In questa non sonnacchiosa, ma direi immobile pseudo – campagna elettorale per le europee e giornate di voto, ove per certe liste in particolare di destra si presentano sempre quelli che sono al governo od in parlamento, il che non fa ben sperare, mentre la stampa è di una noia mortale, (tranne Il Fatto Quotidiano e, a seguire, Avvenire ed Il Manifesto), ci siamo dimenticati della sanità, il cui problema base sembra sia ridotto alla lungaggine per avere un esame, cioè al problema delle liste di attesa, per risolvere il quale si è mosso, in periodo pre-elettorale, il governo con  quali esiti non si sa, spero non quello di dirottare i pazienti magari verso altre regioni.

Infatti si leggono su tg 24, i seguenti intenti contenuti in questa novità governativa: «un Cup unico regionale o infraregionale, il monitoraggio sulle liste d’attesa affidato all’Agenas, un ispettorato generale di controllo sull’assistenza sanitaria, fino all’introduzione di visite ed esami il sabato e la domenica. Nel disegno di legge, composto da 14 articoli e che va a completare il dl, ci sono invece un registro nazionale delle segnalazioni dei cittadini sui disservizi, aumento delle tariffe orarie del 20% per il personale che dovrà prestare servizi aggiuntivi contro le liste d’attesa con una tassazione ridotta al 15%, 100 milioni di euro per avvalersi di specialisti ambulatoriali interni per recuperare le liste d’attesa, nessun taglio alle prestazioni ma classi di priorità indicate dal medico nella richiesta di visita o esami. La bozza del ddl prevede anche che le Regioni debbano assegnare ai direttori generali delle aziende sanitarie alcuni obiettivi annuali sulla riduzione delle liste d’attesa: il mancato raggiungimento può determinare la sospensione dall’elenco nazionale dei direttori per 12 mesi. Inoltre, anche gli specializzandi verranno chiamati per abbattere le liste d’attesa- (Sanità, ok del Cdm alle misure per la riduzione delle liste d’attesa. Scontro con Regioni, in: https://tg24.sky.it/politica/2024/06/04/cdm-sanita-news).

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Ed ancora «Oltre a questo testo, composto da sette articoli, è stato approvato anche un disegno di legge – composto da 15 articoli – anch’esso dedicato al piano anti-liste di attesa. Due diversi provvedimenti che per il ministro della Salute Orazio Schillaci sono “frutto di un lavoro che ci ha visti confrontare con Regioni, ordini professionali e associazioni dei cittadini”. Testi che sono stati però accolti da pesanti critiche, sia da parte delle opposizioni che delle Regioni. Queste ultime, chiamate ad applicare la maggior parte delle misure, ribadiscono “l’assenza di concertazione». (Sanità, che cosa prevede il decreto legge sulle liste d’attesa: le misure, in: https://tg24.sky.it/politica/2024/06/05/sanita-liste-attesa-misure-decreto-legge).

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Ora umanamente non so se tali soluzioni migliorino o peggiorino la situazione perché sono molto generiche, e comunque mancano medici e la sanità pubblica non è più appetibile per chi vi dovrebbe lavorare per vari motivi messi in luce dai sindacati, e quella privata non è più alla portata delle tasche dei cittadini; le assicurazioni sanitarie, carissime, non coprono mai tutto, anzi, da quello che si sente, coprono sempre meno, in particolare se sei anziano. Ed in ogni caso le decisioni prese con ddl sono espressione, come il solito, solo dalla maggioranza, senza discussione di fatto, e così l’analisi delle problematiche e le loro soluzioni cristallizzano nelle visioni di governo, (ma la stessa cosa accade per le scelte della giunta regionale Fvg, secondo me), che ben poco hanno a che fare con le situazioni complesse presenti, con adeguati metodi di analisi, con il pensiero divergente, con la ricerca di soluzioni in un contesto reale esistente.

