Leggendo online  l’interessante: Roberto Del Favero, Gianfranco Dreossi, Giuseppe Vanone, La vegetazione forestale e la selvicoltura nella regione Friuli Venezia Giulia, pubblicazione a cura della Regione Friuli Venezia Giulia, 2016, si evince che vi sono diverse tipologie di bosco anche in Carnia e Fvg: vi sono faggete montane, submontane, altimontane, zone a pino mugo, pino nero e pino silvestre, boschi di abete, peccio e faggio, peccete, boschi misti di faggio e peccio, in alcuni casi anche con abeti, ed ancora boschi di larice, salice, robinie, ontani.

Lo studio analizza questi diversi tipi di bosco, tratta il problema della ricolonizzazione, e neo – colonizzazione, l’importanza delle opere frangivento, realizzate sia con siepi che con alberi, per la regolazione climatica e idraulica, la validità di muretti e di terrazzamenti, il ripopolamento naturale in Regione, la presenza di piante esotiche, tra cui pare che quella più diffusa sia la douglasia, detta anche Abete di Douglas o Pino dell’Oregon, in bosco misto. Dagli anni ’30 agli anni ’70 del Novecento, sono state fatte in regione diverse sperimentazioni per introdurre piante esotiche, ma poi tale scelta fu abbandonata nella nuova ottica di silvicoltura naturalistica, e per la mancanza di mercato per un legno così particolare. (Ivi, p. 535).
Inoltre gli autori della pubblicazione citata si pongono il problema della diversificazione e variabilità dei contesti ambientali regionali e si soffermano sul fatto che la risorsa forestale è fondamentale per molti aspetti, compreso il micro- clima e la formazione del soprassuolo, e non può, quindi, essere vista solo in funzione del suo sfruttamento pratico. (Ivi, pp. 16-17).

Ed ancora: nell’analizzare i vari tipi di bosco, essi definiscono gli stessi “sistemi forestali”, che però possono esser stati, in maniera maggiore o minore, alterati dall’uomo. Ed evidenziano come eccessi o difetti di acqua nel suolo creano negli alberi situazioni di stress, (Ivi, p. 29), come altre modificazioni nello stesso e nella luce.

Dal punto di vista del paesaggio, poi, la Carnia viene qui descritta come territorio che presenta una morfologia varia, con substrati di vario tipo e calcarei in particolare in Val Degano, (Ivi, p. 63), mentre aspetti climatici incidono sulla tipologia presentata dal bosco. Per esempio nella Val Tagliamento, nella bassa Val But e nella bassa Val Degano, il penetrare all’interno di correnti caldo- umide ha portato al formarsi di boschi misti di latifoglie e conifere (Ivi, P. 70).

Per quanto riguarda le piantagioni, se il bosco serve per produrre legna da ardere, sono da preferire piantagioni di ceduo, (Ivi, p. 126), ma è anche vero, e questo lo dico io, che negli anni ’50 – ’70, molti piantarono abeti sperando nella vendita del legno alla Cartiera di Tolmezzo, che però poneva a dimora, nei paraggi dello stabilimento, pioppi e betulle, per utilizzali nella produzione di cellulosa. Inoltre il costo del taglio e trasporto del legno locale, suddiviso in mille piccole piantagioni, risultò troppo alto, a fronte della convenienza di acquistarlo all’estero, se ben ricordo.

Ma già in epoca fascista, in Carnia, era invalso l’uso di sostituire il bosco locale con piantagioni di abete, che però non permettevano la presenza di un variegato sottobosco e mostrarono, nel tempo, tutti i loro limiti. Così scriveva Vittorio Cella nel suo “Modesto Libro di Mie Memorie”, redatto poco tempo prima di suicidarsi, nel 1938, sottolineando di aver rappresentato il comune di Verzegnis nel Consorzio Boschi Carnici: «In tale veste ho avuto la soddisfazione di consigliare e far eseguire dei trapianti di resinoso sui boschi di Faeit e Valle Englaro di proprietà del Consorzio su siti in territorio di Verzegnis». Egli continua dicendo che, nel 1920, aveva fatto eseguire un trapianto di piantine di abete nel margine inferiore del Bosco Faeit, onde delimitare la proprietà del Consorzio da quella di privati, che, dal 1926 al 1934, aveva preso l’iniziativa di trasformare circa 30 ettari dello stesso bosco, fatto di faggio, in pecceta, tagliando le piante di latifoglia e sostituendole con ben 20.000 abeti. Stessa operazione era stata fatta anche in Valle Englaro, (Sella Chianzutan? n.d.r.) dove circa 40 ettari di bosco di latifoglie erano stati trasformati in pecceta, tagliando il bosco pregresso e piantando al suo posto 150.000 resinose oltre che 600 piante esotiche, ed abeti e larici da lui forniti.
Ed anche in località Chiavalaria egli aveva sostenuto il rimboschimento di circa 100 ettari di terreno “nudo e pascolativo” di proprietà del Comune di Verzegnis, posto lungo la via che dalla borgata di Pozzis portava al ponte sul Piombada e superiormente, a protezione della via, e contro gli smottamenti. Ivi erano state poste a dimora 600.000 piantine, e per questa opera, sostenuta dal Console della Milizia Forestale ing. Sperotto, si erano spese ben 200.000 lire, all’epoca una cifra notevole. (Vittorio Cella, Modesto Libro di Mie Memorie, in: Laura [Matelda] Puppini, Cooperare per vivere. Vittorio Cella e le Cooperative Carniche, 1906-1938, Gli Ultimi, 1988, pp. 209-210, volume leggibile online su www.nonsolocarnia.info).

In sintesi spesso l’uomo è intervenuto sul bosco per fini economici, tenendo conto solo degli stessi, non sempre con scelte adeguate. Io ho dovuto fare dietrofront un anno, quando lavoravo a Verzegnis, perché lungo la statale che porta dal Ponte Avons a Chiaulis, una nevicata aveva fatto cadere alcuni pecci di una piantagione, che, a loro volta, si erano abbattuti sugli altri, piantati in fila, come birilli.

Per quanto riguarda il taglio del bosco, che deve avvenire seguendo norme stabilite, esso deve venir effettuato in periodi precisi dell’anno (Roberto Del Favero, Gianfranco Dreossi, Giuseppe Vanone, op. cit., p. 126), e dovrebbe preservare anche una parte di arbusti (Ivi, p. 127), pure in Carnia presenti, oltre che suolo e sottosuolo. (Ivi, p. 128). Non a caso i nostri vecchi avevano una mappa dei periodi e chiari di luna in cui tagliare legno in particolare per usi artigianali. Inoltre gli autori dello studio sopraccitato, guardano, per il taglio di alcuni specifici boschi, anche all’esperienza Svizzera. (Ivi, p.220).

Nelle fasce basse ove predominano terreni abbandonati prima coltivati a prato, ma anche lungo le strade nelle strette valli, si espandono, naturalmente, acero e frassino, che si fermano quando raggiungono la fascia del faggio, uniti al nocciolo ma anche all’abete rosso, spesso naturale (Ivi, p. 203), mentre in Carnia, ove sono state tagliate peccete artificiali, come nelle basse Val Degano e Val But, si è insinuato di prepotenza il nocciolo. (Ivi, p. 243).

In Carnia, Val Canale Canal del Ferro si trovano faggete montane, ove sono presenti pure abete bianco, ed abete rosso, sia occasionale che non (Ivi, p. 266), e si trovano pure faggete primitive di rupe, poste in scoscesi pendii. (Ivi, p. 280). Ma anche per il mantenimento dell’equilibrio fra peccete e faggete, gioca, secondo gli autori dello studio, un ruolo non di poco conto la vastità dell’area in cui si eseguono i tagli e la loro regolarità o meno. (Ivi, p. 292). Inoltre tagli eseguiti occasionalmente o senza seguire delle regole precise rischiano di incidere sul fattore luce, e non si può tagliare un anno dopo l’altro. Bisogna rispettare tempi, natura, suolo. (Ivi, p. 318- 322).

