Parla Maurilio Venuti della Cisl.

Ritorno, in questo mio articolo, all’incontro di Moggio Udinese per riportare altri interventi, in particolare quelli dei sindacalisti.  Il primo a prendere la parola per loro, su invito di Ira Conti  è stato il signor Maurilio Venuti della Cisl, che aveva già partecipato ad altre riunioni di questo tipo. Il rappresentante sindacale ha incominciato il suo intervento facendo riferimento al titolo dell’ incontro: “Dove va la sanità pubblica?” che, a suo avviso, richiede una risposta. Quindi ha continuato dicendo che nel corso dell’ intervento, vorrebbe cercare di dare una chiave di lettura al problema in modo che ognuno possa farsi un’ idea personale su quanto sta accadendo. Ed egli si considera un cittadino come gli altri e, come tanti, è molto preoccupato per la situazione creatasi, anche perché non è più giovane. In queste settimane – ha continuato – sulla stampa locale, in particolare sul Messaggero Veneto, c’ è stato un proliferare di articoli sulla sanità regionale del Friuli Venezia Giulia. E la cosa lo ha un po’ insospettito perché ho pensato che questo fosse il prodromo di una modifica ulteriore della sanità regionale, preparando la gente alla minestra già pronta, dicendo sin da ora: «Guardate, visto che la nostra sanità è in difficoltà,  questa è la soluzione che daremo ai problemi evidenziati» senza analisi alcuna, e senza chiedersi se le soluzioni miglioreranno o peggioreranno l’esistente.

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Quindi  Maurilio Venuti ha continuato prendendo come per esempio il problema dei medici di base. Migliaia di cittadini in Fvg sono senza medico di base, ed in Alto Friuli la situazione è davvero critica, perché i medici di base operativi sono davvero molto pochi. A questo punto però bisogna essere chiari: non c’è risposta immediata ad un problema di questa portata, che si è lasciato incancrenire. Forse fra un paio di anni la situazione si attenuerà, ma nulla di più e ci vorrà davvero tempo per ritornare a regime e superare questa situazione. Nel frattempo noi cittadini, volenti o nolenti, ci beccheremo il medico di vallata o soluzione estemporanee sul territorio. Ma, ha continuato il sindacalista, a questo punto siamo noi che dobbiamo pungolare le forze politiche ad essere davvero più attente, visto che la programmazione sanitaria è compito loro.

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E vi è pure un problema legato alle liste di attesa. Ed è un problema che incontriamo un po’ tutti quando andiamo a prenotare una visita od un esame prescritto, perché a tutti è capitato di aver ricevuto come risposta che essa verrà erogata fra 8, 10 mesi od un anno. La soluzione prospettata dalla Regione è quella di aumentare il ricorso al privato accreditato. Certamente questa è accettabile ma solo se è vista come una soluzione di emergenza, però quello che manca in tutte le linee guida regionali è una riga, dico una, su come mettere il sistema pubblico in condizione di risolvere questa emergenza. C’ è semplicemente la decisione di trasferire denaro pubblico al settore privato, che ha come sua missione finale il profitto.

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E questa scelta regionale è un aspetto di cui tengono conto anche i medici ed infermieri che sono passati e stanno passando al settore privato: perché lavorano meno e sono pagati meglio. Ma ci dovremmo chiedere perché il privato, attualmente, sta assorbendo tanti operatori del settore pubblico, pagandoli poi anche meglio? Perché il privato ha la certezza di ricevere denaro pubblico, mentre se dovesse tirar fuori i soldi da solo, figurarsi se assumerebbe tutti quei medici! Pertanto l’unica certezza che abbiamo tutti, operatori in sanità compresi, è quella che vi è, da parte della Regione, un cospicuo passaggio di denaro pubblico a privati, con il rischio di ritornare a prima della riforma del 1978, quando chi lavorava poteva avere la sanità, e gli altri si attaccavano al tram!.

