Ho trovato, fra le carte di mio padre, questo scritto, pubblicato integralmente sul numero 11, agosto 1985, di “Il nestri Paîs” bollettino parrocchiale di Cavazzo Carnico, che, parendomi interessante, riprendo parzialmente. Mio padre parla di un altro ambiente, non globalizzato, ma penso che queste sue parole possano comunque far riflettere.

Geremia Puppini  inizia questo suo contributo, mettendo in risalto il legame tra lingua ed ambiente. «Risulta abbastanza chiaro per tutti – scrive- che la lingua materna, la parlata nativa, è espressione viva di esperienze, conoscenza, sentimenti, emozioni, correlati al vissuto del soggetto parlante, calato in un ambiente ben definito, in una comunità determinata da caratteristici, propri usi, costumi, vicende, tradizioni, forme di lavoro, di produzione, di trasformazione dell’ambiente. (…).
La lingua – prosegue – riesce a saldare senso e significato dell’esperienza […]. La lingua è compendio, frutto, risultato del passato, […], essa aiuta a comprendere i problemi del presente, a stabilire programmi e traguardi per il futuro, con la cultura specifica di cui è portatrice.

Particolari caratteristiche sono riscontrabili nel lessico, nelle strutture morfologiche e sintattiche, nei modi di dire, nelle forme di espressione, adeguate a quella determinata cultura che la lingua rappresenta […].
Alcuni significati dipendono dal modo particolare, di quel popolo, di sentire, gestire, fruire la realtà ambientale ed i rapporti umani.
E’ pertanto da quasi tutti accettato di considerare la parlata nativa come punto di riferimento indispensabile, come fattore fondamentale di riconoscimento di ciascun gruppo etnico, come elemento basilare per stabilire l’appartenenza di ciascun individuo ad una comunità, ad una cultura.

Forse meno riscontrabile – scrive Geremia Puppini – risulta la capacità di comprendere, da parte di varie persone, il grande valore e l’elevata funzione che la lingua materna riveste per la formazione individuale e personale del bambino.
Non sempre, forse, si riflette a sufficienza sul processo complesso che si sviluppa quando il bimbo si impegna a conseguire la competenza nella parlata materna. Alcuni, probabilmente, pensano che possa esser sufficiente […]  una acquisizione pura e semplice di vocaboli, frasi, formule, in modo generico, astratto, formale, seguendo processi di imitazione e ripetizione.
In realtà, invece, l’acquisizione della competenza linguistica, la conquista della conoscenza e dell’ uso della lingua, si effettuano molto concretamente, parallelamente allo sviluppo fisiologico, psicologico, cognitivo, con scelte dipendenti anche dalle strategie personali del bambino […].
(…).
Per raggiungere, infatti, la competenza linguistica, per fare un uso sempre più corretto del codice, per esprimersi e farsi capire sempre meglio si procede, indispensabilmente, lungo la strada di una formazione globale, coinvolgente l’intera persona. Il bambino organizza, e determina, chiarisce, approfondisce e perfeziona in sé e per sé la comprensione ed il significato, il valore ed i limiti delle sensazioni, percezioni, conoscenze. […], acquisendo così la possibilità e capacità di conseguire una rappresentazione del mondo, un presa di coscienza individuale della realtà ambientale e della società in cui vive.
(…).
La lingua materna non solo svolge, nel processo di formazione della singola personalità, una grandissima funzione in campo cognitivo, ma favorisce, anche, il riconoscimento dell’appartenenza ad un gruppo, ad una comunità, della cui cultura anche il bambino è impregnato, società in cui anch’egli si riconosce sempre più consciamente, condividendone struttura, valori, modi di comportamento, forme di pensiero […].

In tal modo il bambino, con la lingua materna, non sviluppa le proprie capacità cognitive in modo astratto e vago, ma costruisce la propria identità più specifica, più profonda, le radici del suo essere, in modo particolarmente e significativamente determinato, secondo la sua identità e le caratteristiche dell’ambiente in cui vive. E crea, così, anche le basi, il nucleo, per resistere all’uniformità e standardizzazione verso cui inclinano sia la società moderna nelle tendenze che si riscontrano, in essa, alla massificazione ed al consumismo, sia A talune lingue, in particolare se nazionali o maggioritarie, specialmente quando, in nome di un certo purismo e grammaticalismo astratti, tendono a soffocare i germi, particolari e molteplici, delle culture minori, in nome di una generica unità.

Che la lingua materna rappresenti l’identità più genuina e profonda dell’uomo, lo dimostra il fatto che essa vien dall’uomo usata per rendere più viva e partecipata la descrizione di eventi personali, per attuare gli sfoghi più immediati e sentiti, per esprimere genuinamente e sinteticamente il “vissuto”, per dare autenticità al proprio pensiero nell’ intimità della famiglia, o con gli amici, quando egli riesce a liberarsi dalla forza vincolante della cesura psicologica e sociale. (…). Lo sviluppo libero dell’espressione autentica in lingua è insostituibile substrato al dispiegarsi delle potenzialità estetiche e creative ma anche del pensiero logico e scientifico.
(…).

L’appartenenza ad un gruppo linguistico, maggiore o minore, può creare piacere ed orgoglio. La soddisfazione per l’appartenenza ad una cultura può comportare fierezza ed apertura, sicurezza, tolleranza, comprensione dei propri valori e di quelli altrui; può però anche sviluppare senso di superiorità e superbia.
E può anche accadere che un gruppo linguistico minore, per eccesso di difesa, per timore, per senso di debolezza, tenda ad innalzare barricate, a chiudersi a riccio entro i limiti della cultura che la lingua da lui parlata rappresenta, sviluppando incomprensioni, disuguaglianze, violenza, disistima tra persone appartenenti a diverso gruppo linguistico.

È naturale che il parlante una lingua minoritaria parli anche una maggioritaria, anche perché quest’ultima permette la fruizione di una maggiore letteratura, di una più vasta e profonda cultura, di una più ricca produzione artistica, di una più moderna terminologia nei vari campi disciplinari ed in particolare scientifici.»

Geremia Puppini, ispettore tecnico della P.I.

L’immagine, di autore ignoto, scattata a Lignano nel 1987,  ritrae mio padre in posizione informale mentre parla ad un incontro pubblico. L’ho scelta perchè mi piace e lo rappresenta in modo migliore che altre. Laura Matelda Puppini

 

 

Laura Matelda PuppiniETICA, RELIGIONI, SOCIETÀHo trovato, fra le carte di mio padre, questo scritto, pubblicato integralmente sul numero 11, agosto 1985, di “Il nestri Paîs” bollettino parrocchiale di Cavazzo Carnico, che, parendomi interessante, riprendo parzialmente. Mio padre parla di un altro ambiente, non globalizzato, ma penso che queste sue parole possano comunque far...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI