Mentre scendo da Paluzza mi guardo intorno ….

Sto scendendo con la macchina, guidata da mio marito, la valle del But, e lo sguardo mi sfugge sull’impetuoso fiume ridotto ad un rigagnolo, tra boschi pieni di bostrico e monti con qualche isolata chiesetta, segno dei tempi andati, mentre la nostra Carnia si spopola, fra l‘indifferenza apparente ma forse reale dei ‘sorestanz’, che spesso non abitano qui, e non sanno nulla dei problemi della montagna, che vivono solo come fonte di reddito, insomma come territorio da spremere ancora. E se erro corregetemi. Non si sentono più, scrive Romano Marchetti nell’ultimo stupendo capitolo delle sue memorie intitolato: “E ritorno a Maiaso…”: «liti di bimbi, chiocciare di galline, versi di falchi, abbaiare di cani». Il silenzio domina la Carnia, rotto solo dal rumore di motori. ‘La Carnia tace’, non parla più, non contesta, è sottomessa, è vecchia e rugosa ormai, e traballa sulle sue stampelle.

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Quindi il mio pensiero corre a quanto ho da poco ascoltato …

E penso alla mafia, a ciò che ho ascoltato al mattino all’incontro di Paluzza, a quella Festa delle Resistenze un tempo gremita e che ora raccoglie non molte persone. Non è la prima volta che a Paluzza si parla di mafia, non è la prima volta che scrivo di mafia. Ho infatti pubblicato due articoli ripresi e ampliati rispetto a quanto detto nel convegno del 2019 dedicato a Placido Rizzotto:
Ieri, oggi e speriamo non domani. Storie di terre, contadini, leghe bianche e rosse, Libera, latifondi e mafie. Prima parte.;
Ieri, oggi e speriamo non domani. Storie di terre, contadini, leghe bianche e rosse, Libera, latifondi e mafie. Parte seconda, collegandomi all’esperienza del sud ed a Placido Rizzotto.
Ho trascritto l’intervento di Gian Carlo Caselli a Festival Costituzione, il 16 dicembre 2016, pubblicandolo con titolo: Gian Carlo Caselli. La mia vita per la giustizia, fra mafia e Brigate Rosse.

E così oggi, 30 settembre sono stata ancora una volta a sentir parlare dello stesso argomento, in occasione della presentazione del volume, edito dalla sezione Anpi Val Bût ‘Aulo Magrini’, “Sulle orme di Placido Rizzotto. Ieri, oggi, domani. Resistenza, diritto del lavoro, legalità dal Friuli alla Sicilia” (a cura di Denis Baron e Alex Mazzoccato) dedicato a don Pierluigi Di Piazza, che contiene gli atti del convegno tenutosi a Paluzza il 12-13 luglio 1919. Un grande lavoro, per un piccolo gruppo carnico, che vi invito a leggere.

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Mafia non è solo una parola …

‘Mafia’ è una parola che rappresenta una realtà malavitosa ormai globalizzata ma che vive pure nell’immaginario scientifico di tutti noi, a cui magari diamo significati diversi, più o meno permissivi, fino, da parte di alcuni, a negarne forse l’esistenza, e così facendo confermando più che mai la sua presenza. E la mafia porta con sé un corredo di sfaccettature che vanno dalla “cultura mafiosa”, all’ “atteggiamento omertoso”, a “io non vedo, io non parlo, io non sento”, dalla violenza come mezzo per ottenere quanto un capo vuole, alla distruzione dello spirito comunitario per imporre quello soggettivo. Per non essere mafioso non basta solo rispettare le leggi vigenti, diceva qualcuno all’incontro, anche se sarebbe un grande passo avanti.  E in rete si legge che, secondo il significato estensivo del termine, ‘mafia’ indica una qualsiasi organizzazione di persone dedite ad attività illecite, segrete e durature, che impone la propria volontà con mezzi illegali violenti e con le armi, per conseguire interessi a fini privati anche a danno degli interessi pubblici. (https://it.wikipedia.org/wiki/Mafia). Ma ormai più che di mafia si parla di mafie, di diversa origine e che controllano settori diversi.