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E noi dobbiamo prendere coscienza di questa situazione reale che tutti accomuna, indipendentemente dalla nostra appartenenza politica, e ricordandoci che noi, del Fvg, non abbiamo delegato nessuno a decidere in toto su di un settore così importante per noi come la sanità, non abbiamo dato a nessuno carta bianca, non abbiamo dato questo tipo di autorizzazione. Ed è necessario far capire questo alla Regione. Pertanto il 4 di maggio dobbiamo essere in tanti a Tolmezzo, perché solo se siamo in tanti, “la sveglia arriva”.  E se ciò non avverrà, sarà alto il prezzo che pagheremo sia noi che i nostri figli.

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Ancora dal mio intervento.

Terminato l’intervento del sindacalista della Cisl Maurilio Venuti, la parola è passata al pubblico, per inframmezzare gli interventi,  ed ho iniziato a parlare io, Laura Matelda Puppini. Gran parte del  mio intervento è già stato riportato in forma ampliata, nell’ articolo, qui pubblicato dal titolo: “Incontro a Moggio Udinese. Si è parlato di sanità regionale ed anche contro la chiusura del punto nascita di Tolmezzo e sulla crisi generale del ssn. Ma aggiungo dalla registrazione solo un aspetto che ritengo scandaloso: nessuno dell’ Assessorato regionale o della giunta si è mai presentato ad incontro alcuno, vivendo i cittadini come degli oppositori, né Riccardo Riccardi, il non eletto,  né Massimiliano Fedriga, né alcuno dell’ Azienda Sanitaria Asufc, diretta Denis Caporale, di cui si legge, sul curriculum, che aveva svolto, in precedenza, all’ interno dell’Aas3  una attività di «gestione dei rapporti sindacali, gestione delle risorse umane, riesame dell’ assetto organizzativo dell’Ente».  (https://www.regione.fvg.it/rafvg/export/sites/default/RAFVG/salute-sociale/sistema-sociale-sanitario/FOGLIA140/allegati/CAPORALE_DENIS.PDF). Ma forse se ne è dimenticato, visto come sta reggendo, pare sempre più in solitaria Asufc,  o forse, in precedenza,  nessun ha mai controllato come abbia svolto queste attività. Ma chi si chiude nel palazzo, ha deciso di governare come un capo assoluto, senza confronto alcuno, senza seguire alcun metodo democratico.

Sappiamo però, sempre dal suo curriculum, che Caporale ha lavorato pure per “Euro&Promos Group Settore sanificazione e pulizie”, che pare essere la cooperativa di cui era dirigente Sergio Emidio Bini, a meno che non si tratti di una omonimia, per seguire “lo sviluppo della politica commerciale dell’azienda e l’acquisizione di società operanti nel medesimo settore e/o in settori affini”.

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Inoltre mi sono soffermata sulla carenza di medici di base in Carnia (il problema non sussiste invee in Canal del Fero e Val Canale nè nel Gemonese) che, da 22, si sono ridotti a 18, che coprono una popolazione di 35 mila abitanti, mentre per coprire i pazienti senza MMG nell’ ambulatorio sito in Tolmezzo è stata chiamata a svolgere il ruolo di medico di vallata la dott. ssa Nadia Durigon, pensionata, che prima lavorava come reumatologa presso il reparto di medicina interna dell’ospedale di Tolmezzo, mentre la dott. ssa Rocco è andata a coprire, sempre in questo ruolo non concordato con alcuno  ed inventato lì per lì da Asufc, anche Sappada. E i medici di vallata, soluzione emergenziale che sta diventando istituzionalmente fissa, pongono grossi problemi alla popolazione della montagna (pensate che a Sauris la dott. Rocco copre l’ambulatorio solo due ore a settimana , mentre prima era coperto a tempo pieno), ed è inutile che qualcuno ci dica che molti servizi verranno svolti dalle farmacie perché se in un paese manca il medico di base fisso, se la succursale di una farmacia apre qualche ora a settimana è già tanto, ma è un servizio che va a finire. Inoltre anche se uno fa una analisi dal farmacista, introducendo variabilità ulteriori  nei metodi per ottenere i risultati di un esame, è un medico che deve poi leggerlo ed impostare la cura, altrimenti viene distrutto proprio il sistema sanitario, dando compiti a coloro ai quali non competono. In sintesi un farmacista non è un medico.

