Vittorio Molinari, commerciante, tolmezzino, fotografo e la ‘vecchia Tolmezzo’ in un volume uscito nel 2007.
Nel 2007 è stato pubblicato un mio volume su Vittorio Molinari, detto’Pochit’ per la sua bassa statura, tolmezzino, commerciante, fotografo, edito dal gruppo Gli Ultimi e Cjargne Culture, che consiglio a tutti coloro che amino la storia della fotografia e le ‘vecchie’ fotografie, ma anche solo ed unicamente Tolmezzo. Alla sua uscita, a Natale, il volume ebbe successo e molti tolmezzini guardarono quelle immagini riconoscendo personaggi ed angoli, poi spariti, della cittadina carnica, scambiandosi opinioni e ricordi. Così lo sfogliare il volume divenne un momento di incontro ed un modo di sentirsi ancora parte di una comunità già allora quasi scomparsa.
La copertina del volume di Laura Matelda Puppini sul fotografo Vittorio Molinari.
Ai primi del Novecento, anche in Carnia, come in altre zone d’Italia, la fotografia era appannaggio di dilettanti e professionisti. Accanto a fotografi esperti in ritratti, rigorosamente prodotti all’interno dei loro atelier o studi che dir si voglia, vi erano altri, come Giuseppe Di Sopra detto “Bepo di Marc”, capocantiere della val di Gorto, che ritraevano, probabilmente per “un bianco ed un nero”, la gente del posto, esercitando la fotografia come secondo lavoro o per passione, trasformando un cortile od un angolo rigorosamente adattato con l’uso di fondali di fortuna ed alcuni accessori, in uno spazio atelier improvvisato. Ma Molinari non fu tutto questo, perchè non si dilettava principalmente a fissare sulle lastre persone anche in gruppo, ma prediligeva gli avvenimenti, collocandosi fra coloro che, per primi, fecero fotocronaca in Friuli.
Da cosa si evince quanto? Dall’analisi del fondo fotografico Molinari, dato al gruppo ‘Gli Ultimi’ dalla signora Pia Molinari in Craighero, figlia di Vittorio, a cui va il mio sincero grazie. Il fondo comprende una serie di immagini riproducenti vie, piazze, strade tolmezzine, manifestazioni, celebrazioni, funerali, oltre che “foto di famiglia”, amicali, paesaggi ed altro e ci parla di diversi argomenti, mode, aspetti di vita dei primi trent’anni del Novecento in Carnia.
In un caso come questo, anche se è indispensabile avere sufficienti notizie storiche relative al fotografo che ci possono illuminare, per esempio, sul fatto che egli fotografasse pure per utilizzare le riproduzioni quali cartoline da vendere nel suo esercizio commerciale, diventa prioritario cogliere “l’occasione”, l’oggetto della ripresa, e quindi tentare di datare, nel modo più preciso possibile, le singole immagini.
Vittorio Molinari. Sollevamento della nuova campana del duomo di Tolmezzo. Marzo 1921.
Dagli inizi del secolo sino agli anni Quaranta tutta una serie di mutamenti portanti sconvolgono l’assetto urbano tolmezzino: vengono costruiti il nuovo cimitero (1910 – 1911), il macello (1911 – 1912), la stazione ferroviaria, l’ospedale nuovo (1928 – 1930), il nuovo campo sportivo (anni ’20), la caserma dei Carabinieri (in costruzione nel 1933 – ’34 circa), l’edificio per l’Istituto Professionale, inaugurato nel 1921, le prime case popolari; vie e piazze cambiano volto e talora nome. Nuove banche si affiancano ai vecchi istituti di credito, l’esperienza delle Cooperative Carniche nasce, raggiunge il suo apice e trova il suo ridimensionamento, gli spazi destinati all’edilizia urbana si ampliano valicando di gran lunga la vecchia cinta muraria in uno scorrere veloce dei fatti, delle scelte, degli avvenimenti.
Vittorio Molinari, commerciante di professione, fotografo per hobby, punta il suo obiettivo su alcuni aspetti salienti, sia urbanistici che non, della vita tolmezzina. Il suo interesse pare essere quello di fissare un mutamento storico, strutturale, della cittadina carnica, od un avvenimento vissuto dalla popolazione locale come un “evento”: in sintesi gli oggetti di tante conversazioni sussurrate nelle osterie, al caffè Manzoni, all’albergo Roma.