Ed anche il problema delle lunghe liste di attesa è collegato alla distruzione pezzo per pezzo della sanità tutta, alla mancanza di personale, mal pagato e molto sfruttato, a tagli fatti senza logica alcuna e senza neppure tener conto della spesa. Ma dato che pare che alcune problematiche, sorte solo parzialmente dopo il covid, ma semmai accelerate dalla pandemia, sono comuni alle regioni, e segnano in modo massiccio le terre alte e le aree un tempo dette interne, o meglio abbandonate a se stesse, io credo che, lasciando perdere Agenas, visto quello che ha proposto in Fvg, la Conferenza Stato Regioni dovrebbe darsi da fare in modo analitico e scientifico, senza delegare a terzi, per almeno disegnare l’esistente e le sue criticità, senza cercare di analizzare solo un problema alla volta con un approccio lineare,  ormai superatissimo.  

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Inoltre i servizi devono restare vicini a chi li usa, cioè ai cittadini, devono essere territoriali, non locati nella stratosfera, si fa per dire, e vorrei proprio sapere come si fa a centralizzare un cup, quando anche ora se prenoti dalle farmacie ci sono dei problemi, e a puntate i computer rallentano o si bloccano, tanto da esasperare utenti e personale. E così si legge su: Stefano Simonetti, Liste d’attesa/ Decreto legge in filigrana: l’unica novità è l’articolo 7, in: Liste d’attesa/ Decreto legge in filigrana: l’unica novità è l’articolo 7 in “Il Sole24 ore, Sanità24, 7 giugno 2024, relativamente all’ istituzione della piattaforma nazionale cup prevista: «È plausibile che per tutto quest’anno la piattaforma non partirà tenuto anche conto delle difficoltà tecniche – numerose e note da anni – relative al far parlare tra loro sistemi operativi molto diversi. In ogni caso, è arduo capire come una conoscenza completa della situazione a livello nazionale possa sul piano pratico e sul campo risolvere il problema della mancanza di personale».  

Ma la stessa fonte rileva anche i limiti del creare, presso il ministero della Salute, un Organismo di verifica e controllo sulla sanità, con il compito di «vigilare e svolgere verifiche presso le aziende sanitarie locali ed ospedaliere e presso gli erogatori privati accreditati sul rispetto dei criteri di efficienza e di appropriatezza nella erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie e sul corretto funzionamento del sistema di gestione delle liste di attesa e dei piani operativi per il recupero delle liste medesime». (Ivi). Ma se manca il personale, se gli spazi di lavoro vengono assottigliandosi, in presenza di popolazione per lo più anziana e che ha sempre più difficoltà a spostarsi, senza fra l’altro un adeguato trasporto pubblico, ci si chiede come la creazione di questo per ancora vago nel suo operare, Organismo, costosissimo, possa risolvere i problemi pressanti della sanità in Italia. E come da anni vado dicendo, ci vorrebbero dei taxi convenzionati che aiutino per esempio gli anziani a spostarsi per visite ed esami, come ho visto in Francia. Ma temo che le soluzioni intelligenti non siano quasi mai prese in considerazione, e che nessuno intenda pagare questo servizio, ma i soldi ci sono almeno in Fvg, e attualmente sono tantissimi, solo paiono spesi senza disegno alcuno. 

Infine le strutture private accreditate devono mettere in rete i referti, e operare come fossero pubbliche, ma questo richiede un aumento di personale e costi aggiuntivi, per il privato, che non si sa su chi graveranno. E se si prevede che un medico lavori il sabato e domenica (cosa peraltro mai vietata) uno si chiede quanto personale ulteriore si dovrebbe cercare, quando in Fvg mancano 149 Medici di medicina generale, e detta carenza si è triplicata in 3 anni, senza che nessuno abbia preso o stia prendendo seriamente in considerazione una solòuzione per detta carenza. (Walter Zalukar, Medici di famiglia. In FVG ne mancano 149, triplicati in 3 anni ma nulla si fa, 15 marzo 2024, https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=120906).  Ed il problema è che chi dovrebbe leggere i referti per organizzare un piano terapeutico dovrebbe essere il MMG, sempre più latitante.

