Anche  Carnia si parla di sanità ed ospedale, di servizi di cui si teme il taglio, e mi si domanda, mi si chiede, mi si riferisce anche qualche criticità, qualche aspetto che dovrebbe esser verificato e preso in considerazione, ma che potrebbe esser anche mera chiacchiera o non verificabile. Spesso non ho risposte, in questa situazione che si presenta caotica proprio perchè la riforma regionale non ha avuto uno straccio di analisi, proiezione, ecc. a conforto e di confronto e quindi per il modo in cui è stata strutturata, ove pare chiaro cosa si perde, non cosa si guadagna. Comunque cercherò qui di scrivere due considerazioni su dati ed informazioni reperiti da documentazione e dalla stampa, anche a titolo informativo, senza voler offendere alcuno e per quanto ho compreso. E se ho capito male per cortesia correggetemi. 

Come sappiamo, «Con L.R. 17 del 16/10/2014 l’Amministrazione Regionale ha provveduto al riordino dell’assetto istituzionale ed organizzativo del Servizio Sanitario Regionale. Tale riordino ha comportato una ridefinizione dell’assetto delle singole aziende ridisegnando i territori di competenza sotto il profilo geografico, politico e sociale» – premette il Direttore dell’Aas3 alla relazione che accompagna il bilancio consuntivo del 2015. (Azienda per l’Assistenza sanitaria 3 Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli, Relazione sulla gestione e Bilancio d’esercizio anno 2015, Relazione del Direttore Generale sulla gestione – anno 2015, in: bilancio_consuntivo2015integrale.pdf, pagina non numerata, ma p.2 essendo quella che precede p.3). Ciò ha comportato la creazione della nuova Aas3 Alto Friuli – Collinare – Medio Friuli, ed anche l’acquisizione, da parte della neonata Azienda, delle deleghe per servizi sociali e gestione delle strutture per l’handicap, derivate dalle pregresse gestioni.(Ivi). E fin qui nulla di nuovo.

Caratteristiche della nuova AAS3.

La nuova AAS n3 è caratterizzata da un territorio molto vasto: 3104 Kmq, circa il 40% del territorio regionale e circa il 63% della provincia di Udine, e comprende aree montane, collinari e di pianura. Anche la densità abitativa del territorio varia: vi sono aree distrettuali in cui più della metà dei comuni ha densità inferiore a 22 ab per Kmq, ed aree distrettuali in cui più della metà dei comuni ha densità superiore a 134 ab per Kmq. La popolazione complessiva è di circa 172.000 abitanti, la popolazione cosiddetta “pesata” cioè calcolata sulla previsione di intervento sanitario in base ad una serie di parametri quali l’età e le prevedibili patologie correlate, ed altri ancora, è pari a 189.631 abitanti, e si presenta  con una diversa struttura demografica correlata all’area geografica di residenza. (Ivi, p.2 e p.4). In particolare si evidenzia un progressivo invecchiamento della popolazione da sud a nord (l’indice di vecchiaia passa da 182% nel distretto di Codroipo a 235% nel distretto della Carnia)» (Ivi, p. 2), e, per quanto riguarda coloro che vivono oltre i 500 metri di altitudine, la quota di ultrasessantacinquenni si attesta a 23.819 residenti, pari all’89,2% di quella regionale. (Ivi).

Si muore di più e prima in montagna.

Anche lo stato di salute generale riscontra diversità. Nell’area montana, come in altre simili del Nord Italia secondo il dott. Benetollo, l’aspettativa di vita è più bassa che nelle altre, e se il tasso grezzo di mortalità (numero di morti sulla popolazione di riferimento in un anno) è pari a 10,6 per 1000 abitanti nel distretto di Codroipo, in Carnia è pari a 13,05 per 1000 abitanti, ed in Carnia si vive decisamente meno che nel resto del territorio dell’Aas3, variando l’indice correlato agli anni di vita persi da 96 per 1000 abitanti nel distretto di Codroipo fino ad arrivare a 111 per 1000 abitanti nel distretto di Gemona ed a 117 per 1000 abitanti nel distretto della Carnia. (Ivi, p.2). Sarebbe interessante conoscere le cause di morte e le età,  onde agire in modo efficace per la prevenzione. Ci potrebbe essere, infatti, una altissima incidenza di leucemie ed altri tumori, di cui scoprire natura e causa, oppure il servizio sanitario in montagna ha qualche limite per una miriade di motivi, per esempio le distanze, oppure aspetti sociali, comunicativi o paure (se vado dal medico sono ammalato, cuisà ce ca mi cjate, non avrò nulla e a l’è di bant disturbā il miedi) o il vivere soli o con altra persona anziana potrebbero incidere sul ricorso al medico da parte della popolazione, o … E senza conoscere non si può operare in modo efficace.

