A seguito del dibattito iniziato fra Pieri Stefanutti e me (per la verità continuato dato che io e Stefanutti più di una volta ci siamo confrontati sull’argomento) attraverso i commenti all’articolo: “Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori.“, il mio gemello Marco Puppini, che aveva pure presentato il volume di Stefanutti “Voci del 2 maggio” e autore di una recensione a “don Francesco Zossi, Avasinis 1940-1945. Il diario del Parroco di Avasinis e altre testimonianze sulla seconda guerra mondiale nel territorio di Trasaghis, Note e ricerche integrative a cura di Pietro Stefanutti, Comune di Trasaghis,Udine 1996”, mi ha inviato questo suo scritto che volentieri pubblico.

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«Vorrei dare il mio contributo sulla strage di Avasinis ricordando in primo luogo il contesto generale di quei giorni. Mussolini muore il 28 aprile, il 29 è firmata la resa delle armate tedesche in Italia a Caserta, anche se Globocnik rifiuta di obbedire, Hitler si suicida il 30 aprile. E’ vero che la resa definitiva è firmata dai tedeschi a Berlino il 7 maggio, ma il 2 la guerra era praticamente finita, le truppe tedesche avrebbero dovuto farsi disarmare ed arrendersi (come hanno fatto anche in molte località del Friuli)

Vorrei cercare di stabilire una sequenza dei fatti, a partire dalla prima colonna tedesca, transitata ad Avasinis nella mattina del 1° maggio, proveniente da Spilimbergo che cercava di raggiungere l’Austria via Pinzano, Forgaria, Peonis, Alesso, Cavazzo senza farsi imbottigliare sulla statale, da distinguere dalla seconda che ha compiuto la strage. 

La prima colonna in movimento l’1 maggio lungo il percorso cui ho accennato uccide vicino Avasinis un partigiano osovano di Gemona: Gino Bianchi “Ero” (riconosciuto e fatto segno in lontananza da colpi d’arma da fuoco). Prende anche degli ostaggi che obbliga a camminare davanti alla colonna con le mani legate. Ad Alesso si imbatte in un altro partigiano osovano, Provino Tomat “Fiume”, un graduato dà ordine di ucciderlo immediatamente. Allora i partigiani (credo sempre osovani) sparano dal monte uccidendo il graduato. I tedeschi a loro volta uccidono una ragazza presa come ostaggio, Maria Stefanutti e feriscono un’altra, Felicita Rossi (per la sequenza dei fatti mi riferisco all’intervista di Stefanutti a Felicita Rossi in Novocerkassk e dintorni, IFSML 1995 p.118). Per alcuni viene ucciso in quella occasione “un soldato tedesco”, ma in realtà chi muore stando a fonti della Osoppo è probabilmente il comandante del reparto, Neumayer, (alla Forchia di Mena?), per Felicita Rossi comunque “il graduato”. I nazisti uccidono infine a Cavazzo il partigiano  osovano Adone Stroili “Tobruk” (individuato da un delatore). Tutti i nomi sono su “Caduti, dispersi e vittime civili dei comuni della Regione Friuli Venezia Giulia nella seconda guerra mondiale” IFSML, II° volume provincia di Udine. Infine questa prima colonna prosegue il suo cammino verso l’Austria.

La seconda colonna si muove dalla statale verso Avasinis, il 1 maggio, pernotta a Trasaghis anche perché piove molto. Per Di Giusto si tratta probabilmente del grosso del 1° battaglione Karstyager che doveva proteggere la ritirata e tenere aperta una via sul lato destro del Tagliamento, come da esercitazioni fatte un mese prima (Di Giusto, Operationszone Adriatisches Kustenland, IFSML 1995 pp. 699 – 703) Una pattuglia osovana spara dal ponte di Braulins alcuni colpi ma deve ritirarsi subito (intervista a Cosani Aquilino “Porthos” in Stefanutti “Voci dal 2 maggio”, Prospettiva editrice 2022). 