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E questo decreto legge  è solo relativo alle visite ambulatoriali, il problema più facile da sostenere, da un certo punto di vista, ma un grosso scoglio sanitario è rappresentato anche dagli interventi operatori, che il dott. arch. Riccardi dice essere troppo pochi in Friuli Venezia Giulia, ma per operare ci vogliono chirurghi esperti con una equipe consolidata, anestesisti, letti per ricovero, una efficiente area di emergenza urgenza, e sale operatorie con tutti i crismi per essere considerate tali. Ma, per esempio in Fvg, quante équipes operatorie, che devono far fronte anche alle emergenze, esistono? Quante sale operatorie sono funzionanti, quanti anestesisti sono in servizio, quanti letti a disposizione dei pronto soccorso per ricoveri? La mia impressione è che la miseria imperi.

Infine, sempre secondo l’articolo di Stefano Simonetti sopraccitato, il governo, nello stanziare un aumento di spesa per il personale non ha però tenuto conto di tutte le leggi limitative emanate nel tempo, cosicché è ancora in vigore l’art. 2, comma 71, della legge 191/2009, e questo aumento sarà a discrezione regionale. Inoltre il previsto potenziamento dell’offerta assistenziale e per il rafforzamento dei Dipartimenti di salute mentale non risulta però finanziato. Infine mancano i decreti attuativi.

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La situazione del personale in Fvg.

Vediamo poi la situazione del personale in Friuli Venezia Giulia, che certamente questo intervento del governo non riuscirà a sanare. Sull’ articolo: Oltre un milione di ore straordinarie nella sanità del Fvg, in: ilFriuli.it si legge: «Quasi 1,1 milioni di ore di straordinario erogate, in media 55 a testa, e 410mila giornate di ferie residue non fruite accumulate a fine anno, di fatto tre settimane cadauno. Sono alcuni dati sulla sanità in Friuli Venezia Giulia relativi al 2023. A diffonderli la Fp Cgil, dopo averli ricevuti dalla Direzione regionale della Sanità. 

Queste cifre, secondo il sindacato, sono “la misura inequivocabile del livello sempre più insostenibile di stress che grava sui lavoratori della sanità pubblica”, un altro parametro indicativo sono i richiami in servizio ed i cambi di turno, oltre 27 mila nell’ arco dei dodici mesi del 2023». Detta condizione porta alla fuga dal sistema sanitario nazionale o regionale, con conseguente mancanza di personale sufficiente in sanità, ed anche il 2023 si è chiuso con un saldo negativo di 162 addetti. (Ivi).

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Inoltre invero non si sa, dato che in Friuli mancano sempre più servizi, come ci si trovi nella condizione di avere una Azienda Sanitaria del Friuli Centrale in netta perdita, con un passivo di 126 milioni di euro, che il Messaggero Veneto ritiene causato dal costo di personale e farmaci. (Laura Pigani, Perdite per 126 milioni in Asufc: incidono farmaci e personale, in Messaggero Veneto, 4 giugno 2024).

In primo luogo un bilancio è fatto da entrate ed uscite e, se si privatizza il settore pubblico, non entra nulla nelle aziende sanitarie, che principalmente spendono per pagare il privato, e questo ampiamente concorre alla perdita, e porta ad una difficoltà a valutare preventivamente la spesa, oltre che legare la sanità alla politica come ormai accade, realizzando il sogno di quei ‘soggetti al vertice’ che anelano ad avere il controllo della vita altrui. Inoltre anche prendere medici da cooperative e società esterne, oltre non garantire la reale professionalità del personale, a cui può essere richiesto solo qualche corso privato paragonandolo alla scuola di specializzazione pluriennale, togliendo così, magari, professionalità al lavoro, costa molto, e non lo dico solo io ma anche la Corte dei Conti. Ed il riferimento è alle continue esternalizzazioni in Fvg che stanno diventando la norma, anche nei punti di primo intervento ed all’ ospedale di Udine nel delicatissimo pronto soccorso, che secondo me non è neppure lontanamente quello del 2006- 2007. E stiamo parlando dell’ospedale hub.