Esistono poi pinete, ma in Carnia sono poche, e talvolta il pino nero si trova unito al silvestre ed all’abete rosso, mentre più diffuse sono le piceo- faggete. Caratteristiche vengono considerate le piceo- abietete in suolo acido sopra Ludaria, in Plan di Solz-Rigolato; nel bosco di Tualis lungo la strada in esposizione ovest-Comeglians; in Selva-Ligosullo; in Vieila e Moratedis – Paularo. (Ivi, p. 432). E negli abieti -piceo- faggeti bisogna star attentissimi a non alterare con i tagli l’equilibrio ecologico, tenendo conto del fatto che in montagna il rinnovamento è lentissimo.

Insomma, questo studio, come molti altri leggibili anche online, ci mostrano l’incredibile ricchezza di vegetazione presente in Fvg, le cure ed attenzioni da porre ai tagli ed al bosco, e i possibili danni allo stesso per azione dell’uomo. Roberto Del Favero, coautore e curatore dello studio è professore ordinario di Assestamento Forestale e Selvicoltura nell´Università di Padova, fa parte di vari Comitati tecnici e scientifici predisposti da Enti Pubblici, è consulente di varie Regioni per le tematiche relative alla gestione delle risorse forestali, è autore di diversi volumi sul bosco e la selvicoltura anche alpina; Gianfranco Dreossi è dottore in scienze forestali e lavora presso il Servizio gestione forestale e produzione legnosa della Regione Fvg; Giuseppe Vanone è pure funzionario regionale Fvg nel settore foresta e agricoltura.

Questa premessa fa capire perché è importante interessarsi alla gestione del bosco.

Così, per avere qualche informazione in più, il 28 aprile 2017, dovendo andare al centro di Tolmezzo per altri motivi nonostante la pioggia battente non desse segni di tregua, ho deciso di recarmi presso gli uffici della forestale, per chiedere informazioni sui controlli nel taglio del bosco. Sono stata ricevuta dal gentilissimo dott. Alessandro Simonetti, che ringrazio, che mi ha chiarito alcune questioni.

La prima è che non esiste un Regolamento Forestale univoco in Italia, ma, qui come là, si seguono Regolamenti Regionali, in particolare in Fvg è normativo il Regolamento forestale in attuazione dell’articolo 95 della legge regionale 23 aprile 2007, n. 9 (Norme in materia di risorse forestali) leggibile in: http://lexview-int.regione.fvg.it/FontiNormative/Regolamenti/D_P_REG_0274-2012.pdf.

Leggendolo, da profana, mi sono soffermata su alcuni punti. In detto Regolamento all’Art. 4 comma 6, si legge che, per superfici variabili fra 50 e 200 ettari può (attenzione, non deve) essere compilata una scheda forestale che sarà la base della pianificazione anche per quanto riguarda la tempistica degli interventi.Il comma successivo, n.7, richiama poi il Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, mentre il comma 8 così recita: «In assenza degli strumenti di cui al comma 7, la pianificazione forestale assicura la conservazione degli habitat naturali e seminaturali, degli habitat di specie o delle specie di interesse comunitario presenti», il che a me non è poi così chiaro per quel “comunitario” che non si sa che significhi nel contesto, ma forse è riferibile ai siti Natura 2000, qui in oggetto. E mi si dice, in effetti, che le specie e gli habitat d’interesse comunitario (relativo all’Europa) sono definiti in appositi elenchi.