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Quindi ha preso la parola il dott. Calogero Anzallo.

Il dott. Calogero Anzallo, medico psichiatra e psicoterapeuta  sindacalista della CGIL per il settore della funzione pubblica, si definisce un medico sensibile agli argomenti trattati. Egli si scusa per esser arrivato in ritardo ma ormai i medici che dovrebbero lavorare solo al mattino sono costretti a fermarsi al lavoro sino a sera, in quanto vi è un depauperamento del personale, si è sempre in emergenza, e i medici che sono in servizio arrancano. Ma la salute dei cittadini per loro viene al primo posto. Per esempio – continua il dott. Anzallo-  oggi c’erano 63 casi urgenti in Pronto Soccorso ed in servizio in medicina d’ urgenza c’era la metà dei colleghi rispetto a quelli in organico, e vi sono carenze anche nei reparti, ma pare che  pure sul territorio le cose non vadano meglio. Ma  il potenziamento del ssr sul territorio non avviene per un semplice motivo, perché non si vuole spendere in sanità.  Ed egli ha dichiarato di essere, ora, il responsabile del servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Asufc, ma di sentirsi, fondamentalmente, uno psichiatra che ha sempre lavorato sul territorio, e conosce l’importanza dei servizi di prossimità, che sono i più vicini alla gente e che possono per primi risolvere alcuni problemi reali ed immediati della popolazione e creare, per i cittadini, grazie anche ai MMG, una rete di assistenza e cura anche con l’ospedale, se necessita.

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Però mancano i Medici di Medicina Generale, e non solo qui, e in alcuni luoghi si stanno creando ambulatori di medici di medicina generale a pagamento, in un’ottica di totale privatizzazione del servizio sanitario. Così uno si trova a dover pagare magari 20 o 30 euro per una consulenza e poi, non potendo i MMG privati utilizzare il ricettario del ssn, deve pure pagare per intero ogni farmaco, passando ad una sanità totalmente privata.  Ed il rischio è che la sanità ricada completamente sulle tasche dei cittadini. Ma questa situazione di carenza di MMG era già stata evidenziata nel 2010, quando si era detto, dati alla mano,  che, fra il 2020 ed il 2026, 70.000 medici di base sarebbero andati in pensione sul territorio nazionale. La domanda, allora, era: cosa intendete fare per affrontare questo problema? Nessuno ha fatto nulla.

Eppure nel 2010- 2011 – 2012 si potevano, per esempio, aumentare le scuole di specializzazione e togliere il numero chiuso a medicina: nessuno lo ha fatto. E queste scelte prima o poi si pagano. Inoltre quando un medico lavora 12 ore ogni giorno e fa turni massacranti, allora specializzazioni  che erano ambite, come quella in medicina d’ urgenza, che era una delle più ambite, perché è bello lavorare il pronto soccorso, è bello lavorare nel settore di emergenza, è bello lavorare in anestesia e rianimazione, diventano meno appetibili ed attrattive perché non ci sono le condizioni per lavorare in sicurezza. Se poi a questo si aggiunge il fatto che i nostri giovani laureati in medicina mediamente sanno fluentemente parlare l’inglese e il tedesco e magari anche il francese, e che in Gran Bretagna, Francia e Germania i medici ricevono, mediamente, da una volta e mezzo a tre volte quanto prendono in Italia, ma perché dovrebbero restare qui?  E un medico va dove può fare esperienza, formazione e carriera, e diventare un bravo medico per la comunità di riferimento che non è detto debba trovarsi in Italia, dove le condizioni di lavoro sono quelle che sono, ora come ora. Per cui bisogna cambiare totalmente se si vuole che medici ed infermieri si fermino qui.