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Farmaci e c.

Che i farmaci possano costare di più è possibile, ce ne accorgiamo anche noi cittadini, ma che le case farmaceutiche ‘badino al soldo’ come ogni privato, non è una novità, ma non so come considerare una voce generica ‘personale’. Per quanto riguarda poi Fedriga, Riccardi e Rosolen potevano invece che dare i nostri dati sanitari grautitamente e milioni a Novartis, farsi garantire farmaci gratuiti per i cittadini della regione in cambio, per esempio l’imatinib, o farsi pagare i dati. Vedremo poi quanto daranno ad AstraZeneca per trasformarci da quel che par di capire in specie di cavie, visto che l’intento di Fedriga e quello che AstraZeneca, che pare che non abbia fatto bella figura con il suo vaccino covid, ma è in buona compagnia, fornisca «le proprie competenze per la valorizzazione della ricerca in ambito farmaceutico e degli studi clinici di Fase I, Fase II e Fase III attraverso la collaborazione con le Strutture Sanitarie regionali, all’interno delle proprie aree di competenza: oncologia, malattie rare, cardiovascolare, metabolico e renale, respiratorio e immunologico, infettivologia. Inoltre, saranno sviluppate iniziative per la prevenzione delle malattie e la promozione di corretti stili di vita unitamente all’implementazione di soluzioni per il supporto della fragilità». (https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/aziende-e-regioni/2024-02-02/astrazeneca-e-regione-friuli-venezia-giulia-siglano-intesa-accelerare-l-ecosistema-salute-141311.php?uuid=AFIOhrZC).

Ma se devono fare tutto AstraZeneca e Novartis, e dobbiamo pure sovvenzionarli e dare gratis i nostri dati clinici, senza che nessuno ci abbia interpellato su questo pericolo potenziale di trasformarci in esseri umani in mano a case farmaceutiche, allora che stanno a fare i direttori generali delle aziende, che vengono non solo pagati profumatamente ma anche premiati con cifre per noi da sogno, (http://mtom.regione.fvg.it/storage//2024_486/Testo%20integrale%20della%20Delibera%20n%20486-2024.pdf) senza che si vedano reali risultati migliorativi? Ma in ogni caso il diritto alla cura non può essere soppresso, e il costo e la reperibilità dei farmaci sul mercato sono di competenza dell’Aifa, e questi problemi devono essere man mano fatti presente a detta Agenzia, non comunicati ai cittadini anche ammalati, a mezzo stampa, quasi che il costo dei farmaci dipendesse da loro, quasi che il deficit mostruoso di Asufc fosse da attribuirsi a chi deve utilizzare medicinali, non ad una politica che paga troppo la classe dirigente senza valutarne i risultati e moltiplica le figure organizzativo – burocratiche, lasciando a secco i camici verdi e blu cioè gli operatori sul campo.

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ALCUNI REALI PROBLEMI DALLA MANIFESTAZIONE DEL 4 MAGGIO 2024 A TOLMEZZO.

E termino questo mio ennesimo articolo sulla ‘catastrofe’ sanitaria che sta vivendo il nostro paese e che vivrà ancor di più se passerà l’autonomia differenziata con queste parole dall’ incontro del 4 maggio 2024.

«La sanità pubblica è di tutti: difendiamola! 200.000 cittadini (previsti a fine anno in FVG) senza medico di base, guardie mediche chiuse, ospedali depotenziati e sotto organico, tempi di attesa lunghissimi per una visita, un esame, un intervento. Lamentarsi non basta, è tempo di mobilitarci. (…). E dobbiamo puntare il dito contro l’assessore Riccardi e la giunta regionale che dopo sei anni di governo, l’unica cosa che sono riusciti a fare è smantellare la sanità pubblica e consegnarla alle strutture private convenzionate». (Aulo Maieron, sindacalista Cgil. 4 maggio 2024. Manifestazione di Tolmezzo).