Quindi il Regolamento forestale regionale Fvg prende in esame la stesura del Piano Forestale Regionale, (PFR) che è lo strumento economico, programmatico e gestionale di riferimento per i piani pluriennali di opere ed interventi nel settore forestale, (Art. 4 comma 1), che si somma, da che ho compreso, ad un “Piano di Gestione Forestale” (PGF), visto come lo strumento di pianificazione della proprietà silvo- pastorale e di indirizzo per la gestione selvicolturale della proprietà forestale e per la stesura dei Progetti di riqualificazione forestale ed ambientale: acronimo PRFA (Art. 4 comma 2). Ma qui confesso che inizio a perdermi nella comprensione dei compiti specifici di PFR e PGF, e prego di spiegarmeli in termini semplici e concreti, come di chiarirmi se essi siano mai stati approntati. Da che ho compreso, parlando con persone più esperte di me, il PGF potrebbe esistere, il PFR, pur previsto, manca. Un po’ non sono giovane, un po’ non sono laureata in economia o legge o scienze forestali, un po’ penso, come mio padre, che in Italia ora siano presenti troppe leggi e norme, scritte con un linguaggio complesso, talvolta nebuloso ed incomprensibile, che possono solo dar adito a interpretazioni e vertenze legali, e che finiscono per incidere sulla chiarezza e governabilità da più punti di vista e su più aspetti del nostro paese.

Inoltre e fino alla pubblicazione sul Bollettino Regionale delle direttive per la sua stesura dei PRFA da parte dei proprietari privati, vigono le direttive generali della Giunta regionale 21 maggio 2004, n. 1310 (Direttive per la redazione dei piani di gestione delle proprietà forestali, piani integrati particolareggiati e progetti di riqualificazione forestale ed ambientale e per la pianificazione e realizzazione delle vie terrestri ed aeree di esbosco). (Art. 6. comma 1 e 3).
E dato che ho già detto che mi sono persa nella comprensione di questo testo, dico che a me risultano incomprensibili i comma 4 e 5 dell’Art. 6. In sintesi non ho capito chi debba stendere questo benedetto PGF, se la Regione anche per i privati, ma pare di no, se i privati per le loro proprietà, e pare di sì, ma a questo punto mi chiedo come facciano i privati a normarsi da soli. Infatti chi ne sa più di me mi ha scritto che la pianificazione per i boschi, dal 1923 è prevista solo per quelli pubblici.

Inoltre il comma 7 dell’art. 6 precisa che però, mentre l’entità delle utilizzazioni complessivamente previste dal PGF è vincolante; l’entità per singola particella non lo è, e può essere disattesa in considerazione delle effettive esigenze selvicolturali definite dal PRFA (Progetto di riqualificazione forestale ed ambientale), che non è altro che il progetto di taglio, come spiegatomi, e che è lo strumento che definisce quanto e come si può prelevare dal bosco. Esso è soggetto all’approvazione da parte dell’Ispettorato forestale. Inoltre gli interventi previsti nel PRFA possono essere anticipati in presenza di rinnovazione naturale affermata ovvero negli altri casi previsti. (Art. 6 comma 7).
Ed ancora: qualora risulti superata l’entità delle utilizzazioni complessivamente previste, su domanda della proprietà e previo accertamento dello stato selvicolturale del soprassuolo, possono essere approvati, con decreto del Direttore centrale della Direzione Regionale ora Risorse Agricole, Forestali e Ittiche (ma l’Assessorato ha cambiato più volte nome), un maggior prelievo e la rideterminazione dell’entità delle utilizzazioni consentite per il rimanente periodo di validità del PGF. Ma ciò va,secondo me,contro quanto scritto in precedenza. Infine «per i tre anni successivi alla scadenza del periodo di validità del PGF, la proprietà può eseguire utilizzazioni nei limiti della ripresa media annua prevista, e successivamente può eseguire utilizzazioni nei limiti del 70 per cento della ripresa media annua prevista, ma che, in teoria, potrebbe poi non verifcarsi.

«La proprietà forestale può chiedere modifiche e integrazioni del PGF in vigore per specifiche esigenze non prevedibili al momento della redazione quali la rideterminazione dell’entità delle utilizzazioni a seguito di interventi forzosi e la rideterminazione delle esigenze riguardanti la viabilità forestale o altre infrastrutture forestali».
L’articolo 7 parla poi di un altro piano il PFI, previsto dall’art. 11 della LR.9/2007. Ma mi si dice che si trattava di una forma di pianificazione semplificata che non esiste più in quanto abrogata con LR. 11/2014. (Legge regionale 26 giugno 2014, n. 11. Disposizioni di riordino e semplificazione in materia di risorse agricole e forestali, bonifica, pesca e lavori pubblici).