Ed ecco scorrere davanti ai nostri occhi le immagini di una Tolmezzo che scompare ed una nuova che affiora, per esempio il vecchio assetto urbano ed il nuovo di piazza XX settembre ed una serie di manifestazioni di indubbio rilievo: dalla celebrazione della beatificazione di don Giovanni Bosco, alla presenza delle più alte autorità della provincia il 16 giugno 1929 all’indomani della stipula definitiva dei patti lateranensi, al ricco funerale della signora Emilia De Giudici, grande e dimenticata benefattrice tolmezzina, celebrato con la “dovuta coreografia” ed un gran accorrere di folla; dall’omaggio al milite ignoto davanti al Duomo di Tolmezzo, alle immagini dei danni provocati dal terribile terremoto del 27 marzo 1928, le cui conseguenze si fecero sentire, fortissime, soprattutto a Verzegnis ma anche nel capoluogo carnico, ove subì notevoli danni anche la casa in cui, allora, abitava Vittorio Molinari, posta nella stretta ‘Castellani’.
Vittorio Molinari. Terremoto del 28 marzo1928. Macerie presumibilmente in comune di Verzegnis.
Ma anche piazza XX settembre, palazzo Garzolini, ex casa comunale, più volte riparato, demolito e ricostruito negli anni ’30, (l’appalto dei lavori di demolizione e ricostruzione è datato 1/6/ 1932), sede del tribunale, della pretura, del locale corpo dei Carabinieri, dell’Opera Nazionale Balilla, in momenti talora diversi talora concomitanti; il caffè Manzoni fulcro, con l’albergo Roma, della piazza, centro e polo della Tolmezzo colta, commerciante, borghese, ricorrono insistenti nelle immagini del Molinari. Così il Duomo, il cui aspetto esterno si modifica dal 1920 ai primi anni ’30 con l’allargamento della cella campanaria ed il rifacimento della cuspide del campanile (1921), il completamento della facciata (1931), l’eliminazione del muro di cinta e l’allargamento ed apertura al traffico delle vie laterali (1932- 1933), che uniscono piazza XX settembre a piazza Centa, ove all’epoca si trovava ancora la caratteristica chiesetta dedicata a S. Maria, poi sconsacrata ed utilizzata in altri modi ed infine demolita.
Naturalmente Vittorio Molinari fotografo non è solo questo, ma attraverso le immagini pervenuteci è possibile, anche a livello urbanistico, ma non solo, “leggere un passato” ormai lontano ed aprire nuovi campi di indagine per ricercare cosa avvenne in Carnia ed a Tolmezzo dagli inizi del secolo agli anni ’40. Gli aspetti che caratterizzano questo fotografo sono: il riuscire a scattare immagini di eventi salienti che ben si collegano a testi che li narrano, e che narrano a loro volta, in un raro esempio per la nostra terra, di foto – cronaca; la tendenza a riprendere gli eventi nel loro svolgersi e quindi all’istantanea pur servendosi di lastre; l’eterogeneità delle tematiche trattate e degli “stili” utilizzati.
Vittorio Molinari. Presumibilmente Curiedi di Fusea. Salto con gli sci.
Per quanto riguarda il Friuli, i riferimenti ideologici dei maggiori fotografi, fra le due guerre, furono, secondo Gianfranco Ellero: un ruralismo tardoromantico che si sposava con il folklore e con la retorica nazionalista e fascista; l’ esaltazione della grande guerra; il mito della montagna come luogo di salute fisica e morale, di avventure e di ardimenti, fiorito intorno alla cultura ed alla prassi della Società Alpina Friulana.
Ma Vittorio Molinari, fascista e fotografo amatoriale, benché non disdegni di produrre immagini che rispondono ai miti dell’epoca, non è strettamente legato al mercato dell’immagine e può permettersi di ricercare quella “dinamicità espressiva” che, chi di fotografia viveva, non poteva permettersi; vivacità e spontaneità che si ritrovano in alcune sue foto di famiglia e che le rendono particolarmente originali, se si pensa all’epoca in cui furono scattate ed al mezzo tecnico.
Vittorio Molinari. La piccola Caterina Molinari, figlia del fotografo. 1921.
Alcuni fotografi, già alla fine dell’Ottocento, utilizzarono il “colpo d’occhio” per vivacizzare le loro immagini, cercando di cogliere, con spontaneità, scenette, strade urbane, spazi aperti, rompendo gli stereotipi imposti e permettendo, attraverso la riproduzione fotografica, di rivelare e disegnare un’immagine efficace della vita, degli abiti, dei costumi, degli spazi con le loro costanti ed i loro mutamenti.
E, come già scritto, spazi e modifiche nel vecchio assetto urbano di Tolmezzo ed avvenimenti di cronaca locale di un certo spessore furono anche oggetto delle fotografie di Vittorio Molinari, che ci ha lasciato la documentazione più completa e forse unica, ed anche per questo importantissima, della cittadina carnica dai primi Novecento agli anni Trenta, permettendo di ricostruire, a più livelli, la storia di Tolmezzo in quegli anni, in modo accurato e preciso, fondendo immagini e testi di cronaca locale.
