Il primo dicembre sono andata ad ascoltare il convegno “La montane dai Sants: alluvione 2018. Conoscere e capire per saper gestire”, che si è tenuto presso l’isis Fermo Solari di Tolmezzo. Sono intervenuti, all’inizio dell’incontro, il sindaco di Tolmezzo Francesco Brollo e la dirigente scolastica Manuele Mecchia, ma, avendo un impegno improrogabile alle ore 9, non sono riuscita a sentirli e mi scuso con loro e con altri che avessero preso la parola prima di Marco Virgilio, con cui inizia la mia registrazione. Quindi, sono intervenuti, nell’ ordine: Massimo Valent geologo; Flavio Cimenti ispettore del corpo forestale regionale; Matte Cuffolo ingegnere ambiente e territorio; Alberto Candolini, biologo ambientale. L’incontro è stato diviso in due parti: la prima intitolata: ‘Gli eventi e gli effetti sui versanti e sulle vallate, la seconda: ‘Torrenti, fiumi ed aree goneali’. I vari interventi erano supportati da interessanti immagini in sequenza, ma spero di rendere i concetti ugualmente.

Riporterò ogni intervento con un articolo, per non rendere la lettura difficoltosa. Questo è il primo.

MARCO VIRGILIO- GIORNALISTA, METEOROLOGO, OPERATIVO A TELEFRIULI. 

Qualcuno ha sottolineato come un’alluvione, accompagnato da vento così forte come quello avvenuto alla fine di ottobre e primi giorni di novembre 2018, nella montagna friulana non si fosse mai visto, ed in realtà è vero, perché non c’è mai stato. Ed anche la raffica di vento di Monte Rest, che ha toccato i 202 chilometri orari, è certamente importante, ma neppure quella ha distrutto gli alberi come è successo in certe vallate della Carnia. Ma, recatomi in val Pesarina con l’ispettore forestale Flavio Cimenti, per una analisi dei boschi distrutti, ho notato un aspetto molto interessante. Tutta la zona che va da Piani di Casa a Forcella Lavardet aveva gli abeti ed anche i faggi completamente distesi, mentre in altri luoghi vi erano pure piante spezzate e sradicate, ma ciò poteva dipendere dal terreno.

Quello che stupiva lì era che tutti gli alberi avevano la punta rivolta verso la direzione del vento. E si capiva che non erano stati abbattuti dalla raffica di vento di scirocco ma da qualcosa d’altro, cioè dal modo in cui si era mosso il vento. Un vento con raffiche a 200 chilometri orari aveva raggiunto le montagne di Sauris, a sud della val Pesarina e le aveva superate in parte cadendo, in parte ondulandosi a ricciolo di burro, e facendo il rotore in discendenza totale sul versante opposto, in zona ‘Creton di Clap’, e precipitando pure in caduta, investendo gli alberi da nord e distendendoli.

In altre zone, invece, nel corso dell’alluvione, sono avvenuti fenomeni di turbolenza locale, come per esempio in val VIsdende, già Veneto, dove vi è stata una distruzione incredibile di bosco. Ma la Val Visdende ha una zona di ingresso molto stretta, che poi si apre a ‘V’, ed in quel corridoio il vento, probabilmente, si è incanalato benissimo, ed ha prodotto un ‘effetto Venturi’ che, unito a effetti di caduta, ha creato un disastro ambientale.

È sicuramente piovuto tanto, ma certamente meno che nel 1966, ed è piovuto sino in cima alle montagne carniche, prive di neve. Ed è piovuto tanto per la montagna mentre in pianura, ma anche a Musi e Barcis, è piovuto molto meno. Questa volta le piogge sono state trasportate dai venti all’interno delle zone alpine, che in genere sono esenti da fenomeni piovosi della portata di quelli dell’alluvione 2018. Sappada ha avuto quasi 600 millimetri di pioggia in una manciata di giorni, come del resto Cave del Predil. Quindi vento e alta piovosità hanno scatenato, in particolare nella zona Sauris Sappada, Val Pesarina, qualcosa che ha inciso in modo importante sull’intero territorio. Ma questo evento verrà ricordato, più che altro, per la forza del vento.

Virgilio ha detto, poi, che non si può sostenere, tra l’altro senza avere alcun termine di confronto, ma basandosi solo su evento nuovo, che quanto accaduto alla fine del mese di ottobre e primi giorni di novembre in Carnia e sulla montagna Veneta sia il frutto del riscaldamento climatico, ma indubbiamente, allora, il Mar Mediterraneo era estremamente caldo da mesi, e c’erano stati ben tre cicloni simil-tropicali nell’ arco di un mese, che avevano colpito la zona tra il Tirreno e la Grecia. Come non pensare che questo sia un segnale che qualcosa non va, che non tutto è come prima? Ed anche l’erba verde a Sappada nel mese di novembre, sta a dimostrarlo.