Ma scusatemi, io non ho capito molto e avrei capito ancora meno se non fossi stata aiutata a comprendere qualcosa, ma mi pare che, in sintesi, in Regione Fvg il proprietario abbia ampia discrezionalità di azione, fino alla richiesta di ridefinizione in base alle sue necessità, e non so come con questa normativa si possa parlare di reale pianificazione e tutela del bosco. Ma, come il solito, non essendo materia mia, può darsi che sbagli e se erro correggetemi.

Infine il testo riconosce il PRFA che pare sia la scheda forestale prevista alla L.R. 11/2014, come lo strumento di esecuzione dell’attività di gestione forestale, e può comprendere anche interventi di manutenzione e realizzazione di viabilità secondaria, il che fa sfuggire questi aspetti alla pianificazione globale, e vede le strade solo in funzione di chi taglia, ed interventi di carattere idrogeologico e funzionali alla riqualificazione ambientale, termine generico. Anche questo aspetto, limitato ad una mera e sola approvazione di un PRFA boschivo, pagato dal proprietario, fa paura. In Fvg, pare che il privato abbia una tale discrezionalità di azione che impensierisce almeno me. Ma posso sbagliarmi.

Il resto del testo normativo in analisi riporta una serie di norme per il taglio sulla base di singole tipologie di fustaie e boschive; relative al taglio, allestimento e sgombero dei prodotti legnosi; alla gestione dei boschi pubblici, al controllo. Altre norme riguardano gli alberi di Natale, e le imprese forestali, che però possono anche subappaltare ad altre (Art. 38, comma3), e basta che abbiano, sinora, il certificato di idoneità forestale. Ma sotto i 200 mc, ognuno può arrangiarsi come può, anche se, secondo una persona che opera nel settore, attualmente pure in questa situazione bisogna presentare una dichiarazione di taglio, che descrive l’intervento e sul quale il CFR (cioè il Corpo Forestale Regionale) ha possibilità di imporre prescrizioni, aspetto confermato dal dott. Simonetti. Infine non si può trasformare in altro il bosco (Art. 47 comma 1), e neppure in una radura, dico io, ma naturalmente ci sono eccezioni. Comunque, al di là di deroghe o casi particolari che permettono attività diverse, il Corpo forestale conserva comunque una decisa facoltà di controllo.

Ma ritornando al dott. Alessandro Simonetti, egli mi ha detto che il Corpo Regionale Forestale segue le indicazioni di questo Regolamento di riferimento, approvando o meno i piani presentati e quindi facendo adeguati controlli. Il progetto di taglio (PRFA), da presentare all’Ispettorato forestale, è obbligatorio per utilizzazioni superiori a 200 mc. lordi. Per utilizzazioni di boschi privati da 50 a 200 mc è sufficiente una dichiarazione di taglio da compilarsi presso la Stazione forestale competente. I tagli al di sotto della soglia dei 50 mc sono invece liberi. I controlli da parte del personale forestale vengono svolti su tutte le utilizzazioni, a prescindere dall’entità dei tagli.
L’Ispettorato forestale ha autorizzato, nel corso degli ultimi anni, il taglio forzoso da parte degli enti gestori di viabilità, elettrodotti…. ed in altri casi.
Inoltre non solo una ma più ditte austriache possiedono boschi in Regione, e tagliano anche su terreni di terzi, collezionandone i permessi. Ma devono sottostare alla normativa italiana e regionale.