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«La sanità pubblica è un diritto che ci siamo conquistati nel lontano 1978, e non deve esser toccata da alcuno. E l’abbiamo sostenuta e finanziata con le nostre tasse e con i nostri ticket. (…).  Ma ora vediamo migliaia di cittadini, al di là dei buoni propositi espressi nella legge 27/2018, senza medico di base, e liste di attesa interminabili costringono altre migliaia di cittadini a por mano ai loro risparmi per potersi pagare la sanità privata o altri che devono procrastinare la loro cura in attesa di tempi migliori.» Maurilio Venuti Cisl Alto Friuli. 4 maggio 2024. Manifestazione di Tolmezzo).

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E così Ira Conti: «Io sono di qui, sono di Forni di Sotto, e vivo sulla mia pelle tutti i problemi che vivete voi, della Carnia. E siamo qui oggi a difendere quello che la Costituzione definisce un diritto fondamentale: la salute. (…). Noi dobbiamo combattere il senso di colpa che tendono a farci venire perché facciamo, secondo loro, troppi accessi ai pronto soccorso; perché i medici ci prescrivono troppe medicine; perché facciamo troppe analisi. Ma noi siamo le vittime di questo sistema sanitario, non siamo le cause.
E noi dobbiamo avere le cure e l’assistenza di cui abbiamo bisogno. E quando uno va al Pronto Soccorso non ci va per passare qualche ora perché non sa cosa fare, ci va, perché sta davvero male o per una richiesta di aiuto che non viene soddisfatta sul territorio.  (…). E per un parto non possiamo andare chissà dove, per una questione di sicurezza, avendo qualcuno posto ad almeno 500 parti la sicurezza di un reparto di ostetricia. Ma secondo voi è sicuro far fare ad una donna che sta per partorire, 80 chilometri in auto?

E se manca la sanità territoriale, chi mi accompagnerà da anziana a Udine, Trieste, per avere una visita, un esame, una adeguata risposta ai miei problemi di salute? E la nostra richiesta non può che essere quella per una “sanità pubblica!” (Ira Conti. Co.S.Mo 4 maggio 2024. Manifestazione di Tolmezzo).

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«Prima ho sentito l’amica Ira dire: “Hanno tagliato tutto”. Ma non è vero. Non hanno tagliato gli stipendi ai dirigenti delle varie Aziende Sanitarie, anzi li hanno aumentati, e praticamente hanno dato sempre incarichi togliendo servizi. Avevamo un’ottima sanità ed i servizi erano tanti, ma praticamente non riusciamo ad usufruire degli stessi, non perché noi siamo in troppi ma perché li hanno tagliati, epurando la sanità pubblica. (…). E io voglio dire una cosa: i tagli partono dal governo nazionale e locale. Ma questi signori politici dovrebbero capire che il popolo non è al loro servizio, sono loro che devono essere al servizio del popolo, dei cittadini! Ma non lo capiscono e stanno, praticamente, affossando tutto. (…).

E noi perdiamo ogni anno bravi medici e bravi infermieri che se ne vanno dal nostro sistema sanitario pubblico. Ma perché se ne vanno? Perché aspettiamo anni per i rinnovi dei contratti, e non solo in sanità. E questo perché i governi vogliono guadagnarci sopra, ma per spendere in che cosa? Nelle guerre? Nelle armi per l’Ucraina? Per questo, per quell’altro? Ed è inutile che noi parliamo di pace quando il governo non lo fa. E la pace non si raggiunge facendo la guerra». (Alfredo Gon della Uil. Mo 4 maggio 2024. Manifestazione di Tolmezzo)

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Infine riporto qui due righe dal giovane infermiere di Pronto Soccorso Moreno Bongiorno, segretario dell’Alto Friuli del Nursind, dal suo intervento il 4 maggio 2024 a Tolmezzo: «In sanità, ha detto – sappiamo che c’è stata una centralizzazione che ha portato alla formazione di 5 aziende sanitarie, ma i cittadini della montagna (…)  hanno gli stessi diritti degli abitanti di altre zone […]. Infatti i cittadini di Sappada, Sauris, o di Forni di Sotto pagano le tasse come le pagano i cittadini di Udine.

