winnili di pagare loro i tributi altrimenti avrebbero mosso loro guerra. Ma Gambara ed i suoi figli ritennero preferibile combattere che pagare, e così Assi e Abri, che guidavano i Vandali, decisero di muovere guerra ai Winnili, pregando il Dio Godan di concedere loro la vittoria. Ma Godan rispose: «Ai primi che vedrò al sorgere del sole, darò la vittoria».
Nello stesso tempo, Gambara ed i suoi figli pregavano Frea, la moglie di Godan, perché sostenesse i Winnili.  E Frea rispose dando il consiglio che i Winnili si presentassero al sorgere del sole, con le loro mogli con i capelli sciolti, posti in modo che sembrassero lunghe barbe.
Al finire della notte, quando il sole stava sorgendo e portando la sua luce, Frea, moglie di Godan, girò il giaciglio ove riposava il marito verso oriente e lo spronò a guardare. Così egli vide i Winnili e le loro donne con i capelli che circondavano i loro volti come fossero barbe, e disse: «Chi sono questi dalla lunga barba?» E la moglie rispose: «Tu hai dato a loro il nome, dà quindi loro anche la vittoria». E così Godan diede loro la vittoria facendo in modo che coloro che aveva visto potessero difendersi e battere il nemico. E da quel tempo, i Winnili sono chiamati Longobardi. (3).  

E Godan è il nome che i Longobardi davano al dio Oddin, (Odino) chiamato Wōdanaz o Wōdinaz nel proto- norreno, Wōden in antico inglese o Wotan in alto tedesco antico. E Wōdanaz, Oddino o Godan che dir si voglia era un Dio della guerra, portatore di vittorie, ma era anche un Dio associato ai morti, ed a molto altro (4). Sua moglie Frea, ma più correttamente Freyja, esperta nello sciamanesimo Seiðr, era la dea dell’amore sessuale, della bellezza, dell’oro, della seduzione, della fertilità, della guerra, della morte e delle virtù profetiche (5), e veniva rappresentata con la forma di un cane, come ci ha precisato la dott. Angela Borzacconi.

Attualmente si ritiene che i Longobardi si trovassero in origine nell’attuale Scandinavia, e tale ipotesi è suffragata dalle analogie fra il diritto longobardo e quello delle popolazioni scandinave, dalle caratteristiche comuni presenti nella mitologia longobarda ed in quella dei popoli nordici; dalle corrispondenze fra i feroci guerrieri vichinghi detti ‘berserkirs’ la cui esistenza è anche storicamente documentata, che indossavano una pelle di orso, e icynocephali’, guerrieri longobardi che indossavano, in guerra, maschere rituali di tipo totemico a forma di testa di cane. Inoltre le designazioni gentilizie delle dinastie longobarde Gausi e Harodi sono di origine nordica. Ma ora sappiamo pure che, nel VI secolo, esisteva in Scandinavia la popolazione dei ‘Winuwiloth’, discendente da quella parte dei Winnili che non era emigrata. (6).

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Arte_longobarda,_lastrine_dello_scudo_di_stabio,_cavaliere,_vii_secolo,_bronzo_dorato,_berna,_historisches_museum.jpg. Fotografia pubblicata in territorio italiano o ivi realizzata senza essere mai stata pubblicata all’estero ed è nel pubblico dominio poiché il copyright è scaduto. Illustrazione in pd-italia da: hubert et alli, l’europa delle invasioni barbariche, milano, rizzoli editore, 1968.

E Winnili significa sia ‘combattenti’ che ‘cani folli o infuriati o vittoriosi”, ma forse tutte e tre le cose insieme. Infatti, come ci ha narrato anche la dott. Borzacconi, per quanto riguarda i Longobardi, che altro non erano che Winnili, essi andavano in battaglia, come già scritto, indossando maschere dalla forma di muso di cane e in trance sciamanica. E forse, come i Berserkirs, combattevano senza cotta di maglia, infuriati come dei cani o dei lupi, e dimostrando la forza degli orsi e dei tori, ed ottenevano questo furore grazie a tecniche sciamaniche, alle quali presiedeva la dea Frea, e, forse, assumendo sostanze stupefacenti ricavate da vegetali quali la belladonna, la segala, i funghi. (7).
E c’è chi dice che essi, in questo modo, potessero giungere fino a non sentire quasi il dolore.

