Inizio dicendo che questa ‘saga’ dell’Alighieri mi ha quasi nauseato, e che mi è sembrato davvero poco decoroso che Istituti ed associazioni che si occupano di altro, dall’Ifsml (1) all’Anpi (2), abbiano dovuto, pare, e se erro correggetemi, piegarsi ai voleri dell’assessora Gibelli e per forza di cose parlare del sommo poeta e delle sue opere in occasione dei 700 anni dalla sua morte. 
E mi è parso poco consono sentir leggere o recitare i versi della Divina Commedia senza introduzione adeguata. Perché la Divina Commedia è un’opera a carattere storico letterario, un poema allegorico didascalico scritto in lingua volgare fiorentina, in terzine incatenate di endecasillabi (3), e reputo che possa esser affrontata solo dopo studi specifici fatti con docenti di spessore e da interessati.

Credo che molti, al liceo, abbiano capito ben poco di Dante Alighieri, tranne il fatto che fu esiliato, e si siano chiesti perché si dovesse studiare principalmente la Divina Commedia, spesso senza una contestualizzazione dell’opera, che si leggeva in tre anni consecutivi mentre in storia si parlava spesso di altro, e senza una presa di coscienza delle diverse letture critiche di questa summa di quello che sapeva Dante sul mondo che lo circondava e sulla morale corrente. Infatti la Comedia permette di dividere i buoni dai cattivi e questi dai peccatori lievi e di sottolineare che chi ha smarrito la diretta via, cadendo nel peccato, ha bisogno di una guida e di un percorso dal buio degli inferi sino alla luce del Paradiso, da compiere assieme alla stessa, per recuperare il cammino etico corretto. Ma spesso ai poveri studenti questo non veniva spiegato, dato che talvolta neppure i professori capivano molto dell’opera in questione, almeno questa è stata la mia impressione. E tutti prediligevano l’Inferno, e le spiegazioni dei dotti erano un problema nel problema, ed andava a finire che nessuno parlava male di Dante, ma più di uno non vedeva l’ora di terminare quella parte di programma scolastico.  Quello che restava in mente spesso erano solo qualche tortura o le tristi storie degli amanti Paolo e Francesca e del conte Ugolino. E così poteva andare a finire che, ogni volta che uno, vessato in gioventù dalla Comedia, sentiva parlare dell’Alighieri, provava una vaga sensazione di disgusto ed un desiderio di discostarlo da sé per sempre, per volgere a vie nuove. E credo che ora non sia molto diverso.

Un’ altra realtà legata al sommo poeta è la Società Italiana Dante Alighieri. Essa, «ideata e proposta a Macerata nel 1888 dall’irredentista triestino Giacomo Venezian, allora docente di diritto in quell’università e poi volontario nella prima guerra mondiale, caduto sul Carso, fu fondata nel 1889 da un gruppo d’intellettuali guidati da Giosuè Carducci, che diramarono un “Manifesto agli italiani”». (4). Però ad un certo punto essa divenne simbolo di italianità ad oltranza, e tutte le direzioni didattiche italiane, sicuramente nel secondo dopoguerra, furono costrette a versare il loro obolo obbligatorio di adesione alla stessa, quasi fosse un riconoscimento all’italianità, perdendo il collegamento con il notissimo poeta, che visse in un’epoca in cui l’Italia unita era ben lungi dal venire, come del resto il nazionalismo.

L’uso politico della figura dell’Alighieri.

«È sotto gli occhi di tutti- scrive Fulvio Conti – l’alluvionale e incontenibile interesse per Dante Alighieri che caratterizza il nostro tempo. E non mi riferisco tanto all’interesse dei dantisti di professione, dei filologi, degli studiosi di letteratura italiana, che hanno messo il sommo poeta al centro delle loro ricerche oltre duecento anni fa e non l’hanno mai più abbandonato. Quanto all’attenzione quasi morbosa che Dante suscita da più di due secoli nella sfera pubblica intesa nella sua accezione più larga. Di lui hanno preso a scrivere i personaggi più disparati, in suo onore sono stati eretti monumenti, busti, lapidi, cippi, si sono organizzate cerimonie pubbliche». (5).