E non dimentichiamo che, come precisa anche l’Enciclopedia Treccani,  la mafia nacque come braccio armato della nobiltà feudale per la repressione delle rivendicazioni dei contadini». A fine Ottocento si strinsero poi legami tra mafia e politica, con l’ascesa di mafiosi al potere locale grazie anche all’affermarsi della prassi dello scambio di voti e favori, mentre si consolidava un rapporto di dominio-protezione della mafia sul territorio in cui operava. Il salto di qualità coincise con l’emigrazione meridionale negli USA agli inizi del 20° secolo. La mafia allora assunse un ruolo importante nell’immigrazione clandestina, imponendo il proprio controllo sulla forza-lavoro e il racket sulle attività dell’area occupata, e intensificando le pratiche di scambio elettorale. Negli anni 1920 la domanda contadina di terra e le misure governative per la formazione di nuove proprietà permisero alla mafia di porsi come intermediario tra latifondisti e cooperative contadine. (https://www.treccani.it/enciclopedia/mafia). Tra Otto e Novecento, con la parola mafia «è stata indicata una fenomenologia criminale tipica della parte centro-occidentale della Sicilia, caratterizzata da profondo radicamento nella cultura locale e da connessioni con il potere politico ed economico. Dagli imprenditori di vari settori dell’economia legale (commercio, edilizia, agricoltura) i mafiosi pretendono tangenti promettendo di ‘proteggerli’ contro la delinquenza, ossia da altri gruppi di mafiosi., e spesso per questa via diventano essi stessi imprenditori. Altra attività è il commercio illegale (stupefacenti, armi, prodotti di contrabbando) anche su larghissima scala». (Ivi).

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Una prima considerazione che esula dalla mafia: come è difficile trovare in Carnia uno spazio per incontri a buon prezzo.

Ma vorrei riportare qui due spunti, a memoria e integrandoli con fonti, dall’incontro di Paluzza, a cui ho partecipato, e di cui non trovo, non so perchè, la registrazione sul computer. Ma i miei figli mi dicono sempre che non sono tecnologica.

La prima considerazione non ha nulla a che fare con la mafia, ma con la difficoltà, crescente, di trovare spazi pubblici per incontri culturali in Carnia, che non costino ‘un botto’ come si suol dire, come ha sottolineato Boris Maieron, presidente della sezione Anpi Val But, ospitante ed organizzatrice. Ed ha ragione. Non solo: a fronte, in alcuni casi, di un oneroso lavoro organizzativo per un evento di spessore, e questo lo dico io, ci si trova di fronte a poche persone, perché non vi è più abitudine a partecipare, come negli anni settanta, ad ascoltare, a dibattere, perchè manca pure la comunità, ridotta a una serie di individui ed individualismi.

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Anche in Fvg vi è un osservatorio regionale antimafia …

Quindi l’incontro è continuato, con diversi interventi a forma di domanda e risposta fra Paolo Tomasin e tre giovani: Brollo Tommaso, Margherita Coghlan, che fa parte del Comitato Gian Francesco da Tolmezzo si Soccchieve e Giacomo Ambrosino che hanno interagito con lui.

E devo dire che mi ha colpito in particolare un aspetto. Neppure io sapevo che, dal 2017, esistesse in Fvg un osservatorio regionale antimafia con i seguenti compiti: raccogliere dati e informazioni utili da condividere con le altre Regioni, Province autonome e Comuni in sede di Conferenza unificata; verificare l’attuazione a livello regionale della normativa statale e degli indirizzi del Parlamento, con riferimento al fenomeno mafioso e alle altre principali organizzazioni criminali; raccogliere tutte le informazioni e i dati utili ai fini della valutazione della trasparenza, della legalità; prevenire e contrastare la criminalità organizzata nel processo degli appalti, dalla genesi alla conclusione dei lavori; collaborare con il Consiglio regionale per l’individuazione e diffusione di linee guida, buone pratiche e modalità finalizzate a semplificare, migliorare e rendere trasparenti le attività della Centrale unica di committenza regionale e delle stazioni appaltanti, con l’obiettivo di prevenire e contrastare il fenomeno della criminalità organizzata; formulare, nelle materie di propria competenza, anche di propria iniziativa, osservazioni e pareri su progetti di legge; sollecitare l’intervento legislativo nella materie di propria competenza laddove ne ravveda la necessità od opportunità; proporre all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale eventuali bandi per l’istituzione di una o più borse di studio o di premi a favore di studenti del FVG che si siano distinti per merito scolastico e per l’elaborazione di studi o tesi di laurea coerenti con l’oggetto e le finalità della legge istitutiva, anche al fine di formare professionalità specifiche; emanare pareri relativamente alla bozza del Piano triennale di prevenzione della corruzione della Giunta e del Consiglio regionale». (https://www.consiglio.regione.fvg.it/cms/pagine/osservatorio-regionale-antimafia/).