Ora a noi paiono strane queste tecniche di guerra, ma anche nei tempi moderni soldati andarono talvolta in battaglia dopo aver assunto alcol. E, comunque, un tempo si giocava molto, in battaglia, pure sull’effetto scenico e terrifico: basti pensare ai ‘Karnyx’ dei Celti, corni di materiale vario utilizzati in guerra, che producevano suoni terrificanti per spaventare e distrarre.

 Inoltre, vedendo il moto apparente del sole e degli astri, e ritendo che il movimento fosse indotto, popolazioni antiche per esempio russe, ritenevano che il succedersi del giorno e della notte e delle stagioni fossero dati da figure, a cavalcioni di un animale o di un tronco, che volavano, e la loro rappresentazione del cielo era pieno di streghe, dei, animali particolari e divini in movimento. (Per l’avvicendarsi del giorno e della notte, cfr. La leggenda dei tre cavalieri). Ma gli animali avevano, per i Longobardi, una loro collocazione anche nella morte e nell’aldilà.

Così, per esempio, ci racconta la dott. Borzacconi, i Longobardi pensavano che, nelle dodici notti che seguivano il solstizio di inverno, il Dio Odino, o Godan, o Wotan, dipende da come lo si vuole chiamare, cavalcasse il suo eccezionale cavallo grigio a otto zampe, attraversando il cielo, le acque ed altri mondi, alla guida dello spettrale corteo dei soldati morti in battaglia, in un furioso vortice di caccia con cavalli, segugi ed altri animali. Questa caccia forse, rappresentava l’allontanarsi del buio e della notte, ed il ritornare a salire della luce – sole nel cielo. E per produrre questo ‘miracolo’ ci voleva davvero la potenza di un Dio speciale come Wotan. Ma questi sono solo pensieri miei, ed anzi se qualcuno sapesse qualcosa di più scientifico sull’argomento sarei contenta che me lo scrivesse. Ed anche i Longobardi avevano fra i loro dei Thor, uno dei figli di Odino, il dio scandinavo e vichingo della caccia, del tuono, della tempesta, dell’eterna guerra a mitici giganti.

Ma ritornando alla storia dei Winnili, anche loro, ad un certo punto, decisero di spostarsi alla ricerca di nuove terre a causa del progressivo aumento della loro popolazione. A questo punto, secondo la tradizione, il popolo si divise in tre gruppi e lasciò che fosse la sorte a scegliere quale dovesse abbandonare la patria: toccò a quello guidato dai fratelli Ibor e Aione o Aio che, sotto la loro guida, si insediò nella regione chiamata Scoringa (8) che potrebbe essere pure la foce dell’Elba.

Pagina della Historia Langobardorum di Paolo diacono. Immagine tratta da: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:HistoriaLangobardorum. [page (cropped) of M I 496, a bifolium of a 11th-century ms. of Historia Langobardorum which had later been used as a binding (detached from a Freising print dated 1697). Carolingian minuscule, comparable to that in Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, Cod. 45. The text is from book 3, c. 15-19 (MGH 48, 122ff.)].

Da qui, dopo varie vicissitudini, i Longobardi si portarono verso il medio corso del Danubio e quindi in Pannonia, regione fra Danubio e Sava, e da lì entrarono nella penisola italica e nel 569 Alboino creò il Ducato del Friuli o di Cividale. (9). E mentre si trovavano in Pannonia, dove divennero popolo egemone, essi «consolidarono le proprie strutture politiche e sociali, si convertirono parzialmente al cristianesimo ariano dopo esser entrati in contatto con i bizantini, e inglobarono elementi etnici di varia origine, tanto che la dott. Borzacconi ha parlato di un gruppo detto Longobardo formato pure da Turingi, Sassoni e Franchi.  E certamente i Longobardi svilupparono una propria cultura, attingendo pure da coloro con cui erano entrati in contatto.