Ma, sempre secondo Conti, «Dante è stato evocato per sottolineare momenti cruciali della nostra storia nazionale, dal Risorgimento alla Grande guerra, dal fascismo all’età repubblicana. Ancora oggi a migliaia si ritrovano in piazza in talune occasioni per recitazioni collettive della Divina Commedia, un testo ormai tradotto e conosciuto a livello planetario, citato e utilizzato per gli scopi più diversi. Insomma, il poeta fiorentino si è prestato nel tempo a usi e abusi che nella maggior parte dei casi poco hanno a che fare con l’essenza più autentica della sua opera letteraria». (6).  E credo si possa dare ragione al noto professore di Storia contemporanea dell’Università di Firenze, che parla pure di ‘mito’ e ‘culto’ dell’Alighieri, che è diventato un argomento a sé stante ed uno «strumento per rileggere alcuni snodi e passaggi della storia politica italiana degli ultimi due o tre secoli» (7).  In sintesi, per Conti, anche dell’Alighieri si è fatto un uso politico, tanto da poter delineare, attraverso il suo mito, una storia culturale della politica, che ben poco ha a che fare con la letteratura, ma diventa oggetto di analisi a sé stante. (8).

Ma, in particolare sotto il fascismo, l’Alighieri assunse a simbolo dell’italianità. «Fin dal 1921 con la marcia su Ravenna degli squadristi guidati da Italo Balbo e Dino Grandi, […], il movimento mussoliniano dimostrò inequivocabilmente di voler mettere le proprie mani su Dante e su tutto ciò che egli incarnava. E non è privo di significato che nell’aprile 1945, quando la Repubblica di Salò era prossima al crollo, Alessandro Pavolini, uno dei gerarchi rimasti più fedeli al duce, abbia addirittura coltivato l’idea folle di dissotterrare le ossa di Dante per portarle nel “Ridotto alpino repubblicano” della Valtellina e farne il nume tutelare dell’estremo sacrificio delle camicie nere. Mussolini non ebbe bisogno durante il Ventennio di forzare la mano per enfatizzare il mito dantesco: ciò che aveva ereditato dall’Italia liberale, in termini di ben codificate ritualità e liturgie politiche, era più che sufficiente. Il fascismo accentuò semmai la connotazione cattolica del poeta per eleggerlo a emblema principe della svolta conciliatorista del 1929 e utilizzò le acquisizioni di alcuni antropologi, dopo la ricognizione condotta sui suoi resti mortali nel 1921, per esaltarne l’appartenenza alla «stirpe mediterranea». (9).

«Con la nascita della Repubblica e con il netto rifiuto della retorica nazionalista che la caratterizzò, anche il mito dantesco, così come si era venuto affermando dall’età romantica in avanti, subì un inevitabile declino. Fin dall’immediato dopoguerra si determinò però la riscoperta e la definitiva valorizzazione dei contenuti universali dell’opera poetica di Dante, rimasti fin lì come soffocati dall’enfasi posta sull’etichetta di profeta della nazione. Si è assistito nel contempo alla diffusione delle sue opere su scala planetaria, sia nella cultura alta che in quella popolare». (10).

Ma ritorniamo alla Divina Commedia ed altre opere.