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Un’ altro aspetto importante, in questi anni, con responsabilità  del centro destra, del centro sinistra e di tutto il sistema, è che nessuno ha fatto nulla per cercare di affrontare la situazione e cercare di migliorarla,  tenendo conto pure della pressione finanziaria a cui sono sempre più sottoposte le famiglie anche per l’assistenza: pensate solo a quanto costa un posto in casa di riposo!  Inoltre mancano sempre più centri di riabilitazione, ed i tempi per svolgerla si prolungano, mentre si è costretti a trovare un posto sempre più lontano da casa. E un tempo un centro di questo tipo lo trovava, quasi sempre nelle vicinanze,  il MMG di riferimento, ma ora, che pare che non ci siano più medici di medicina generale, il problema interessa la famiglia intera sia nella ricerca di chi eroga la prestazione sia per l’accompagnamento dell’anziano che magari non guida più a chilometri di distanza.  E se l’accompagnatore lavora, deve chiedere magari un permesso da poi recuperare, ed anche questi sono costi indiretti che si riversano sui cittadini.

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A questo punto non resta che unirsi e cercare di fare quello che possiamo organizzandoci. Ed un tempo c’erano le Usl, criticate perché il potere medico era troppo forte ed il medico che dirigeva l’usl faceva spesso i fatti propri, e questo in parte è vero, ma ora si è cambiato sistema e si è passati al dominio della politica sulla sanità, dell’assessore regionale che nomina pure i direttori generali delle aziende sanitarie. Quindi si è passati, in sanità, da un sistema sanitario  ad uno ‘spoil system’, cioè ad un sistema in cui gli alti dirigenti della pubblica amministrazione cambiano con il cambiare del governo.

Ed ora un direttore generale può non essere un medico, mentre un direttore sanitario lo è, ma, indipendentemente dalle persone, il sistema risponde ed attua le indicazioni della politica ed ad un sistema aziendalistico. Ma davvero funziona la aziendalizzazione del sistema sanitario o dobbiamo modificare questo sistema? Avrebbe potuto anche funzionare- ha detto Calogero Anzallo – ma, alla prova dei fatti, dopo 20 anni dalla sua introduzione, possiamo dire che non è risultato rispondente alle esigenze dei cittadini. Il sistema sanità organizzato ad azienda è fallito, e quindi dobbiamo trovare un altro modello.

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Anzallo ha poi aggiunto che, a suo avviso, la sanità dovrebbe reggersi su poli socio- sanitari, le Usl poi Asl non dovrebbero più chiamarsi aziende, perché se le chiami così esse si comportano come aziende vere e proprie, che alla fine dell’ anno tirano una riga di fine bilancio e devono risultare in pareggio senza guardare alla mission, e men che meno alla prevenzione, che non è mai una voce in attivo. Ma la promozione al benessere ed alla salute e la prevenzione primaria, secondaria e terziaria che ne consegue, sono le finalità di un sistema sanitario, e riguardano ogni aspetto anche lavorativo e socio- affettivo della vita di ciascun cittadino, ma allora si capisce come, se facciamo entrare i privati nel sistema sanitario, difficilmente si riuscirà a perseguire questo obiettivo, perché il privato ha come obiettivo dare più prestazioni possibile. E se inviti il privato a fare prevenzione, quello giustamente dice che non è il suo campo, e che questo deve restare alla sanità pubblica.

Ma la sanità privata non è neppure interessata a fare un Pronto Soccorso, che risulta sempre e comunque in perdita, e quindi lo lascia alla sanità pubblica, perché non è remunerativo. Tutto ciò che non rende, quindi, non è interessante per il privato, e si arrangino i cittadini ad organizzarlo con i loro soldi, perché il privato guarda solo a ciò per cui guadagna, non a ciò che può andare in perdita.