Ma uno degli aspetti fondamentali messo in risalto dal dvd “Animali totemici dell’immaginario longobardo”, a cura Museo Archeologico Nazionale di Cividale, del Museo Archeologico di Povegliano Veronese e dell’Antiquarium comunale di Spilamberto, per il progetto “Longobardi in Vetrina” dell’Associazione Italia Langobardorum, poi non più realizzato per questioni economiche, a cui l’incontro faceva riferimento, è quello che antiche genti di vocazione guerriera, come i Longobardi, di fatto vivevano immersi nella natura in un contesto di vita quotidiana dominata da imponenti foreste e dalla presenza di cavalli, cervi, serpenti, cinghiali, aquile, mista a quella degli antenati e di creature soprannaturali. E questo mondo era il loro riferimento costante. Così alberi sacri ed animali propiziatori riempivano i vissuti di allora anche nel tentativo di dare un ordine, un fine, alla vita ed alle cose, ed al tempo stesso di trovare mezzi e metodi per volgere gli eventi a proprio favore. «Può il vostro Dio farci ottenere… …. donarci …?» pare chiedano i re delle popolazioni del Nord a chi veniva a portare loro il verbo cristiano. (Cfr. Edda). Può impedirci la carestia, farci vincere in battaglia, allontanare da noi le calamità? Altrimenti a che serve un Dio? E se il vostro Dio può darci questo e può donarci fertilità, pace, prosperità, allora lo accetteremo di buon grado, perché i nostri Dei non sempre ci hanno soddisfatto. (10).

E aquile e serpenti compaiono nelle fibule femminili, con ardiglione, che fermano il mantello, e sono animali che, una volta passati i Longobardi ufficialmente dall’antica religione all’arianesimo e da questo al cattolicesimo (11), mantennero comunque un loro posto nella visione popolare del mondo. Perché un re od una regina potevano imporre ufficialmente una nuova religione, ma il popolo spesso conservava, se possibile, alcune tra le antiche credenze, e così avvenne, relativamente ai Longobardi, anche per il ‘corredo’ nelle sepolture. Ed il legame con il mondo della natura si riflette, per quanto li riguarda, anche nelle fibule a testa di cavallo o cinghiale e nell’impianto ornamentale animalistico.

Per quanto riguarda l’arte longobarda, la dott. Borzacconi ha sottolineato come, in una prima fase artistica, non vi fossero elementi posti in modo simmetrico, che si ritrovano solo dopo il contatto dei Longobardi con i bizantini, e come vi sia, a livello artistico, la presenza degli animali che avevano un significato nella loro rappresentazione della vita. Ed animali furono offerti a San Mauro, si ritrovano anche al centro di croci in lamina d’oro per uso funerario, e palchi di cervo ed ossa indicavano la rinascita della luce al solstizio d’inverno. E proprio sulla collina di San Mauro, a Cividale, si trova una necropoli Longobarda che ci ha donato vari oggetti e conoscenze.

Ma parti di animali o animali si potevano trovare, con vario significato, anche nelle sepolture, ma con riferimento al viaggio verso l’aldilà. Nella tomba di un bimbo, per esempio, sono stati rinvenuti uno stinco e due brocche piene di liquido perché egli si potesse rifocillare nel suo viaggio dopo la morte.

E sempre a Cividale sono stati ritrovati: in una tomba un pettine tagliato, segno di morte; in quella di una fanciulla un corredo essenziale ed una croce simbolo della cristianizzazione; in altre sepolture una fibula di gusto romano con impressa la testa di Odino ed una con San Mauro bambino.

Inoltre massiccia è la presenza del cavallo e di cavalli o parti degli stessi nelle necropoli, e si sono trovati, a Povegliano Veronese anche due cani, presumibilmente levrieri, sepolti accanto un cavallo acefalo.

Scheletro del cavallo acefalo e dei due cani a Povegliano Veronese. Da: http://www.longobardinitalia.net/articolo/animali-totemici. 