Inoltre il sistema sanitario, in Carnia come altrove, e quindi la salute dei cittadini dipendono in primo luogo dagli operatori che dovrebbero loro star bene in primo luogo, ma vi confesso che ci stanno proprio stremando, con turni massacranti, con 70 – 80 giorni di ferie non godute. E qualcuno più preparato di me mi dirà pure dove andremo a finire anche a livello di diritti sindacali. Ed in queste condizioni il personale non ce la può fare ancora per molto.

Ed il sistema sanitario, e questo lo dico con orgoglio e con fierezza, regge in Carnia solo grazie al duro lavoro degli operatori sanitari, a partire dagli ausiliari sino a finire ai medici, compresi anche gli assistenti amministrativi. (…). Ed il sistema sanitario ha retto nel periodo del covid e continua a reggere, solo per l’impegno e la tenacia del personale che lavora nel settore pubblico, che sta facendo l’impossibile per non portare il sistema verso la privatizzazione. (…). Ed ancora due chicche: in Pronto Soccorso a Tolmezzo, da un giorno all’altro, nel mese di maggio è stato tolto un infermiere. Ma la cittadinanza è informata di questo che concorre ad aumentare i tempi di attesa in Pronto Soccorso? (…).

Ed il sistema sanitario regge anche grazie ai cittadini, che anche loro ce l’hanno dura. E noi, operatori sanitari, giungiamo a casa esausti dopo aver fatto turni massacranti. E i sindacati, tutti i sindacati, hanno il dovere di proteggere in primis i cittadini ma anche i lavoratori che sono stremati. E gli argomenti da discutere sono tanti in sanità: la mancanza di medici di base, la mancanza di una programmazione a lungo termine perché ‘la programmazione viene fatta il giorno prima per il giorno dopo’, e manca una programmazione globale da Udine. (…). Ma il problema nasce da lontano da quando è stata cambiata la denominazione e si è passati, in sanità, al termine ‘azienda’. Parte tutto da lì. Perché una azienda vende un prodotto, ma la salute non è un prodotto, è una bene garantito dalla Costituzione. E la dimostrazione più grande di oggi, a mio avviso, è la vostra presenza qui». (Moreno Bongiorno, segretario dell’Alto Friuli del Nursind, infermiere di Pronto Soccorso, 4 maggio 2024. Manifestazione di Tolmezzo).

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La registrazione degli interventi nel corso della manifestazione è mia, di Laura Matelda Puppini, la trascrizione adattando il parlato allo scritto pure, ed ho dato spazio ai rappresentanti sindacali del Nursind e della Uil che non hanno partecipato agli  incontri precedenti riportati anche qui. Non ho fatto rileggere queste righe ai diretti interessati e pertanto della trascrizione, peraltro fedele, mi assumo la responsabilità.

Si può notare quanto sia distante il mondo della politica e di chi regge la sanità dai problemi della gente e vorrei poter dire che mi auguro che le due realtà, quasi agli antipodi, incomincino almeno ad avvicinarsi ma non vedo per ora possibilità concreta alcuna, solo il non rispondere a quel popolo al cui servizio la giunta regionale dovrebbe essere.

E chiudo con il contenuto di due cartelli presenti in piazza XX settembre alla manifestazione: che rappresentano anche il mio pensiero:

“Salute pubblica: un diritto non una merce”.

“Sì alla sanità no alla guerra!”

Laura Matelda Puppini

L’ immagine che accompagna l’articolo è stata da me scattata alla manifestazione del 4 settembre 2024. L.M.P.

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