Ed anche in Carnia ed in Friuli il mese di ottobre è stato caldissimo, con temperature di tre, quattro gradi sopra la media, ed il Friuli ha avuto un periodo, da metà aprile ad oggi, sistematicamente al di sopra delle temperature medie stagionali. E proprio nell’Artico e nel Mediterraneo, che sono le cartine di tornasole del pianeta, si sono verificate, nel corso dell’anno, temperature molto più alte della media. Meno risentono invece gli Usa dell’innalzamento delle temperature, per questioni di circolazione atmosferica.

Immagine da: https://www.ilfriuliveneziagiulia.it/legambiente-friuli-venezia-giulia-sui-disastri-del-maltempo-non-sottovalutare-i-cambiamenti-climatici/.

Qualcuno ha detto che questo è un fenomeno che rompe con il passato e apre ad un futuro ancora ignoto, e si può concordare su questa considerazione. E probabilmente ci si dovrà abituare ad avere fenomeni frequenti di questa portata nei prossimi decenni. E sarà meglio fare subito qualcosa per arginare il progredire veloce del riscaldamento climatico, perché, altrimenti, i figli dei nostri figli avranno a che fare con una situazione che la terra non ha mai vissuto prima, dato che, alla fine del 2100, è previsto un aumento della temperatura della terra di 6 °. E l’aumento vertiginoso delle temperature, e l’uscita della terra dal suo ciclo climatico, sono dovuti, principalmente, all’industrializzazione.

Il vero problema quindi non è il mutamento, ma la velocità con cui si sta realizzando, dove ci porterà, e l’adattamento dell’uomo e di flora e fauna alla nuova situazione. E questo ce lo dicono in particolare la natura e gli animali: qui è ritornato dopo mezzo secolo il castoro, specie arrivano da climi più caldi si adattano a vivere qui, piante salgono di quota, la vita marina muta, i ciliegi sono fioriti due volte, i girasoli sono ricresciuti due volte, e nessuno può per ora sapere cosa potrebbe succedere nel 2100.

L’ atmosfera è un sistema delicato, e non è poi così difficile influire sulla stessa, e non dobbiamo dimenticare che ci sono sei miliardi di uomini a vivere sulla terra, con un consumo e fabbisogno energetico in aumento, mentre continuiamo a bruciare gas ed elementi fossili che la natura ha incamerato in tre quattrocento milioni di anni. Ed alla fin fine trattasi di energia solare che l’uomo ha messo in circolo nell’ atmosfera in una cinquantina d’anni, ed in particolare sta emettendo adesso. 

Infine, per ritornare al Friuli, esso è una delle zone più sensibili alle variazioni climatiche, e questo 2018 resterà, per il nostro territorio, uno dei più caldi della sua storia. I climatologi dicono che il Mar Mediterraneo tende alla desertificazione, cioè all’inaridimento. In Friuli, per quanto riguarda la zona alpina, vi saranno piogge di maggiore intensità ma più concentrate nel tempo. Per esempio, ad ottobre vi sono stati 20 giorni senza una goccia ed è piovuto solo tre volte, ma nel corso dell’ultimo episodio, in tre giorni si è riversata sul territorio una quantità di acqua pari a due o tre volte quella media del mese.
Insomma, si va verso eventi piovosi più rari ma più intensi e quindi devastanti, come nella montagna carnica sta già avvenendo, mentre parallelamente si alza il livello altimetrico delle nevi. Ma mentre la terra può vivere senza di noi, noi non possiamo vivere senza la terra.

I giovani devono prendere coscienza di queste problematiche e non seguire certi anziani che lo sottovalutano, e che dicono che il cambiamento climatico è una fola, ma non è così, basta pensare al Friuli- Venezia Giulia con 26 gradi e le maniche corte ad ottobre, per capirlo.   

Immagine da: https://www.valigiablu.it/trentino-friuli-veneto-maltempo/

In sintesi Marco Virgilio ha chiarito, con interessanti immagini, come si sono formate le eccezionali situazioni metereologiche della fine di ottobre e primi di novembre, e come non sia stata solo la velocità del vento ad aver abbattuto gli alberi, ma il suo tragitto, il suo movimento.  Inoltre, ha sottolineato la strana situazione meteorologica creatasi fra Italia e Francia, ha ricordato le temperature alte per un tempo lungo mai viste prima sul Mediterraneo, ha puntato il dito anche sulle modificazioni meteorologiche presenti sul pianeta, come concausa di un aumento dei danni ed una tipicità di fenomeni, con giorni e giorni di secco seguiti da piogge intense, più intense che in passato. Ciò ha prodotto una serie di problematiche che hanno generato gli ultimi fenomeni atmosferici che hanno colpito in modo massiccio in particolare la montagna, con una intensità e caratteristiche mai viste in precedenti alluvioni.

Laura Matelda Puppini

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Io ho registrato, ascoltato, riportato l’intervento di Marco Virgilio, che ringrazio per quanto ci ha narrato. Laura Matelda Puppini

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