Francesco Cecchini mi informa che ha scritto due righe, due pensieri, su Tina Modotti, un personaggio femminile che lo ha sempre molto interessato. «Sai – mi dice – su Tina Modotti è stato scritto moltissimo, ed io non pretendo di aggiungere una biografia originale alle tante già prodotte, ma scrivo per conoscerla, per conoscere Tina». Ed ha ragione Francesco, perchè scrivendo si dà forma al pensiero, scrivendo si aggiunge a conoscenza conoscenza, scrivendo si sintetizza, si creano quadri e visioni di insieme, si esprimono sentimenti e sensazioni. Pertanto vi offro il primo capitolo di pensieri, immagini e riflessioni di Francesco su Tina. Laura Matelda Puppini

FRANCESCO CECCHINI. TINA MODOTTI, UNA DONNA INFINITA.

PRIMO CAPITOLO.

Anonimo. Tina Modotti. Foto inviata alla madre nel 1920 da Hollywood. (Da: http://www.nationalgeographic.it/fotografia/2014/05/02/foto/tina_modotti_un_icona_del_novecento-2120565/1/).

Così scrive di Lei Pablo Neruda: «Quando voglio ricordare Tina Modotti devo fare uno sforzo, come si trattasse di raccogliere un pugno di nebbia. Fragile, quasi invisibile. La conobbi o non la conobbi? Era molto bella, ovale pallido, inquadrato da due ali nere di capelli raccolti, occhi grandi di velluto, che continuano a guardare attraverso gli anni. Diego Rivera dipinse la sua figura in uno dei suoi murales, con aureola di corone vegetali e spighe di mais».

Così scrive di Lei Maria Luisa Carnelli, scrittrice e giornalista argentina, che partecipò alla Guerra Civile Spagnola: «Conobbi Tina Modotti molti anni fa. Le volli bene con profondo affetto, mi dilettò sempre lo spettacolo magnifico della sua anima. Un’anima, grande, bella, eccelsa. Non ho mai conosciuto un’altra donna che la superasse in finezza spirituale. La sua sensibilità sempre sveglia, la sua comprensione sempre profonda, la sua riflessione sempre chiara, facevano di lei una creatura eccezionale. Scossa da tutte le tormente, mantenne il suo spirito sempre teso e fermo».

Due tra i molti ricordi di Tina Modotti, operaia, emigrante, attrice, fotografa, comunista, perseguitata ed esule politica, militante del Soccorso Rosso, durante la guerrra civile in Spagna.

Tina ha avuto un ruolo eccezionale nella storia del ventesimo secolo, non solo come grande fotografa che ha colto la vita quotidiana, culturale e sociale, di  un grande paese dell’America Latina, il Messico, ma anche  come modello di un nuova femminilità, impegnata  e libera. Libera di agire, di decidere, di seguire i bisogni della sua volontà, del suo corpo, come delle sue opinioni, senza preoccuparsi di tutte le forme di pregiudizio, vincoli religiosi e regole sociali. Libera di impegnarsi, corpo e anima, in un destino da lei scelto.

Non sono uno storico che scrive biografie con riferimenti e bibliografie. E ho scritto solo per conoscere Tina. E per me Tina è una donna infinita, ed è uno sforzo per me cercare di comprenderla, servendomi dell’aiuto di Elena Poniatowska e di Christiane Canale.
Ma è Elena Poniatowska che mi fa conoscere Tina. Molto tempo prima, per la verità, avevo sentito parlare di Lei, fotografa, e di suo zio Pietro Modotti, anche lui fotografo, da Italo Zannier alla facoltà di Urbanistica a Villa Franchetti, a Treviso. Ma allora avevo altro per la testa.
Poi, incuriosito da Tina, un giorno, in una libreria di Calle Corrientes a Buenos Aires, vedo il volume di Elena Poniatowska intitolato “Tinissima” (Tinissima era il modo con cui la chiamava Julio Antonio Mella, il suo grande amore) . In centinaia di pagine di una scrittura fitta fitta, la  la Poniatowska racconta con forza ed in dettaglio i 46 anni di vita di Tina.
Vi garantisco che quel fine settimana non uscii: niente musica, niente teatro o ristoranti. Chiuso a casa divorai la biografia romanzata di questa donna. Da allora mi sono appassionato, ho letto e visto tutto quello che potevo di Tina e continuo a farlo, stupito dai tanti che ancora si fanno sedurre da questa modella, attrice, fotografa, rivoluzionaria e su di lei scrivono, filmano, compongono poesie, fanno  teatro.