La mattina dopo i tedeschi  attaccano da due o tre parti Avasinis dopo avere sistemato dei mortai sul Montisel. Le modalità dell’attacco fanno pensare ad una azione programmata non certo a reazioni immediate a qualche cosa. I pochi partigiani in paese vedono arrivare i tedeschi, sparano (o cercano di sparare) per guadagnare tempo e consentire alle donne di scappare (cosa altro potevano fare?). Ma l’azione dura pochissimo e il gruppo deve ritirarsi velocemente. Cade Ugo Pizzato della Garibaldi (per IFSML morto a Avasinis in combattimento il 30 aprile ma non  c’è stato nessun combattimento a Avasinis quel giorno. Per Stefanutti e altri caduto il 2 maggio, data che ritengo veritiera, forse ferito il 2 e morto in ospedale il 5 maggio). In questo momento il paese è “libero” dai partigiani, la strage successiva non ha motivazioni militari, è condotta contro donne, bambini e anziani, di essa hanno responsabilità solo i nazisti. Questa colonna si ferma ad Avasinis fino al 3 maggio (non aveva nessuna premura). Il 3 infine se ne va verso Cavazzo, (forse aiutata da fascisti di Forgaria). Il 5 maggio è incrociata da Mario Candotti assieme a Paolo Foi a Tolmezzo (Ricordi di un uomo in divisa, IFSML 1986, pp. 277 – 278)

Per quanto riguarda l’uccisione dei cosacchi che si erano arresi qualche giorno prima e riuniti in montagna, la prima fonte è proprio don Zossi  che fa riferimento a patti non osservati dai partigiani (data la delicatezza dell’argomento dubito che si trovi una carta dove qualcuno scrive e firma: “io sono testimone dell’uccisione dei cosacchi, è stato quello e quell’altro ecc.” anzi se si trovasse mi parrebbe sospetta). Le fonti parlano di “una ottantina di cosacchi” ma sui numeri non sono più precise. Tra 1948 e 1950 le salme dei caduti cosacchi e tedeschi sepolte in varie località di montagna e nel cimitero di Alesso sono state traslate nel cimitero di Braulins (località Clapat?); da qui il Servizio Onoranza Caduti Germanici esumerà 245 salme di soldati tedeschi e cosacchi, oltre a 9 di italiani. Ovviamente erano caduti nel corso di tutto il periodo di occupazione, per varie ragioni, compreso il pesante bombardamento di Alesso dell’aprile 1945. Non so se i registri del vecchio cimitero di Alesso potrebbero aiutare a quantificare meglio.

Carnier senza alcuna prova scrive che l’uccisione dei cosacchi prigionieri potrebbe essere avvenuta prima della strage di Avasinis, ma l’affermazione priva di riscontri mi pare una illazione tesa ad offendere e delegittimare i partigiani. Anche quella nei confronti dei cosacchi o dei tedeschi è stata una strage, ma nel diritto esistono i crimini e le attenuanti. Le notizie appena ricevute dai partigiani su una strage nella quale avevano magari perso familiari stretti a guerra finita, mi sembra una importante attenuante. Noi seduti sul divano di casa possiamo smanettare sul computer scrivendo di questi temi, non possiamo sapere realmente cosa passava per la testa di gente che aveva appena vissuto una esperienza così devastante. Stesso discorso sull’uccisione dei tedeschi, ritenuti responsabili della strage (forse a torto) sulla piazza del paese.

Mi sbaglio in qualcosa? Scrivo qui non per polemica contro questo o quello ma per ricerca della verità».

Marco (Maurizio) Puppini.

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Oltre quanto edito da Stefanutti, ed in particolare il diario di don Zossi, ricordo qui il suo intervento sullo stato delle ricerche riportato su: Sergio Zilli, Un percorso di ricerca sull’eccidio di Avasinis, in: https://www.storiastoriepn.it/un-percorso-di-ricerca-sulleccidio-di-avasinis/e gli articoli su www.nonsolocarnia.info: Laura Matelda Puppini. Avasinis 2 maggio 1945. E fu una strage di vecchi, donne, bambini; ed anche Pieri Stefanutti. Il punto sull’eccidio di Avasinis, tra memorie e ricerche storiche.

Per cortesia non dimenticate però di informarvi anche sul massacro dei palestinesi per mano israeliana in corso, le cui proporzioni sono quasi inimmaginabili. 

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: “https://museonazionaleresistenza.it/story/le-ultime-stragi-dellultima-ritirata/, è relativa la vicentino, ed ha questa didascalia: «La pianura vicentina e padovana è la zona dove i partigiani, scesi dai monti nell’autunno precedente, sono meglio strutturati e attivi. Colpiscono coloro che si ritirano, ma la reazione è indiscriminata e spropositata: a una serie di piccoli, e non sempre fruttuosi, attacchi fra Saonara e Villatora, i tedeschi replicano con 45 civili uccisi. La minaccia dei “ribelli”, insieme al senso di frustrazione, può spiegare l’esplosione di violenza a Pedescala e Settecà, nel Vicentino, dove in neanche una manciata di giorni vengono massacrati 75 uomini e 7 donne».

Laura Matelda Puppini.

 

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