Pertanto io credo che la Regione non dovrebbe togliere servizi sanitari essenziali come il pronto soccorso di Gemona, ma invece fare un serio esame ed analisi del fenomeno onde dare risposte in senso correttivo. Ma invece la Regione ha cancellato l’ospedale di Gemona ed è stato tolto, di fatto, il laboratorio analisi tolmezzino, che può refertare solo le analisi di ricoverati e Pronto Soccorso, introducendo la non chiara definizione di “esame di routine” e favorendo il polo udinese, da che si sa dalla stampa (“Tolmezzo: il laboratorio delle analisi non chiude. I prelievi saranno raccolti in ospedale, che continuerà quindi a eseguire tutti gli esami che rivestono carattere di urgenza ed emergenza”, in: Il Friuli, 9 febbraio 2015; Serracchiani: «Il laboratorio unico dimostra che la riforma sanitaria è positiva», in La Vita Cattolica, 7 gennaio 2016, avente come cappello: “La struttura accorpa le analisi degli ospedali di Udine, Palmanova, Latisana, S. Daniele e Tolmezzo”). 

Già prima alcuni esami venivano refertati ad Udine, e si poteva tranquillamente lasciar refertare qui un tampone, un’esame urine, un emocromo, due transaminasi, un tempo di protrombina, colesterolo e trigliceridi, e altri semplici esami di routine utili sia ai pronto soccorso che ai medici di base, che sono già stati enucleati da recenti studi, (L’elenco degli esami e la fonte da cui li ho tratti, si trovano in Laura Matelda Puppini, Se perdo te … ancora due considerazioni sul laboratorio analisi dell’ospedale tolmezzino …,  12 gennaio 2016, in: www.nonsolocarnia.info), tanto i macchinari devono restare comunque in funzione. Ma la politica ha voluto fare rivoluzioni senza sapere e conoscere, in senso autoreferenziale …. Pare …. Così poi si è venuto a perdere quel rapporto fra laboratorio e medici di base, molto utile e proficuo, ed inoltre i prelievi fatti a Forni di Sopra, come a Sauris, a Timau ed in tutta la Carnia, devono raggiungere Udine, se ciò che è stato detto dalla stampa è vero, stazionando magari a Tolmezzo, con possibile rischio di problemi al campione. (Cfr. nel merito: Laura Matelda Puppini, Se perdo te … cit.).

Alcuni aspetti messi in evidenza dal Direttore Generale AAS3 relativi al funzionamento dell’ azienda e mie considerazioni nel merito. 

L’Aas3 è virtuosa rispetto ai desiderata dell’assessore regionale e della Regione, che ormai determinano la nostra vita, su alcuni aspetti, come il numero di visite ambulatoriali nell’arco di un anno per ciascun paziente, che deve essere inferiore a quattro, il numero di nascite con parto cesareo, definite per legge e non da necessità, ma i tempi di degenza degli ultrasessantacinquenni, con diagnosi di patologia medica, cioè dimessi da medicina, par di capire, superano ancora i desiderata regional/teleschiani, e si devono abbassare a meno del 4%. (Azienda per l’Assistenza sanitaria 3 Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli, Relazione, cit., p. 3). In sintesi la salute viaggia a statistiche, non a necessità contingenti, e se a casa sei solo o con altra persona anziana che non può accudirti arrangiati, come Regione pare proprio voglia.  Comunque siamo un pelino, una inezia più virtuosi degli altri sulla proposta di servizio domiciliare, non si sa in cosa consistente, e se collegato al reddito e quindi con compartecipazione di spesa da parte dell’ utenza.