Comunque in: http://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/economia-imprese/agricoltura-foreste/foreste/ si trova pubblicato l’elenco delle imprese forestali che agiscono sul territorio del Fvg, divise tra quelle che utilizzano solo for. Tradizionali e quelle che accanto a for. Tradizionali utilizzano anche for. Specialistiche, ed altre che ultizzano sia for. Tradizionali che Specialistiche che altre attività for., ancora meno precisate, (ove l’abbreviazione “for.” risulta ignota ai poveri cristiani come me), ed invero non sono poche: se ne contano ben 266, moltissime della provincia di Udine, alcune Pordenonesi, qualche trevisana, bellunese, una se non erro, alto atesina, un paio trentine, 9 austriache, 2 slovene, una slovacca. Fra queste: Ditte certificate PEFC, cioè munite di certificazione che attesta che le forme di gestione boschiva rispondono a determinati requisiti di “sostenibilità” definite a livello europeo, pochissime in elenco, e per lo più carniche (29 in tutto se ho ben contato, di cui 1 veneta con anche certificazione FSC, 17 carniche, altre venete, o della montagna friulana). Ma non ha certificazione alcuna quella del grosso proprietario austriaco Eberhart, come tutte le straniere e le molte altre.  Io non ho interessi privati in industrie boschive, ma, da attenta all’ ambiente, credo che, se la certificazione PEFC vale qualcosa, dovrebbero essere favorite in regione le ditte che la posseggono, verificando la stessa. La tutela del bosco nell’azione di taglio non può esser sottovalutata, e credo, da profana, che anche la tipologia dei macchinari debba venir controllata.

Altri problemi che mi sovvengono sono quello che una visione troppo parcellare non tenga conto dell’insieme più vasto, e quello dell’utilizzo in proprio delle nostre ricchezze, aspetto preso in considerazione anche da Confindustria Udine, (Cfr. La filiera foresta-legno per salvare le nostre aziende, in. Messaggero Veneto 1 novembre 2014) e non ultimo il problema del controllo dei valichi e del territorio e la sicurezza ai confini. Infatti il privato potrebbe recintare o far controllare da sue guardie private la sua proprietà, come in America Latina, e potrebbe vendere ciò che possiede ad un qualsiasi altro ricco, pure, per esempio, ad uno sceicco arabo. Inoltre se il proprietario di estensioni vaste di bosco italiano non è cittadino italiano e vive all’estero, credo che la situazione sia ancora più complessa anche per le forze dell’ordine, ma non so se ciò sia vero, ed il proprietario potrebbe far entrare chi vuole nella sua proprietà privata. Mica per nulla Venezia si è precipitata in Carnia, quando la Comunità di un villaggio vendette una intera montagna ad un privato!  Infine vorrei che la Regione Fvg, alla luce della nuova situazione creatasi, valutasse se il suo regolamento forestale sia ancora valido, o se sia importante portarlo a revisione, tenendo conto delle vastità in proprietà di uno solo, mentre pare che anche le proprietà silvo- bosco – pastorali  dei Miccoli Toscano siano in vendita, e che proprietari, anche non più in Carnia, continuino ad essere contattati per vendita di boschi carnici. Ma su questi aspetti chiedo conferme, e vorrei che del problema si interessasse subito la Regione Fvg. perché i “si dice” possono essere anche poco veritieri. E i “si dice” sono molti sul bosco carnico e sua gestione. Ma uno potrebbe venir confermato: si acquistano boschi in alto, e forse qualche malga, ed il problema dell’avanzare della vegetazione nei prativi permane.

Scrivo queste mie righe, come già precisato, da profana in materia, ringraziando veramente ancora una volta chi ha cercato di aiutarmi a capire; senza avere interesse privato alcuno nel settore; senza voler offendere alcuno, solo per esprimere opinioni documentate e riportare su questi temi il dibattito in modo informato. Io amo la mia terra, e della stessa parlo. L’immagine che accompagna l’articolo è tratta, solo per questo uso, dall’articolo: “Bolzonello, investimenti sul sistema delle malghe, 20 agosto 2014”, in: http://www.tabletquotidiano.it/montagna-bolzonello-investimenti-sul-sistema-delle-malghe/.

Laura Matelda Puppini

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