Bisogna premettere che, per studiare l’Alighieri, si dovrebbe analizzare tutta la sua opera, che può essere oggetto di analisi, però, solo da parte degli esperti o di persone adeguatamente formate ed interessate, a mio avviso. Fra queste alcune sono importanti come la ‘Comedia’ ed il ‘Monarchia’ che evidenzia la posizione politica di Dante, che sostiene che il potere temporale deve essere appannaggio dell’Impero e non della chiesa. Per questo motivo detto testo finì all’ indice, cioè proibito dalla chiesa. Eppure Dante non era un ghibellino, ma un guelfo, solo che anche i guelfi si erano divisi in due correnti: quella dei neri e quella dei bianchi, di cui faceva parte anche Dante, che non precludeva la possibilità del ritorno dell’imperatore e della sua acquisizione del potere temporale.

Per quanto riguarda la ‘Comedia’, un altro problema che si pone è quello dell’originale dell’opera. Dante scrisse i suoi testi a mano, con il calamaio e la penna, compresa la ‘Comedia’, e con la grafia del tempo. Quindi le opere venivano ricopiate, e così è accaduto anche alla Comedia, per cui non esistono due manoscritti della stessa, fra quelli giunti a noi, che siano uguali. E si notano, comparandoli, modifiche ortografiche, versi simili ma non identici, parole completamente differenti che portano a significati diversi delle frasi, e via dicendo. (11).

Composta secondo i critici tra il 1304 ed il 1321, anno in cui Dante morì, la ‘Comedia’ è il capolavoro dell’Alighieri, ed una delle più importanti testimonianze della civiltà medievale, chiudendo un’epoca. Ma ben pochi studenti lo hanno capito.

Vi è un’altra grande testimonianza, questa musiva, di quanto si sapeva nel 1163 sul mondo, sulla sua storia e sulla vita, ed è ‘scritta a tessere policrome, sul pavimento del duomo di Otranto, ed è stata eseguita dal monaco Pantaleone, su ordine del Vescovo della città. Peccato ci si possa camminare sopra. 

Io ho capito qualcosa solo quando ho studiato Dante con Giuseppe Petronio all’università, leggendo pure un volume di storia della critica dantesca, e mi pareva di esser piombata in un altro modo di vedere le cose rispetto a prima, e mi era tutto più chiaro. Per questo credo che sarebbe utile risparmiare a molti giovani una lettura affrettata e pressapochista della ‘Comedia’ ma soprattutto ritengo che non si debba obbligare nessuno a parlare di Dante se non è il suo campo.

Senza offesa per alcuno, ma per esprimere il mio pensiero, e senza pretesa di essere nel giusto, questo ho scritto, in attesa pure di commenti divergenti.

P.S. Io credo che sia ora di finirla di dedicare anni interi ad una persona od un evento, perchè non credo sia questo un modo intelligente di fare cultura.

Aggiornamento 30 dicembre 2021. Il tema ‘Dante’, fu imposto dall’ assessora Gibelli.

Ricevo da R.M. che ringrazio, il link per questo articolo, a riprova che il tema ‘Dante Alighieri’ fu imposto dall’ assessora Gibelli.
21 novembre 2020. Dante Alighieri al centro del bando Cultura 2021. Sottotitolo. Otto i bandi per sostenere le attività culturali. Il fondo complessivo ammonta a 4.125.000 euro. Tutte le domande dovranno presentare un piano B e vertere sul 700 anniversario della morte del sommo poeta.
«Il criterio tematico è il 700. anniversario della morte di Dante Alighieri, con riferimento al contesto storico e/o ai riflessi contemporanei dell’opera dantesca. (viene escluso solo l’Avviso ‘creatività). (…). Gibelli ha spiegato che: «[…] non potevamo non riservare attenzione al 700. Anniversario di Dante Alighieri con riferimento al contesto storico e/o ai riflessi contemporanei dell’opera dantesca. Un tema sicuramente trasversale che, sono certa, potrà trovare molti interessanti ed innovativi spunti di riflessione» (https://www.telefriuli.it/cronaca/700-morte-dante-alighieri-centro-bando-cultura-2020-fvg/2/214003/art/).

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: https://www.worldhistory.org/trans/it/1-19216/dante-alighieri/. LM.P.

 

 

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