Non si può dire che Vittorio Molinari fosse “un rivoluzionario”, in campo fotografico. Egli cercò di “fissare”, dalla finestra della sua abitazione o di altri edifici manifestazioni pubbliche svoltesi a Tolmezzo, nella centralissima piazza XX settembre, “la piazza” per antonomasia, nonché, sempre prediligendo le riprese dall’alto e con “campo lungo”, eventi di rilievo quali: cerimonie religiose, lavori pubblici, facciate di palazzi, ed altro ancora, non puntando alla perfezione dell’immagine, che resta comunque di buona qualità, ma “il fissarsi dell’attimo”, come ben documenta la fotografia del Provveditore agli Studi on. Gasperoni, con la sua enfasi tutta dipinta sul volto, ed il braccio teso verso l’alto, quasi a monito, mentre tiene il suo infervorato discorso alle scolaresche in occasione della beatificazione di Giovanni Bosco, il 16 giugno 1929.
Si può quindi dire che “istantanea” e “colpo d’occhio”, poiché in questi casi il risultato si gioca “sul filo del rasoio”, sembrano, in alcune fotografie, caratterizzarlo.
Vittorio Molinari. Tolmezzo. Piazza XX aettembre. 16 giugno 1929. Il Provveditore agli studi del Veneto, on. Gaetano Gasperoni, parla in occasione della beatificazione di Giovanni Bosco.
Molinari ci pare un uomo curioso che utilizza la macchina fotografica per riprendere ciò che gli interessa o che ha fatto, localmente, scalpore, che la utilizza studiando le possibilità che il mezzo tecnico può dare, sprecando pure una lastra e riprendendo due volte lo stesso soggetto, per avere la resa migliore. Del resto la foto “quasi – istantanea” che tenta è indubbiamente interessante se si pensa ai mezzi tecnici allora più diffusi sul territorio nazionale ed all’uso di lastre. Il prof. Gaetano Gasperoni non può stare in posa per lui, come la figlioletta che tende la mano verso l’apparecchio fotografico o le giovanette che fanno il saggio ginnico in epoca fascista, ma comunque egli riesce a cogliergli in tutta la loro spontaneità e senza sfocare. Inoltre alcune immagini che risultano lievemente oblique fanno ritenere che egli non usasse sempre il cavalletto, per i limiti che lo stesso comportava, o che non riuscisse a trovare un punto di appoggio adeguato per lo stesso.
Inoltre, visti i soggetti di gran parte delle sue immagini, Molinari si potrebbe inserire, a pieno titolo tra quei primi “foto – cronisti” che avevano avuto, quale antesignano, in Italia, Stefano Lecchi, un ambulante che fissò gli “accadimenti” che seguirono l’assedio di Roma del 1849. Di lui sono state rinvenute, nel 1997, quarantuno carte salate relative a questi fatti storici, mentre altre venti, ritrovate recentemente a Milano, riguardano sia eventi bellici che immagini di piazze e monumenti di Roma, malridotti dai combattimenti o, in qualche modo, collegati alla breve parentesi della “repubblica romana”. Quello che ci ha lasciato Lecchi è, quindi, un vero e proprio “reportage di guerra”, il primo della storia della fotografia italiana. In questo modo egli inaugurò, nella penisola, un genere che sarebbe rimasto per molto tempo poco seguito.
Ciò che colpisce – scrive lo studioso Damiano Bianca nel suo: “Stefano Lecchi ed il reportage di guerra, in: www.internetcamera.it/ritagli-stefano_lecchi_e_il_reportage_di_guerra.html – nell’osservare attentamente le calotipie di Lecchi, è che egli non avrebbe potuto fissare quelle immagini se non fosse stato persona ben informata sui fatti, in quanto riesce a svolgere un accurato lavoro di documentazione “su un “dopo” che riecheggia l’evento”.
Vittorio Molinari. Sventramento di via Ermacora per realizzare il nuovo assetto di piazza XX settembre.
Anche Vittorio Molinari è persona informata sui fatti: sui cambiamenti urbanistici della cittadina in cui vive e che lo coinvolgono, anche perchè, per costruire il palazzo della Provincia progettato da Ettore Gilberti, viene abbattuta, la sua nuova casa, costringendolo ad andare prima in affitto e quindi a ricevere un piano per sè e la sua famiglia nel nuovo palazzo; sulle manifestazioni più importanti che avvengono in periodo pre- fascista e fascista; sulla storia locale e nazionale; sul progresso che avanza, aprendo strade e gallerie e portando la luce elettrica. E fissa, sulla lastra, ciò che vuole fotografare, ciò che ritiene “segno dei tempi” e degno di essere ricordato in futuro.
