Oggi mettendo in ordine vecchi ritagli di giornale e carte varie, ho trovato 3 fogli stampati, intitolati: “Regolamento dei diritti e doveri del cittadino ammalato”, non so da dove tratti. Ed incuriosita sono andata a riguardare la Carta europea dei diritti del malato, presentata a Bruxelles il 15 novembre 2002, ma anche la legge quadro sui diritti del cittadino ammalato presentata il 2 luglio 1987, e mi pare che stiano parlando di un altro pianeta. Infatti esistono in questo caos e bagarre diritti del malato, e sono mai esistiti in Italia? E queste proposte sono state approvate o no? Ora parliamo solo di contabilità ragionieristica, e pare si cerchi il pelo nell’uovo per minuzie, quando la realtà è sotto gli occhi di tutti: lo scardinamento del ssn, con singole persone o pochi che fanno di aspetto così importante quello che vogliono, con una centrale unica 112 voluta dalla regione Fvg su vecchio sogno dei tempi di Illy, e senza un piano di fattibilità anche per escluderla, così che, quando hai l’ospedale sotto casa, devi perdere un sacco di tempo e telefonare lontano, il che non ti fa più sentire la sanità “vicina” ma solo struttura burocratico- partitica esterna, mentre milioni di italiani ormai rinunciano alle cure, che vuol dire che vanno lentamente a morire o a star peggio, aumentando i problemi per tutti, sanità compresa. (Cfr. Virginia Della Sala, Sanità negata a oltre 12 milioni di italiani, in Il Fatto Quotidiano, 8 giugno 2017.

Il regolamento che avevo anni fa scaricato, parla di cose ora quasi da Ufo: Diritto del paziente ad ottenere informazioni complete e comprensibili in merito alla diagnosi della malattia (sperando sia giusta, dico io che ne ho collezionate più errate), alla terapia proposta, alla relativa prognosi, ad ottenere prestazioni mediche, chirurgiche e diagnostiche in tempi ragionevolmente brevi; ad essere curato con premura, attenzione; diritto alla riservatezza, mentre in Italia dati personali sanitari vengono regalati ad Ibm, (cfr. nel merito: Gianni Barbacetto, I nostri dati sanitari all’Ibm: il Garante apre un’inchiesta, in: Il Fatto Quotidiano, 21 marzo 2017), e devi parlare per il 112 con personale vario, non ospedaliero, non dell’emergenza urgenza, dicendo di te cose magari personali; mentre con una scusa o l’altra, personale infermieristico e oss può visionare e quindi anche stampare tuoi referti da computer, e lo dico con cognizione di causa.

Inoltre si dovrebbe aver diritto, in ospedale, a stanze di degenza dignitose e pulite, con sufficiente aerazione, aspetto che mi chiedo se sia stato preso in considerazione da chi ha progettato l’antifunzionale ospedale nuovo di Udine, quando sarebbe bastato fare manutenzione nelle vecchie palazzine; aver diritto al riconoscimento del danno subito, ad incontrare, anche in ambito ospedaliero, Associazioni che hanno per finalità statutarie la tutela dei diritti degli Utenti del Servizio Sanitario.
Beh io non mi azzarderei a chiedere l’esercizio di tale diritto, ma in compenso ora sempre più si chiede che cani e pappagalli entrino in ospedale, il che è insulso ed assurdo come minimo, oltre che antigenico, e può causare problemi a chi in ospedale lavora e a tutti.
In compenso i doveri dell’utente ammalato sono richiesti, eccome, dalle Aziende, che pongono sempre più vincoli burocratici all’utilizzo dei servizi. Si pensi, per esempio, ad una visita urgente da erogarsi entro tre giorni dalla richiesta, o una prestazione che si deve cancellare entro tre giorni prima della sua effettuazione, anche se ci si può ammalare proprio lo stesso giorno e non poterla fare.

Inoltre si legga quanto scritto nella proposta di legge presentata da circa 150 deputati fra cui la friulana Silvana Fachin Schiavi, nel lontano 1987, perché illuminante: «Occorre, innanzitutto, ammettere che gran parte delle sofferenze dei malati, in certe condizioni e situazioni date, non hanno nulla a che vedere con la malattia fisica, ma sono prodotte da disfunzioni strutturali e da anomalie istituzionali. Si può parlare al riguardo di sofferenza “inutile”, che può essere eliminata dunque attraverso una normativa che dia piena attuazione all’articolo 32 della Carta costituzionale». (Proposta di legge. Legge quadro sui diritti del cittadino malato, presentata il 2 luglio 1987, in: Camera dei Deputati, Atti parlamentari, N. 34, p. 2).