E questo, dal punto di vista di noi cittadini, significa che: noi paghiamo le tasse, ci paghiamo la sanità e i servizi che paghiamo con le nostre tasse sono quelli sempre in perdita per mantenere i quali dovremo pagare sempre di più . E secondo il dott. Anzallo questo è un aspetto da tener presente, perché dobbiamo pretendere che il nostro servizio sanitario nazionale, che era un modello noto in tutto il mondo perché universalistico, rimanga tale, e curi il povero come il ricco. E ci sono tre settori che devono restare universalistici: la salute, l’istruzione e il lavoro pagato, con un salario minimo garantito. E il lavoro la sanità e l’istruzione sono i tre pilastri su cui si reggono la nostra Costituzione e la nostra Repubblica , e su di essi non possiamo assolutamente retrocedere.

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Anzallo ha terminato così il suo intervento, ed ha ripreso la parola Ira Conti sottolineando come i Comitati che lottano per la salute pubblica non abbiano partito alcuno di riferimento.

Quindi ha preso la parola Mario Di Gallo, notissimo alpinista di Moggio Udinese, la cui biografia è leggibile in: http://www.quartogrado.com/biografie/Di%20Gallo.htm.   (1.25.18).

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L’intervento di Mario Di Gallo.

Di Gallo ha ringraziato Ira e gli organizzatori per il loro impegno, e ha sottolineato che, però, a discutere di questi problemi, manca la fascia di popolazione dai 18 ai 40 anni, mancano i nostri figli, che, in queste occasioni,  hanno sempre altri impegni. E questo non va bene. Siamo solo noi, più anziani, che vediamo la sanità scivolare lungo un piano inclinato, siamo noi che abbiamo usufruito per anni, indistintamente, di questo  ‘welfare’, di questo benessere, che vediamo scivolare la sanità verso il baratro, ed è proprio al ‘welfare’ che dobbiamo puntare prima ancora che sulla prevenzione. E vediamo il welfare realizzarsi nella scuola aperta a tutti e pubblica, nel trasporto pubblico, nella cultura, nella cura del territorio e dell’ ambiente. E non possiamo certo perdere le manifestazioni del nostro benessere.

E a livello di prevenzione non possiamo dimenticare che ciascuno di noi assorbe lo sporco che ci circonda, che si sono trovate microplastiche persino nel sangue umano. A questo punto è importante cercare di convincere le nuove generazioni che non sono presenti a questo incontro, del valore del ‘welfare’ e della tutela e cura dell’ambiente, perché sono loro che pagheranno in futuro il declino che è iniziato oggi.

Ma è importante non abbattersi, perché se noi restiamo supini davanti a quanto sta accadendo, diamo un cattivo esempio ai nostri figli, e dobbiamo cercare di mantenere quanto di buono vi era nella nostra società in modo che questo scivolare lungo un piano inclinato del ‘welfare’ che sta avvenendo, si arresti. Perché l’immagine del piano inclinato ci si deve fissare nella mente, e dobbiamo fermare questa discesa. E questa deve essere la nostra battaglia, una battaglia che non possiamo perdere, perché ne va del nostro futuro. Grazie.

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Quindi ha preso la parola Bruno Gardel, che si definisce ‘cittadino del mondo’.

Il signor Gardel ha iniziato dicendo che, nel 1948, è stata varata la Costituzione Italiana, che contiene l’articolo 32, che nel 1978  è stato varato il sistema sanitario nazionale universale, e che questi obiettivi sono stati conquistati attraverso un percorso che non è stato facile ma è stato di lotte. Egli ha continuato dicendo che, negli anni ’70, era iscritto alla Fiom, e con la Fiom hanno  combattuto per un mondo nuovo che ora sta sfasciandosi.

Per esempio in sanità la regione sostiene il privato accreditato, ma c’è anche il privato puro, ed è chiaro che se uno deve aspettare tanto una visita, va a finire che ne paga una presso privati, cancellando quanto avvenuto nel 1978. Inoltre c’è chi può pagare 150 euro, chi no, e va a finire che molti rinunciano alle cure. E questo è molto grave.