Guardando e riguardando il fondo Molinari nella sua interezza, pare di cogliere, anche nelle fotografie che sembrano più “fredde” ed “asettiche “, una certa partecipazione di Vittorio Molinari all’oggetto delle sue fotografie, ed egli non sembra proprio distaccato da ciò che ha deciso di fotografare: dalle varie manifestazioni in cui compaiono, spesso, gli alpini schierati, dagli eventi sportivi, da particolari accadimenti legati all’epoca fascista, dalle strade che si aprono e dalle ville che si costruiscono, dal nuovo cimitero locato ben fuori delle mura, dall’assetto emergente della piazza. E di fatto egli riesce a trasmettere, attraverso le immagini e quanto rappresentato, il suo sentire personale, una sua certa visione della società e una sua partecipazione politica abbastanza precisa, una ricerca di “ordine” sia in un campo che nell’altro, accanto all’amore per la famiglia ed i figli, per quei bambini così spesso ritratti anche in modo “anticonformistico”.
Vittorio Molinari. Paesaggio.
Certamente Vittorio Molinari fotografò pure paesaggi, per farne magari delle cartoline, ma non sono questi ultimi che fanno di Molinari un fotografo di tutto rispetto, un fotografo diverso dai suoi contemporanei carnici. La fotocronaca ed il foto – giornalismo, se così si può dire, paiono caratterizzare il Molinari, a differenza degli altri fotografi locali.
E del resto non si può definire un esempio di foto –giornalismo la prima pagina di “La Patria del Friuli”, all’indomani del catastrofico terremoto del marzo 1928 che sconvolse Tolmezzo, Cavazzo C. e soprattutto Verzegnis, in cui articoli di inviati vengono corredati dalle foto che potrebbero essere attribuite a Vittorio Molinari, in quanto esistono le lastre a documentarlo? Ed il foto- giornalismo, come scrive Zannier, nella “sonnolenza del pittoricismo “fu, certamente, un elemento di rottura, di novità, anche se non bisogna dimenticare che la propaganda fascista e nazista si servirono di ben altro mezzo tecnico: il filmato cinematografico utilizzato sin dai tempi della Grande Guerra in Italia.
Vi vorrei ricordare, infine, che, quando parlo di Vittorio Molinari, sto parlando dell’autore di gran parte delle immagini che circolano, spesso prive di proprietà artistica, sotto la dicitura popolare di “foto della vecchia Tolmezzo”. Ed a me pare, pure, che Vittorio Molinari abbia presente diverse tipologie di immagini fotografiche, forse perché le ha potute visionare nel suo negozio in cui si possono trovare, da un certo momento in poi, anche libri e riviste.
Infatti come non pensare agli Alinari, di fronte all’immagine del cimitero di Tolmezzo od a palazzo Garzolini, che fu casa comunale; come non riconoscere le caratteristiche della foto di atelier in quella dei due figli, rigorosamente in posa, ripresi nella camera con la brocca accanto; come non rammentare certe immagini artistiche in alcuni suoi paesaggi? Inoltre si nota, come in Giuseppe Di Sopra, l’uso della luce naturale per illuminare immagini scattate all’interno, non essendo ancora presenti altre soluzioni, e sappiamo che Molinari sviluppava da solo le sue fotografie e presumibilmente vendeva pure materiali fotografici.
Vittorio Molinari rappresenta, nel contesto carnico dei primi del Novecento, un fotografo che si differenzia dai contemporanei e che apre vie e capitoli nuovi nell’utilizzo locale dell’immagine.
Laura Matelda Puppini – autrice del volume su Vittorio Molinari.
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L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle utilizzate al suo interno.
Articoli sulla fotografia e fotografi pubblicati su www.nonsolocarnia.info:
Beppo di Marc – Giuseppe Di Sopra, socialista e fotografo di Stalis di Rigolato.
Riflessioni ai margini del convegno “Foto per la storia dell’arte” tenutosi a Udine.
Sobre Tina. Due considerazioni personali al margine di un convegno su Tina Modotti.
Due o tre cose che so di lei: Il fotografo, un mestiere accreditato.
Due o tre cose che so di lei: brevi cenni sulla storia della fotografia ed i suoi protagonisti
È ancora possibile acquistare il volume sul fotografo Vittorio Molinari, chiedendolo alle edicole e librerie. Io so che attualmente due copie sono in vendita presso ‘Il Fiammifero’ a Tolmezzo. Per informazioni su dove trovare il volume, potete anche rivolgervi a Marco Lepre, Tarcisio Not, e Dino Zanier. Gli articoli sopra ricordati, se non è specificato altro autore, sono miei. L’immagine che accompagna l’articolo è una di quelle utilizzate al suo interno. Laura Matelda Puppini.
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