Ed ancora: «In secondo luogo e conseguentemente emerge con evidenza la consapevolezza che per eliminare tale sofferenza non è necessario combattere contro questo o quel professionista, contro questo o quell’amministratore o operatore sanitario, perché gran parte delle storture della sanità italiana derivano, più che dalle colpe dei singoli, da un sistema di confusi meccanismi istituzionali e da una cultura fatta di pregiudizi». (Ivi).

Questi limiti erano stati evidenziati dai movimenti per i diritti dei cittadini, ma poi … Ora Renzi, Gutgeld, Lorenzin ed il governo precedente ed attuale hanno volto esattamente all’opposto, scaricando sui singoli operatori medici o para-medici la responsabilità di ogni atto medico e sanitario, quasi si trattasse esclusivamente di un rapporto privatistico fra soggetti, senza considerare i contesti operativi, che stanno abbruttendosi sempre più, fino a diventare quasi insostenibili, mentre alcuni politici paiono esser diventati, nel merito, quasi logorroici, e tra questi  l’assessore alla salute Fvg, che, con Adriano Marcolongo, tutto condiziona, senza che le venga addebitato nulla a livello di responsabilità almeno civile.

E parliamo, per esempio, del buco di 8, milioni di euro dell’aas3. Così si legge alla fine del documento che presenta il bilancio (leggibile in Albo pretorio aas3): «Il risultato della gestione complessiva 2016 dell’AAS3 posto in evidenza dal Conto economico presenta una perdita pari ad euro 8.721.064=, in merito alla quale, ai fini della copertura, si rinvia alle determinazioni degli organi e delle strutture regionali competenti».

Ora, leggendo velocemente il bilancio, da profana e non esperta in materia, a me pare che il costo per il personale sanitario non incida sul deficit, e il lavoro privato degli specialisti comporti un attivo, mentre incidono i debiti con altre aziende anche regionali, i trasporti, spese per tecnici non sanitari, e spese anche verso aziende extraregionali, rimanenze, ecc., mentre la quota regionale non è stata del tutto introiettata. E se erro correggetemi.  In sintesi questo bilancio in rosso, secondo me, è frutto della adesione, obbligata, ai desideri dell’Assessore della regione, e si spende di più per avere molto di meno.

In sintesi la domanda di sanità permane, solo che, dato che gli erogatori non sono più in aas3, si paga la 4 ecc. ecc., e la sanità on the road. Questo avviene perchè l’aas3 a forza di togliere ospedali e servizi, non introietta dai suoi assistiti, ma paga ad altri. E questo non varierà neppure incidendo ancora sull’ospedale gemonese, perché Gemona andrà a Udine. Infine pare che i medici di base non possano incidere facendo diminuire la spesa, a meno che non facciano solo ricorso a se stessi, il che è impensabile nel 2017.  Bisogna potenziare Gemona, invece, creando poli attrattivi, non ospedali comunque tutti, pare, allo sbaraccamento. Inoltre incide la spesa per radiologie e per consulenze anche universitarie e per personale tecnico amministrativo, che potrebbero essere limitate. Ed essendo tante piccole gocce di deficit che hanno fatto l’ammontare complessivo compresi gli introiti regionali previsti e in parte non giunti, si dovrebbe maggiormente studiare le voci singole di spese, e se tra trasporti e pagamenti ad altre aziende, mi pare in particolare a quella di Udine, si vedesse che, con questo andazzo, non è possibile quadrare bilanci e cerchi, mi pare fondamentale che il direttore generale lo faccia presente, assieme agli altri organi dirigenziali, alla dott. Telesca, che deve essere messa al corrente anche del fatto che il buco è causato da scelte sue.

Il problema è che ora non si ha sanità regionale se non nei condizionamenti e nelle preferenze per Udine, pare, e che a fronte di uno sbaraccamento di servizi imposto dalla riforma, ci si trova, in aas3, con identica domanda di servizi in un’area questa sì vasta, ove si impone di accollarsi le spese ma non erogare il servizio. È sempre così, credetemi, quando si accentra tutto, e si favorisce il polo centrale: lo predica da “secoli” si fa per dire, il grande Romano Marchetti, che puntigliosamente studiava i raggi di pendolarità sostenibili.

Va a finire che la cosiddetta periferia, fra un sorriso ed una promessa sbaracca.