Un altro aspetto emerso è il valore di una ricostruzione storica corretta anche finalizzata a comprendere i valori della Costituzione, che vanno contro ogni cultura e prassi mafiosa. E non a caso l’incontro era stato organizzato dall’Anpi. Quindi, nel corso dello stesso, è stato citato il volume di Luana De Francisco, Ugo Dinello e Giampiero Rossi “Mafia a nord – est”. “Corruzione, riciclaggio, disastri ambientali. La prima inchiesta che dimostra che la mafia esiste anche nel profondo nord”, Rizzoli, 2015, un libro tutto da leggere per uscire dal mondo dei sogni.

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Un inciso su un termovalorizzatore per rifiuti speciali pericolosi e non che per fortuna non si farà più e che non ha nulla a che fare con la mafia.

Talvolta troviamo pure informazioni che fanno riflettere sulla rete o sul Messaggero Veneto.  Per esempio mi ricordo di aver letto, recentemente,  che mi pare i carabinieri hanno fermato, nel pordenonese, un camion pieno di rifiuti speciali, e che non era la prima volta. Ma per dire la verità, per inciso e fuori dal tema, ma solo per fare pure una riflessione ambientale, era stata richiesta alla Regione Fvg, da parte della società Eco Mistral, l’autorizzazione per la costruzione di un impianto di termovalorizzazione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, con produzione di energia elettrica in territorio del comune di Spilimbergo. L’iter per la concessione era iniziato ma l’assessore alla difesa dell’ambiente, energia e sviluppo sostenibile, Fabio Scoccimarro, per grazia di Dio, lo ha bloccato, anche per la decisa opposizione del sindaco e della popolazione. ( https://www.regione.fvg.it/rafvg/comunicati/comunicato.act;jsessionid=F23517874E61A5518311B88C33686EB4?dir=/rafvg/cms/RAFVG/mappa/&nm=20230814114336001). Non oso neppure pensare cosa sarebbe accaduto per gli spilimberghesi e Spilimbergo, considerato da Turismo Fvg «una fra le più belle e interessanti città d’arte del Friuli Venezia Giulia» se ne avessero permesso la costruzione. Ma questo non ha nulla a che fare con la mafia.

Mafia in Fvg. Da Il Gazzettino e dall’Osservatorio regionale antimafia aprile 22 – marzo 23.