Il cavallo era importantissimo per la vita e per la guerra – ci ha raccontato la dott. Borzacconi – anche nel caso dei Longobardi, che cavalcavano senza staffe e utilizzavano, per uso sacrificale, cavalli bassi, di soli 1 metro e 35 al garrese, più piccoli e tozzi di quelli al servizio del padrone, che si ritiene fossero di una razza proveniente dalla steppa. Ma secondo Tacito, anche gli Avari seppellivano il defunto assieme a parti di cavallo, come offerta, e quindi tale costume potrebbe esser stato mutuato dall’incontro con altri popoli. Ed i cavalli periti in battaglia, secondo il credo longobardo, sarebbero finiti nel Walhalla dopo la morte, insieme al loro cavaliere. Ed un significato particolare di offerta avevano anche i finimenti posti sopra l’animale. Ma l’uso di seppellire i cavalli con il cavaliere potrebbe derivare anche dai popoli della steppa.

In una tomba si è pure trovato un cavallo che era stato sepolto sopra una struttura di legno, poi andata perduta, forse un carro, come rinvenuto in alcuni casi in necropoli celtiche. Nelle necropoli si sono trovate, poi, parti di animali come per lo stinco già citato, che avrebbero dovuto esser consumate nei banchetti celesti e durante il viaggio verso l’aldilà e palchi di cervo simbolo di rinascita e della forza rigenerante del sole, oltre che zanne di cinghiale. E le persone di un certo rango sociale, presso i Longobardi, venivano sepolte con indosso una tunica azzurra.

Nella necropoli di Ponte del Rio a Spilamberto, si sono trovati tre cavalli acefali di una razza o Asiatica o Mongola o Fjord Scandinava, deposti accanto a pozzetti rituali, a conferma del loro significato simbolico. A Cividale, invece, è stata portata alla luce la tomba di un giovane cavaliere sepolto con un corredo composto da armi, accessori personali e oggetti quali: cesoie, punteruoli, pesi, a sottolinearne il ruolo preminente, e con il suo cavallo, perché potesse continuare a cavalcare verso il Walhalla.

E termino questo articolo invitandovi a vedere su you tube il filmato: “Animali totemici dell’immaginario longobardo”, ed a visitare, quando sarà possibile, il Museo Archeologico Nazionale di Cividale, il Museo Archeologico di Povegliano Veronese e l’Antiquarium comunale di Spilamberto (Mo).

Questo testo è derivato principalmente da quanto detto dalla dott. Angela Borzacconi a Tolmezzo, oltre che dalle fonti riportate in nota.

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  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Historia_Langobardorum.
  2. Ivi.
  3. Traduzione personale di Laura Matelda Puppini di alcune righe del testo di Paulus Diaconus, Historia Langobardorum, History of Longobards, (a cura di Andrea Pietro Cornalba) Tektime 2020, pagine scelte da https://books.google.it/. Pagine non numerate.
  4. https://it.wikipedia.org/wiki/ Wōdanaz.
  5. https://it.wikipedia.org/wiki/Freia.
  6. Società degli Archeologi Medievalisti italiani, VI Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di Fabio Redi e di Alfonso Forgione, L’Aquila 12 -15 settembre, ed. All’insegna del Giglio, p. 185. Da Google books.
  7. ‘La chienes celebres reels et fictifs dans l’art, la Culture et l’Historie’, Guillame de Lavigne, pp. 65-66.
  8. http://www.longobardinitalia.it/index.php/la-migrazione.
  9. https://it.wikipedia.org/wiki/Ducato_del_Friuli.
  10. Remo Cacitti, docente universitario di storia del cristianesimo a Milano, in una conversazione telefonica privata mi confermava, il 12 maggio 2020, che questa visione diciamo utilitaristica della religione, per quanto riguarda il suo ambito di studi, era presente sin dal secondo secolo.
  11. Remo Cacitti mi confermava nel corso della conversazione sopraccitata, che è possibile utilizzare, ai tempi di Teodolinda, il termine cattolicesimo. Infatti mi ero posta il problema se si dicesse conversione al cristianesimo od al cattolicesimo, e l’ho chiesto a Remo, che ringrazio.

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Un ringraziamento particolare alla dott. Angela Borzacconi.

Laura Matelda Puppini.

 

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