Inoltre leggo un commento su facebook che dice che a Gemona – ospedale si è messo, a giornate, un punto prelievi, ma che il personale non è esperto e spesso crea problemi agli anziani, con difficoltà  a riutilizzare poi lo stesso braccio, e presenza di travasi e noduli, con risposte di esami ematochimici anche urgenti che giungono dopo le 17, invece che alle 11 del mattino. Chiedo comunque conferma di quanto, non avendolo verificato di persona, e non sapendo se sia o meno una fake news. Ma che il servizio laboratoristico di Udine sia intasato, lo narrano in più. Ridateci per cortesia il laboratorio almeno tolmezzino, perché è secondo me un’insulsaggine avere un ospedale con laboratorio a metà, un ospedale a metà, tutto a metà, perché la politica possa dire non che toglie, ma che generosamente dà, e solo poi si vede che ciò è a metà, quasi fossimo figli di un Dio minore.
Inoltre l’Assessore alla salute e la giunta regionale, di quasi tutti non eletti, sappiano che, così, va a finire che i diritti del malato e del cittadino in sanità vengono cancellati, che lo si voglia o meno.

E chiudo con due aspetti da articoli a me inviati: il primo è: “Il Friuli ottiene la maglia nera della sanità. Il Coordinatore Regionale NurSind Gianluca Altavilla: «Sanità friulana nuova maglia nera. Nessun investimento reale, soltanto parole di ottimismo. Peccato che non realizziamo elettrodomestici, ma produciamo salute». Assieme ad altre regioni, il Friuli Venezia Giulia ha ottenuto la maglia nera della sanità: lo rileva la quinta edizione (2017) del ranking dei servizi sanitari regionali (Ssr), elaborata nell’ambito del progetto “Una misura di performance dei Ssr” condotto dal Crea Sanità – Università degli Studi di Roma Tor Vergata». (http://www.infermieristicamente.it/articolo/7882/il-friuli-ottiene-la-maglia-nera-della-sanita/). Ivi si legge che in Fvg, in questi anni, non vi sono stati investimenti reali, e, «se ci sono stati, hanno imbarcato acqua: si pensi all’odontoiatria sociale, cui possono accedere persone con un Isee inferiore ai 15 mila e quindi soltanto una minima parte della popolazione friulana. Per non parlare dell’infermiere territoriale, che in molti ambiti non è sufficiente […]». (Ivi).

Inoltre, sempre secondo Altavilla, il personale medico e paramedico non è per nulla incentivato a restare in loco, anzi pare proprio all’opposto, e l’assessore pare non rendersi conto che «la sanità è fatta da personale sanitario: senza questo non vi può essere salute». E le liste d’attesa si abbattono se c’è personale, non con lo straordinario del personale presente. (Ivi).

A ciò si aggiungano le due righe scritte da Elena Bianchi, consigliere Regionale del Movimento 5 stelle, relativamente all’assetto di bilancio, che si sta discutendo ora in aula. «Desta perplessità l’abrogazione dell’articolo che vincola una parte del trattamento integrativo dei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie al raggiungimento degli obiettivi riguardanti il contenimento dei tempi di attesa per le prestazioni sanitarie. Non vorremmo che a fronte di un lieve miglioramento del monitoraggio dei tempi di attesa, da poco rivisto, si voglia svincolare i direttori generali da un obiettivo molto sentito dalla popolazione, che ben descrive l’accessibilità alle prestazioni del SSR e la necessità da parte dei cittadini di ricorrere alla sanità privata». (https://www.facebook.com/M5SFriuliVeneziaGiulia/videos/1571330036265352).

Io credo che la prima cosa da fare, comunque, sia far fronte comune sia in Aas3, che fra noi di tale Azienda con altre realtà marginali regionali, in particolare l’isontino, dimenticando orti, orticelli, partiti e sotto partiti ed altro, e superando quel servilismo sinora almeno qui dimostrato da alcuni, per proporre alla regione soluzioni ai nostri problemi comuni, per dire che non siamo ancora morti, prima di esserlo veramente, tra un sorriso ed una promessa, magari realizzata a metà. E se continua così, noi delle zone ora dette interne, anche se siamo ai confini, o marginali, dovremo andare alla Corte europea dei diritti dell’uomo, in ipotesi di inattuazione della Carta Europea dei diritti del malato, in uno stato ove si lasciano a terra canadair o elicotteri per un vizio burocratico, in presenza di incendi vastissimi? Ma dove stiamo andando a finire? Chiediamocelo. Senza voler offendere alcuno, solo per porre alcuni argomenti che a me paiono interessanti sul tappeto, ed in attesa di precisazioni e commenti.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: http://blog.poliambulatoriodallarosaprati.it/carta-europea-diritti-malato, ove si può anche leggere. Laura Matelda Puppini

 

 

 

 

 

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