Tina e Robo in posa. (Da: http://www.neldeliriononeromaisola.it/2018/08/239510/).

Incontro ancora una volta Tina, o meglio le sue ceneri, in Messico. Devo rientrare urgentemente in Italia ma non riesco a trovare un aereo che da San Pedro Sula, in  Honduras, vada a Miami. Così sono costretto a volare a Città del Messico dove trascorro una notte. All’aeroporto chiedo ad un autista di taxi di accompagnarmi al cimitero dove è sepolta Tina Modotti. Ed egli mi presenta una studentessa universitaria di architettura, Clara, che fa ogni tanto la guida turistica e che crede fermamente che Tina sia una sua illustre concittadina messicana, non un’italiana, anche se sa che è nata in Friuli. Comunque sulla strada mi parla più di Frida Kahlo, della Casa Azul, e della Ciudad de los Muertos, el Panteòn Civil de los Dolores, l’immenso cimitero dell’ immensa Città del Messico, un antico giardino azteco. Ma per raggiungere il cimitero dall’aeroporto la via breve: si deve attraversare la città, che mi appare come un immenso mostro urbano.

Il cimitero si trova nella seconda e terza sezione del bosco di Chapultepec. Io e Clara entriamo dalla porta Florencio Miranda, che si trova in Avenida Constituyentes. Lì, a pochi metri di distanza, vicino a via Justo Sierra, c’è la tomba di Tina, che secondo la classificazione del pantheon è di classe 5, lotto 5, linea 28 e tomba 26. Ma per me è solo la tomba di Tina, la fotografa, la rivoluzionaria. Di Tina restano le ceneri, come ha chiesto nel suo testamento scritto il 24 dicembre del 1924  «… en estas linea expreso tambien mi voluntad de ser cremada». Anni prima aveva sepolto nel Panteón suo marito, Roubaix de l’Abrie Richey, detto Robo. M,a Tina aveva sepolto anche le cenri del suo grande amore, Julio Antonio Mella, ucciso mentre si trovava al suo fianco. Molti artisti, muralisti e pittori, amici e compagni di lotta di Tina: Diego Rivera, Alfaro Siqueiros, José Clemente e altri abitano con lei nella Città dei Morti. Lì fu anche cremata Frida Kahlo, le cui ceneri vennero poi portate alla Casa Azul, la sua dimora a Città del Messico.

La tomba di Tina è nella zona povera, proletaria, in stato di abbandono, sepolta fra quei poveri per i quali tanto aveva combattuto in vita.  La lastra rettangolare di granito  è rovinata e ha scolpito il suo profilo, che il tempo rende difficile riconoscere, creato da Leopoldo Mendez, accompagnato dalle parole di Pablo Neruda, ormai quasi illegibili.

 

 

La vecchia tomba di Tina, povera tra i poveri. (Da: https://trattodunione.wordpress.com/2016/12/21/cacucci-tina/).

Anni dopo la tomba è stata restaurata dalla Regione Friuli Venezia Giulia, per interessamento del Comitato Tina Modotti e di Riccardo Toffoletti, fotografo, in particolare, ed è stata trasferita in quella parte del Panteòn Civil de los Dolores riservata agli italiani. Dopo la ristrutturazione, del 2005- 2006, la tomba, dapprima interrata al suolo, è stata sollevata da terra, a formare un visibile blocco di cemento rettangolare, e fornita di un manufatto metallico, che riporta per intero, le strofe della poesia di Pablo Neruda, ormai illeggibili sulla lapide. Il giorno dell’inaugurazione, ha parlato  Elena Poniatowska. Non è stata una commemorazione retorica, il solito miscuglio di elogi e misteri,ma semplici parole di ricordo, un saluto ad un’amica che non conobbe.