Un altro aspetto negativo della sanità attuale è la burocrazia. E bisogna rendersi conto che i MMG perdono gran parte del loro tempo a compilare carte, a leggere e seguire circolari.  In verità dovrebbe venire prima la salute dei cittadini, poi la burocrazia,  invece è l’opposto, perché i medici hanno le mani legate e se sbagliano a compilare qualcosa, apriti cielo! Ed anche questo aspetto è da tenere in considerazione.

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Inoltre, come diceva Massimo Moretuzzo, le proposte fatte dalla minoranza in Consiglio Regionale vengono cassate al 90%, quando non lo sono al 100%.  E quindi se va benissimo che le proposte e le attività del Comitato non vengano ritenute né di destra né di sinistra né di centro, non si può negare che quello che sta avvenendo è anche responsabilità dei cittadini del Fvg perché quando si va a votare ci si deve ricordare di chi sostiene la sanità privata e non il sistema sanitario pubblico.

E il signor Gardel ha chiuso il suo intervento ringraziando il piccolo gruppo locale che ha organizzato l’evento, i consiglieri regionali Honsell e Moretuzzo che sono saliti fino a Moggio per portare la loro testimonianza su cosa accade in Consiglio Regionale, i sindacati confederali e Co.S.Mo.

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Quindi è intervenuto il MMG in pensione dott. Paolo Cedaro.

Il dott. Cedaro ha iniziato dicendo che ad aprile 2024 sarà un anno da quando  il 70% dei cittadini del Friuli Venezia Giulia che sono andati a votare ha riconfermato il signor Fedriga, che ha, ancora una volta, nominato il signor Riccardi come assessore alla salute, che aveva già, a suo volta, nominato i direttori generali delle Aziende Sanitarie. Quindi i responsabili politici di questa deriva sanitaria hanno nomi e cognomi. Ma d’ altro canto se la maggioranza dei cittadini del Fvg ha votato nuovamente loro, dobbiamo pensare che fosse contenta del loro modo di governare e delle loro scelte. E quindi sarebbe il caso, per la gran parte dei cittadini del Fvg, di fare un atto di costrizione e di dolore per le scelte fatte, tanto per incominciare.  

Ed ancora un aspetto. Il rapporto Agenas, che è stato discusso in terza commissione, riporta dati riferibili non all’oggi ma al 2021,  e quindi vecchi, ed è costato 140 mila euro. Ma già questi dati ci dicono una cosa pietosa, e cioè che la Regione Fvg è la peggiore per la presenza di luoghi per le cure intermedie, cioè quei posti dove si dovrebbero porre le persone che non stanno malissimo ma che non possono ancora andare a casa e cioè le rsa, le lungodegenze,  ecc. che sono essenziali perché l’ospedale per acuti non può contenere tutte le persone che stanno ‘così così’ ma che non possono andare ancora a casa. E questo problema deve esser tenuto in seria considerazione.

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Per quanto riguarda invece il ricorso al privato accreditato e non, che punta ovviamente al profitto, si deve ricordare che all’ interno di questi sistemi  operano professionisti su cui l’ordine dei medici di Udine ha più volte chiesto almeno chi siano. Perché questi medici, assunti dalla Regione e pagati a gettone o in altro modo, non si sa neppure che titoli vantino per coprire alcuni posti nella sanità pubblica. E mentre sinora i medici, per essere assunti, non solo dovevano essere laureati, ma dovevano anche aver superato l’esame di stato, essersi iscritti all’ ordine dei medici, produrre titoli e fare concorsi, avere seguito pure corsi di specializzazione post laurea, invece di questi medici privati non si sa quasi nulla, neppure che esperienza formativa abbiano e chi siano, appunto, e questo sta ad indicare che non è vero che ‘privato vuol dire qualità ma vuol dire sicuramente quantità.