Quindi, il 14 aprile 2023, è comparso sul Il Gazzettino, che spesso è di gran lunga migliore del Messaggero Veneto e che resterà fuori dall’accentramento di testate locali anche on-line fatto da un unico gruppo, un articolo intitolato: “Ecco come le mafie si spartiscono affari e territorio nella regione Fvg, ove si legge sotto la voce ‘quadro territoriale’:  «Le attività d’indagine condotte nel tempo hanno evidenziato, nel territorio regionale, sempre secondo quanto si legge nella relazione, la presenza di proiezioni delle “mafie tradizionali”, riconducibili soprattutto alla ndrangheta, che mirano a infiltrarsi nel circuito economico legale mediante soggetti organici o vicini alle ndrine, presenti da anni in quest’area nel settore edile, estrattivo e del trasporto per conto terzi. Alcune evidenze investigative hanno documentato anche l’attivismo, nel contesto friulano, di soggetti collegati a “cosa nostra”, in passato coinvolti in importanti inchieste di mafia e con interessi economici nel settore immobiliare. Per ciò che attiene alla presenza di soggetti appartenenti all’organizzazione criminale campana e, più nello specifico alla camorra, è stata riscontrata nel tempo la presenza, in particolare, nel territorio del litorale friulano sino alla cittadina di Caorle (Ve), di soggetti con interessi economici nei settori della ristorazione e del commercio al dettaglio di abbigliamento. Inoltre, pregresse attività investigative hanno documentato la commissione di truffe, frodi fiscali, traffici di armi e stupefacenti, nonché reati predatori, ad opera di soggetti “vicini” alla criminalità organizzata campana.
Nel passato, inoltre, è stata accertata anche la presenza stanziale di sodalizi criminali pugliesi, in particolare, nella provincia di Udine. Più recentemente si sono registrate, invece, forme di “pendolarismo criminale” finalizzate alla commissione di gravi reati predatori. In provincia di Trieste, anche se non in forma stabile, si conferma la presenza di consorterie criminali di tipo
mafioso, con particolare riferimento a quelle campane. Nel capoluogo, un’attenzione istituzionale particolare è dedicata all’attività di monitoraggio delle procedure di assegnazione dei finanziamenti pubblici, al fine di evitare l’eventuale infiltrazione delle consorterie mafiose». (Ecco come le mafie si spartiscono affari e territorio nella Regione Fvg, in:  https://www.ilgazzettino.it/nordest/pordenone/mafia_affari_cantieri_edilizia_friuli_venezia_giulia-7343473.html). La fonte principale per l’articolo è stata la relazione semestrale della Direzione Investigativa antimafia relativa alla prima metà del 2022.

Inoltre, sempre secondo l’articolo di ‘Il Gazzettino’, in detta relazione si parla anche di riciclaggio e vengono riportate le parole del Procuratore Distrettuale di Trieste, Antonio De Nicolo, il quale, durante un seminario di formazione organizzato a Udine dall’Osservatorio regionale antimafia, ha messo tutti in guardia: «la criminalità organizzata ha un forte interesse a immettere denari di provenienza illecita nel mercato legale. Qui c’è un fiorente interscambio economico e fare affari può essere facile: il riciclaggio è il reato che temiamo di più. E, in questo senso, preoccupa la criminalità cinese, che fa uno smaccato uso di contanti e ha interesse a muoverli». (Ivi). Ed ha aggiunto che «in regione tendenzialmente non si spara, ma da tempo le mafie hanno capito che è meglio entrare nei circuiti economici legali». (Ivi).

Bisogna davvero ringraziare Il Gazzettino per questo articolo che ci dice che anche la nostra Regione, che alcuni vedono e vivono come bucolica, non è esente da alcuni fenomeni mafiosi. Neppure noi siamo più vergini vestali.

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Altri temi emersi sia nel corso dell’incontro che sui documenti (cfr. relazione annuale aprile 2022 – marzo 2023 Osservatorio Regionale Antimafia, in: https://www.consiglio.regione.fvg.it/cms/export/sites/consiglio/pagine/osservatorio-regionale-antimafia/.allegati/RELAZIONE2023-DEFDEF.pdf) sono quelli del possibile prender piede in regione del  caporalato «pure al fine di suggerire al legislatore regionale una proposta di legge che ne favorisca il deciso contrasto e la prevenzione, verificando, al riguardo, la possibilità che possa maggiormente svilupparsi» (Ivi, p. 13), legandosi pure, secondo me, all’immigrazione ed alla povertà che va dilagando, e della sorveglianza  sulle aziende edili. «Da qui l’esigenza rafforzata di evitare ogni minaccia ed infiltrazione delle criminalità organizzate, perché inciderebbero senza alcun dubbio sul sistema vasto sociale ed economico della regione, in particolare sulla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, sulla regolarità delle procedure concorsuali d’appalto e in materia di subappalto, nell’assegnazione di commesse sia in ambito privato che pubblico, insomma sul sistema di legalità e di comunità nel suo complesso». (Ivi, p. 15).

Inoltre l’Osservatorio Regionale Antimafia ha richiesto e trovato collaborazione con l’Università di Trieste, di Udine ma anche di Padova, e, da quanto scritto nella fonte sopra citata, ha partecipato pure al III Congresso Regionale della FILLEA – CGIL. (Ivi, p. 27 e p. 14).