E così iniziava:«Nessuno di noi sa quando o come morì. Tina Modotti lo intuì, perchè sapeva di essere malata di cuore. Anche Vidali lo sapeva, da qui i suoi rimorsi. Tina aveva visto tante atrocità durante la Guerra Civile di Spagna, tanti combattenti le erano morti tra le braccia quando aiutava il dottor Norman Bethune a praticare le prime trasfusioni di sangue -proprio lì in trincea, tra il fragore della battaglia-, tanti giovani la chiamarono María con l’ultimo respiro, nell’Ospedale Operaio di Madrid, nel 1937, che non credo che le importasse molto morire anche lei. Non credo neanche che le importasse molto il luogo in cui sarebbe stata sepolta, anche se a Vittorio Vidali, alias Enea Sormenti y Carlos Contreras, comandante del quinto reggimento, importava, perché quando gli dissi a Trieste che Tina era ancora nella sezione più povera del Pantheon de Dolores -quella delle tombe più umili, nascoste tra l’erba e le foglie secche- e che la lapide -col suo profilo inciso da Leopoldo Méndez e alcune strofe del poema di Pablo Neruda- era incrinata, gli si inumidirono gli occhi».

Nuova tomba di Tina Modotti, nella sezione per gli italiani del cimitero di Città del Messico, costriuta grazie al contributo della Regione Friuli Venezia Giulia per l’ interessamento del Comitato Tina Modotti. (Da: http://www.storiastoriepn.it/wp-content/uploads//UNA-PASSIONE-PER-TINA-100.pdf.).

Finita la visita vorrei rimanere qualche giorno con Clara che ha poco della guida turistica, per conoscere i luoghi di Città del Messico che ricordano Tina, per esempio il suo appartamento in quel quartiere ‘Colonia Roma’, dove fu ucciso Mella, ma il giorno dopo devo prendere l’aereo.

– Francesco Cecchini

Un testo su Tina Modotti, di Francesco Cecchini, dal titolo: “Una passione per Tina” è stato pubblicato il 18 settembre 2013 su http://www.storiastoriepn.it/. Con questo, diviso in parti e rielaborato, Francesco ritorna sulla figura di Tina che lo ha tanto affascinato.

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Ricordo che su questo sito sono già stati pubblicati:

Laura Matelda Puppini: Sobre Tina. Due considerazioni personali al margine di un convegno su Tina Modotti.

Marco Puppini: Tina Modotti: sinora pochi misteri nel paginone di Alias di Marco Puppini

L’immagine che accompagna il testo è la prima pubblicata nell’articolo. Laura Matelda Puppini

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Francesco Cecchini è nato a Roma nel 1946. Ha compiuto studi classici e possiede un diploma tecnico. A Roma ha iniziato il suo impegno politico, partecipando pure a Valle Giulia. Ha frequentato sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si è laureato perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua. Nel 1978 ha abbandonato la militanza e ha deciso di lavorare e vivere all’estero, impiegandosi prima nella cantieristica, poi nella gestione di progetti, nella contrattualistica e nelle ricerche di mercato di infrastrutture. Ha redatto ricerche di mercato in Algeria, India, Nigeria, Argentina, Polonia e Marocco. Dal 2012 scrive articoli e racconti. L’esperienza acquisita grazie al fatto di aver vissuto e lavorato in molti paesi e città del mondo (Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi) è alla base di un progetto di scrittura: una trilogia di romanzi ambientati rispettivamente a Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà a vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, “Rosso Bombay”. Ha scritto il suo secondo romanzo “Rosso Algeri” e sta scrivendo il terzo, “Rosso Lagos” e sta completando una raccolta di racconti, “Vivere altrove”. Traduce dalle lingue che conosce: spagnolo, portoghese, francese ed inglese, più che altro come esercizio di scrittura. Collabora con le agenzie di notizie “Pressenza”, “Tesfa News” e con i siti “La Storia, Le Storie”, “Casa del Popolo di Torre” di Pordenone e con il blog “Ancora Soffia il Vento”. Ha pubblicato qualche racconto su www.nonsolocarnia.info. Vive ora nel Nord Est. (Da Pressenza). Laura Matelda Puppini

 

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