E da dati Agenas pubblicati sul Messaggero Veneto, e non per essere polemici, si evince che nel 2017 il Friuli Venezia Giulia aveva una sanità che importava pazienti da fuori, che venivano a curarsi qui perché i medici erano davvero bravi, con una conseguente entrata di 6 milioni e mezzo di euro. Ed il 2017 fu l’ultimo anno di governo regionale, in ambito sanitario, del duo Serracchiani – Telesca.  Nel 2023, invece, abbiamo speso per rimborsare prestazioni erogate ai cittadini del Fvg da altre regioni oltre 13 milioni e mezzo di euro, esportando pazienti invece che importarli. Ed infine il dott. Cedaro ha  invitato  a riflettere su questi numeri, che sono oggettivi, e su chi sia la causa di questa deriva sanitaria che ha nomi e cognomi.

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Ancora un intervento.

Quindi è intervenuto un signore che non si è qualificato che ha chiesto se si è a conoscenza di cosa stia facendo la direzione generale dell’ ospedale di Udine. Essa ha chiamato un società ‘Auxiell’ di Padova che dovrebbe sistemare ogni problema da quello del personale, che è più che sufficiente, alle liste di attesa, nella presunzione che chi governa la sanità abbia governato bene. E, secondo la dirigenza,  “Axiell” riuscirà a risolvere ogni criticità residuale del Santa Maria della Misericordia.

Ma anche un imbecille avrebbe già compreso che se si carica un ospedale, in questo caso quello di Udine, in ogni suo settore di tutti i pazienti di un territorio vastissimo, dequalificando gli altri ospedali territoriali, prima o dopo esso scoppierà, non riuscendo più a svolgere il su lavoro come prima. E quindi questo signore ha detto che, secondo lui, anche pagando, sempre con soldi nostri, questa società di Padova si potrà risolvere qualcosa, e saranno solo altri soldi pubblici che andranno a finire ad un privato che non c’entra niente con la sanità o con gli ospedali, e che deve dare solo una consulenza. Però chi ha commissionato loro il lavoro, ci ha detto che sono bravi e che trattano bene le persone. Ma chi lavora in ospedale sa che quando soggetti di questo tipo escono con le loro novità  sono dolori per tutti. E in questo modo ha concluso il suo intervento. 

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Ira Conti ha preso quindi spunto da questo intervento per leggere una dichiarazione del presidente o amministratore delegato di “Axiell”, che è la seguente «La sanità pubblica e più in generale la pubblica amministrazione necessitano urgentemente di competenze tradizionalmente presenti in ambito produttivo perché, nella sostanza, non c’è differenza tra la produzione di un prodotto ad un cliente e l’erogazione di un servizio al cittadino o la somministrazione di una cura ad un paziente».  «Questo è quello che ci aspetta» – ha terminato Ira.

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Infine ha concluso l’incontro Natalino Giacomini, sindacalista della Spi Cgil.

Natalino Giacomini ha iniziato il suo intervento dicendo che è difficile concludere un’assemblea in cui sono stati trattati temi così importanti, che hanno una ricaduta pesantissima sulle esistenze, sulle persone, sulle prospettive.  Ma un fatto è sotto gli occhi di tutti: passando dalle prime assemblee sul tema ‘sanità’a quelle successive, la partecipazione è andata via via aumentando perché la gente percepisce sempre più che questa sanità che la Regione va disegnando non è di passaggio ma rischia di essere la prospettiva che ci attende. Per utilizzare quindi una metafora, si parlava prima di piano inclinato, e senza voler essere  catastrofisti, il sistema sanitario, come ipotizzato nel 1978,  sta raggiungendo un punto di non ritorno con la privatizzazione incalzante e la riduzione al minimo dell’ assetto pubblico. Non solo: il privato e si parla di quello convenzionato, lascia alla sanità pubblica quello che non intende fare.