In tale ottica, e cioè per abbassare i tempi di degenza in reparto di medicina per i sessantacinquenni, potrebbe venir letta la proposta/soluzione del dott. Benetollo di mantenere 80 posti letto a Gemona del Friuli, suddivisi in maniera flessibile per garantire le cure intermedie (non si sa se ai soli residenti nel comune od a chi) di cui il paziente può usufruire a metà strada fra l’ospedale e la propria residenza, (che non si sa che significhi nella realtà) ripartiti , indicativamente, in questo modo: 25 per le degenze internistiche, 30 per la riabilitazione e 25 per l’Rsa, preparando il rientro a casa dei pazienti,  e creando, con detti posti letto, una ulteriore struttura per degenze intermedia polifunzionale, ed abolendo, par di capire, la struttura di medicina interna. (Alessandra Ceschia, Cure intermedie: 80 posti all’ospedale di Gemona, in: Messaggero Veneto 24 luglio 2016). Però non si sa da quali medici verrà gestita questa “nuova creatura”, che sembra una Rsa nei fatti, se si guarda a quella tolmezzina che svolge analoghe funzioni, e non vorremmo sentire che verrà gestita dai medici di base, che già hanno tra i loro pazienti quelli delle case di riposo, perchè sarà meglio migrare; e vorrei sapere che significa che detta struttura sperimenterà «nell’arco del prossimo biennio un modello innovativo, fortemente orientato a ripristinare le condizioni migliori possibili per una stabile permanenza a domicilio del paziente fragile, lavorando sin dalle prime ore del giorno di accoglienza sul piano clinico, riabilitativo, sociale e orientando il lavoro di tutti i professionisti a favorire l’empowerment della famiglia», perchè per me, povera cristiana, è pura teoria, e per che tipologia di pazienti verrà attivata. Comunque la giornalista Ceschia scrive che: «Tradotto in parole semplici significa che il paziente, superata la fase acuta, verrà accolto nella struttura di Gemona, dove i familiari che dovranno prendersene cura verranno coinvolti e preparati ad assumersi carico dell’assistenza del paziente a casa». E se il paziente vive solo, o con altra persona anziana magari non autosufficiente, non ha figli che vivano vicino, e comunque questi hanno figli da accudire, lavorano tutto il giorno ecc., chi vedrà del paziente dopo le dimissioni, con una popolazione sempre più povera? 

Struttura dell’Aas3, e quanti esenti ticket e quanti no.

Su un totale di 170.979 pazienti residenti nel territorio aziendale, 68.335 sono esenti da ticket, di cui un po’ più della metà per reddito ed un po’meno della metà per altri motivi, che credo siano patologie rare e gravi (Azienda per l’Assistenza sanitaria 3 Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli, Relazione, cit., p. 5).

«L’Azienda risulta costituita da: 2 Presidi ospedalieri, quello di Tolmezzo-Gemona e quello di San Daniele del Friuli, ciascuno dei quali ha operato per il 2015 con l’assetto organizzativo pregresso, fatte salve alcune modifiche organizzative che si sono rese necessarie nel corso dell’anno […]». (Ivi, p.6). Gemona è stato riconvertito in Presidio ospedaliero per la salute, come politica ha voluto. «Le Strutture operative aziendali risultano configurate come previsto dalle precedenti normative regionali di riferimento, in particolare i due Presidi ospedalieri hanno le funzioni previste per gli ospedali di rete della LR 13/95, i Distretti operano attraverso l’Area Adulti e Anziani e l’Area Minori, come previsto dalla L.R. 23/2004, e sono organizzati secondo le linee guida per l’atto aziendale approvate dalla Giunta regionale nel 2005 e s.m.i.» (Ivi, pp. 7-8).

Secondo me questa divisione già presente fra l’asse Gemona/Tolmezzo e l’asse San Daniele Codroipo potrebbe far configurare due realtà precise, due distretti di riferimento privilegiati, uno per i residenti della Carnia e del gemonese ed uno per Sandanielesi e codroipesi, con priorità di accesso per visite ecc. dei residenti rispettivamente nell’uno o nell’altro distretto, non la miscellanea che vuole tutti muoversi su tutto il territorio provinciale, dai monti al mare.

Ricoveri di abitanti nei territori dell’Aas3 e da fuori.

I ricoveri nei presidi ospedalieri dell’Aas3, nel 2015, sono stati inferiori a quelli dell’anno precedente ed i dimessi dagli ospedali sono stati  19.486, 1008 unità in meno rispetto al 2014 (Ivi, p. 10), ma non si sa quanti per riduzione accessi e quanti per morte sopravvenuta, aspetto su cui varrebbe la pena di fare una ricerca ulteriore, secondo me. Altro dato interessante è quello relativo alle ospedalizzazioni dei residenti fuori distretto, dato già alto in precedenza (Ivi).

I «ricoveri di pazienti residenti in AAS3 presso altre Aziende sono stati 9994, di cui 6358 (63,62%) per prestazioni comunque presenti nei presidi aziendali dell’AAS3. Mentre sono stati 5627 i ricoveri di pazienti provenienti da altre aziende regionali». (Ivi). Sarebbe interessante studiare le cause di questo fenomeno. Liste di attesa, scarsa fiducia in alcuni medici, tipologia di interventi che non vengono svolti pur in presenza di presidi aziendali, domicilio dei soggetti in casa di parenti, o?