Infine, nel corso del 2022 l’Osservatorio regionale antimafia si è impegnato «particolarmente sui temi concernenti la gestione, la valorizzazione e il riutilizzo a fini sociali dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, anche in collaborazione con il Coordinamento Nazionale delle Commissioni e degli Osservatori regionali e l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati» (Ivi, p. 45). Per quanto riguarda il tema specifico del caporalato, l’Osservatorio antimafia del Friuli Venesia Giulia ha previsto per l’anno in corso, 2023, «l’apertura di un apposito focus sul fenomeno del caporalato, pertanto continueranno, con particolare attenzione a questo tema le audizioni, gli incontri e i tavoli tecnici con gli organismi istituzionali, gli esponenti dei settori economici-produttivi, del mondo accademico, scolastico e associativo». (Ibidem).

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Caporalato in Fvg come rischio e realtà.

Per ritornare infine all’ incontro ove anche alcuni di questi spunti sono stati ripresi, è stata consigliata la lettura del volume di Nando Dalla Chiesa “La legalità è un sentimento. Manuale controcorrente di educazione civica, Bompiani 2023, e un sindacalista ha parlato della presenza di una situazione, dal punto di vista lavorativo, tesa ai cantieri di Monfalcone. E non per nulla il ‘Piccolo’ intitolava, il 5 maggio 2023, un articolo: “Caporalato nell’appalto Fincantieri a Monfalcone, condanne per 17 anni a tre lavoratori”. E già il 20 agosto 2021 era comparso su https://www.triesteprima.it/cronaca/caporalato-monfalcone-finanza.htmlun articolo intitolato: “La finanza stronca giro di caporalato a Monfalcone, smascherata frode per milioni di euro”.  Sottotitolo: “I lavoratori coinvolti sono circa 400. Sette gli indagati. Nel mirino ditte rumene che operavano anche a Marghera, in provincia di Venezia. I risultati delle indagini condotte dalle Fiamme Gialle di Pordenone”. «L’attività condotta dagli uomini della Guardia di Finanza permetteva di accertare che le centinaia di lavoratori gestiti dalle società, distaccati presso i cantieri e gli stabilimenti di aziende italiane attive nel settore della metalmeccanica ubicati perlopiù nel Triveneto (in particolare nelle province di Venezia, Treviso, Gorizia e Udine), venivano assunti con contratti di diritto rumeno, apparentemente con la previsione di retribuzioni lorde di poche centinaia di euro (e con conseguenti contributi previdenziali, previsti dalla normativa rumena, di pochi euro mensili), mentre, in realtà, gli stessi venivano retribuiti con paga oraria tra i 6 e i 9 euro, arrivando a percepire retribuzioni mensili tra i 1.400 e i 2.000 euro, quasi in linea con i contratti nazionali. Detti emolumenti venivano corrisposti al personale, in violazione alla normativa specifica, in contanti, “a nero”, omettendo di ulteriormente operare le obbligatorie ritenute fiscali e contributive. Ancora, le società estere indagate risultavano essere un mero “serbatoio di manodopera” che veniva, sostanzialmente, somministrata in assenza delle prescritte autorizzazioni normativamente previste sia a tutela dei lavoratori, che degli Enti previdenziali e contributivi in relazione agli obblighi giuslavoristici». (Ivi).

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Il convegno è proseguito, poi, con un accorato ricordo dell’impegno, anche contro la mafia e le mafie, di don Perluigi Di Piazza, tenuto dal fratello Vito, che ha letto parti dell’intervento intitolato “Resistenza e legalità”, scritto dal noto sacerdote, pubblicato sul volumetto da cui questo articolo è partito, e cioè “Sulle orme di Placido Rizzotto. Ieri, oggi, domani, cit” edito dalla sezione Anpi Val But, che vi invito a leggere, e con l’impegno a pensare come proporre ed attuare progetti per educare i giovani alla legalità ed all’onestà, parola ormai desueta. L’incontro è stato presentato e chiuso da Denis Baron.

Mi scuso con chi ha parlato per aver perso la registrazione ma credo di esser stata comunque esaustiva relativamente a temi ed argomenti, e senza offesa verso alcuno questo ho scritto.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna l’articolo è la scannerizzazione della copertina del volume che si presentava a Paluzza. L.M.P.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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