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Qualcuno dice che  questo modello, scelto dalla nostra Regione, ci porta verso la Lombardia, e questo non piace. Non solo: forse noi riusciremo anche a fare di peggio. Perché la nostra sanità è come un puzzle composto da vari pezzi che non riusciremo mai a comporre. E l’idea che noi cittadini del Fvg ci siamo fatti è che la politica non abbia alcuna strategia. Infatti se una strategia ci fosse stata, come ben hanno precisato i nostri consiglieri regionali, sarebbero uscite dalla nostra giunta delle scelte amministrative, delle linee guida per la ristrutturazione del sistema sanitario. E Giacomini ha aggiunto di essere uno di quelli che pensa che siamo giunti a questa situazione per le non scelte, scientificamente fatte, dalla nostra giunta o dell’ assessore di riferimento. E anche secondo lui bisogna fare nomi e cognomi, perché quando un nuovo  consiglio viene eletto ed una nuova giunta si insedia, si può aspettare tre anni per giudicare come si sta muovendo ma questa giunta è al sesto anno di governo. Quindi ne è passato del tempo, mentre, figuratevi, si sta  ragionando sul fatto di concedere il terzo mandato.

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Ora dal punto di vista amministrativo e politico certamente si possono fare delle scelte, ma il risultato delle stesse e di certe situazioni ricadono poi su di noi cittadini. Non solo: la parte più difficile, quando parliamo fra di noi, è quella di riuscire a tradurre le parole, le statistiche, i numeri, gli assetti tecnico – scientifici in realtà. E la realtà che ci circonda è quella che è stata descritta prima: persone con una patologia che devono attendere una visita un anno e mezzo;  io, anziano, con delle patologie croniche devo fare degli esami costanti: ma va a finire che li salto, viste le difficoltà presenti; e questa è la situazione normale. Quindi siamo giunti ad una fase in cui l’11% della popolazione del Fvg non si cura più, non perché non vorrebbe farlo ma perché non ha soldi ed è in situazione di povertà. E dobbiamo prendere atto che anche nella nostra regione vi è una parte di popolazione che non riesce a mettere vicino, come si suol dire, il pranzo con la cena.

E siamo lavoratori, siamo anziani, siamo famiglie, e al di là dei 150 euro per una visita, per una diagnosi, non possiamo spendere, e se dobbiamo attendere mesi e mesi per una cura, va a finire che potremmo rischiare, ma lo dico senza essere però un medico. E si può rischiare anche con una cataratta, ma non c’è tempo per dilungarsi in esempi. E noi tempo fa eravamo a Roma a protestare su questi temi ed a chiedere, ed abbiamo fatto delle iniziative, sempre come Cgil, Cisl e Uil, anche nel corso della prima legislatura Fedriga, ma ora dobbiamo fare un salto di qualità, dobbiamo chiudere una fase ed aprirne un’altra, e ciò deve accadere con la manifestazione del 4 maggio a Tolmezzo. Dobbiamo invitare il numero maggiore di persone a parteciparvi, a svegliarsi dal torpore. E non ha importanza, ora come ora, cosa si è votato: sono importanti i fatti e ci sono dei modi per migliorare la situazione, dei correttivi per incidere sulla lunghezza delle liste d’attesa, e noi sindacati siamo quelli che vogliamo, insieme a voi, fare delle proposte concrete per superare questo stato di cose, ma una sola cosa non si può fare: restare fermi a guardare, rinunciando a prevenzione benessere e cura.    

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Questo ulteriore articolo relativo all’ incontro tenutosi il 9 marzo 2024 a Moggio Udinese con tema: “Dove va la sanità?” è il frutto di una trascrizione non letterale fatta da me Laura Matelda Puppini della mia registrazione, che ho salvato. I testi non sono stati fatti rileggere agli intervenuti, ma vi assicuro che sono rispondenti a quanto detto. E se chi ha partecipato all’ incontro trovasse in quanto da me scritto relativamente al suo intervento qualcosa di poco rispondente, è pregato di contattarmi ed avvisarmi.

Io credo che ci siano molti spunti interessanti su cui discutere ma sarebbe importante che anche la giunta regionale prendesse atto della realtà delle sue azioni e non continuasse a procedere con il paraocchi.  

Laura Matelda Puppini.

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