La degenza media complessiva è aumentata da 6,06 a 6,19, segno, secondo il direttore generale, che a fronte della riduzione di ricoveri e giornate di degenza, l’ospedale gestisce i casi complessi. I ricoveri in day surgery si stanno concentrando lentamente verso Gemona del Friuli, come programmato. (Ivi).  Ma la riforma non è entrata ancora a regime e quindi temo si stia fotografando il pregresso.

Organizzazione ospedaliera.

«Nel 2015 in entrambi i presidi di San Daniele e Tolmezzo è stato implementato e sviluppato il programma regionale sul rischio clinico». (Ivi, p. 11). Nel territorio dell’ASS3 non sono presenti Case di Cura accreditate convenzionate, e le discipline presenti negli ospedali aziendali sono: Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Area di Emergenza, Anestesia e Rianimazione, Chirurgia Generale, Ortopedia e traumatologia, Urologia, Ginecologia, Otorinolaringoiatria, Medicina interna, Postacuzie, Ostetricia, Pediatria, Oncologia, Medicina fisica e riabilitazione, Cardiologia, Nefrologia Dialisi. (Ivi, p. 12).

Mancano però i dati relativi al personale occupato, divisi per tipologia.

Nel 2015 i posti letto erano così ripartiti:

REGIME DH REGIME ORDINARIO TOTALE
Gemona   8   80 88
Tolmezzo   9 180 189
San Daniele 11 163 174
TOTALE 28 423 451

(Ivi, p. 17).

«L’attività del Pronto soccorso è rimasta sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente: – gli accessi soccorso sono variati di poco in termini assoluti, in quanto si registra solo una diversa distribuzione degli accessi per codice triage; – I tempi medi di attesa sono rimasti invariati, fatto salvo il codice nero, ma la numerosità delle registrazioni non rende significativo il dato; – Vi è stato un incremento del 4,43% dei pazienti in osservazione breve intensiva. – L’esito dell’accesso al PS nell’apertura di un ricovero ordinario è rimasto stabile (+0,02%)» (Ivi, p. 83) il che sta ad indicare, secondo me l’utilità del mantenimento del p.s. di Gemona, per non intasare gli altri con rischi per la salute.

Io non ho mai visto in Europa, ove vi sono zone con scarsa popolazione ripartita in piccoli nuclei su area geografica vasta, chiudere i piccoli pronto soccorso, ma può essere limite mio, naturalmente. Il numero totale di accessi nei pronto soccorso, non ancora rivoluzionati dalla politica regionale, è stato di 59.852,  un centinaio in più dell’anno precedente. Molti i codici bianchi, molti i codici verdi, (Ivi, p. 84), il che fa pensare che comunque defìci il sistema dei medici di base, ma anche come il paziente da solo non sappia se un sintomo sia grave o meno. Comunque si noti come, a seguito della visita medica, (il codice è attribuito da un infermiere) vi è stato ricovero anche per un 4,4% dei codici bianchi e per un 15,4% dei codici verdi, dato che non si discosta di molto da quello dell’anno precedente. (Ivi, p. 84).

Inoltre, a mio avviso,  si deve tener conto degli aumenti di accessi di turisti in periodo invernale ed estivo nelle zone montane, il che farebbe saggiamente volgere al mantenimento anche del ps di Gemona, senza gravare su Tolmezzo ed Udine.

I ricoveri totali sono stati 19.486, di cui 8.791 a San Daniele, 7401 a Tolmezzo, 3294 a Gemona. Ma i dati totali non dicono nulla se non si guarda che il numero dei DH è pari solo a 3.174 degenze,  di cui il numero massimo è a San Daniele, e che togliendo i posti per le 2.112 degenze ordinarie di Gemona, su dato stabile rispetto all’anno precedente, non si sa come tali degenze potrebbero venir ripartite, tenendo conto che Udine fornisce chirurgia super specialistica, ma poi invia  a aas3 i pazienti provenienti dalla stessa, almeno così pare. Inoltre la predominanza di alcune tipologie di intervento chirurgico, che prevedono qualche giorno di ospedalizzazione post- intervento, visto anche il dato medio di 5-6 giorni di ospedalizzazione, (Ivi, p. 85), fanno ipotizzare che la richiesta di ricovero ordinario non possa diminuire di molto. A Gemona del Friuli, poi, il numero maggiore di ricoveri riguarda pazienti che hanno subito un intervento ortopedico o angioplastico.

Attività ambulatoriale.

«L’attività ambulatoriale erogata nel 2015 ha avuto una lieve flessione (-2,6%) quasi totalmente riconducibile alla riduzione delle prestazioni del laboratorio analisi». (Ivi, p. 87). La variazione rispetto al 2014 è comunque nell’ordine di qualche migliaio di prestazioni del laboratorio, che passano da 1.687.101 a 1.637.144 (- 49.957), (Ivi, p. 88), forse per concorrenza privati a Tolmezzo, forse per minore numero di prescrizioni da parte dei medici di base, forse per lentezza risposte, forse per il costo di alcune prestazioni. Anche qui mancano i dati disaggragati per tipologia di esame. Inoltre si noti (tabella a p. 89) come le prestazioni presso il laboratorio di Tolmezzo fossero di gran lunga il numero maggiore, rispetto a San Daniele e come crollino a Gemona, priva di laboratorio proprio, ma con punto prelievi. Pertanto ora si potrebbe prevedere il crollo anche a Tolmezzo, e se erro correggetemi. Comunque non si sa quanto incidano sul totale esami di laboratorio quelli svolti per ricoveri e quelli su richiesta da esterni, il che avrebbe dovuto venir ben valutato, secondo me, prima di correre in soccorso del laboratorio udinese. Questa comunque la situazione prestazioni laboratorio analisi 2014- 2015:

Presido ospedaliero Prestazioni del laboratorio analisi 2014 Prestazioni del laboratorio analisi 2015 Diff.
GEMONA DEL FRIULI 384 503 + 119
TOLMEZZO 721.447 708.025 ‒ 13.422
SAN DANIELE 676.164 643.570 ‒ 32.594

(Ivi, p. 89).

È stato saggio privarsi anche di questo introito a favore di Udine, per far raggiungere allo stesso gli standard previsti, con risultato di possibile corsa ai laboratori privati?  Ora il laboratorio analisi di fatto non esiste per i non ricoverati. Quale previsione? Vorrei proprio saperlo.

Inoltre se il dott. Benetollo aveva in mente, correttamente, lo scorporo definitivo di tutti i contratti e convenzioni ancora non perfettamente suddivisi tra le due Aziende; (p.3) Aas3 e Ass4, ora il pasticcio si ripresenta, perché il personale del laboratorio analisi di Tolmezzo dipende, secondo la stampa, dal marzo-aprile 2016 dall’Ass4, (Cfr. Laura Matelda Puppini, Se perdo te, cit.)  mentre il centro trasfusionale dipende dall’ospedale di Udine già da prima del 2015, come il personale. (Cfr. ou.udine.it/reparti/trasfusionale/trasfusionale-tolmezzo). Così, forse, quella difficoltà evidenziata per il 2015 dal Direttore generale, come sostanziale impossibilità di operare in maniera autonoma, (Azienda per l’Assistenza sanitaria 3 Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli, Relazione, cit., p.3) da parte dell’Aas3, potrebbe ripresentarsi e diventare una costante.

E per ora mi fermo qui, lasciando a prossimo articolo, semmai,  la parte socio- assistenziale, psichiatrica e delle dipendenze, che sarebbe opportuno scorporare come voce di spesa, scindendo il sociale dal sanitario. Inoltre con “questi chiari di luna” se qualcuno pensa di aggregare e centralizzare medici di base, pensi seriamente a quel che fa. Gli ambulatori dei medici di base nei comuni montani devono essere mantenuti, come i centri territoriali e le guardie mediche esistenti, pena il crollo della sanità e della salute, ed il paziente deve essere visitato e ascoltato.

Senza offesa per alcuno, se erro correggetemi, e non adiratevi per queste mie considerazioni, ma non so in che altro modo esprimerle, e posso capire le difficoltà di chi sta fra Stato Regione ed utenza. Ed ho scritto questo mio articolo anche per chiedere con forza che la sanità in montagna non venga stravolta o disintregrata, per informare e avere dati a conforto e di confronto, per aprire un dialogo e per non lasciar morire la montagna nell’indifferenza e nella mera politica regionale e statale dei tagli. Ricordiamoci che la montagna è una risorsa (Laura Matelda Puppini, Dalla montagna perduta alla montagna risorsa, in www.nonsolocarnia.info, 10 marzo 2016), ma anche il gemonese.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che correda l’articolo è tratta, solo per questo uso, da www.ass3.sanita.fvg.it, e rappresenta l’estensione del territorio della nuova aas3. Laura Matelda Puppini 

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