Riprendo qui un articolo secondo me di grande interesse, che smitizza la teoria, sostenuta anche da Riccardo Riccardi, a cui di fatto sono affidate in Fvg le nostre vite, perché ormai tutto odora solo di politica spicciola, finanza e denaro, che basta togliere il numero chiuso nelle facoltà di medicina per risolvere il problema della crisi del sistema sanitario. E temo piaccia ai politici di turno perché scarica su altri il problema della loro pessima gestione del settore: sull’università, sullo Stato che ha voluto …. E via dicendo.

Così intitolano un loro articolo Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed e Giammaria Liuzzi, Responsabile Nazionale Anaao Assomed Giovani, pubblicato da ‘Quotidiano Sanità’ l’8 settembre 2023: Quando si capirà che l’abolizione del numero chiuso a Medicina è una toppa peggiore del buco?” e, a differenza dei politici, non scrivono solo un titolo, cioè non fanno solo un proclama ma spiegano anche il perché.

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In primo luogo i due studiosi sostengono che ora molti pensano che abolire il numero chiuso, che rischia di esser visto come esempio di diritto allo studio riacquisito, sia la panacea per tutti i mali del ssn e dei vari ssr. Ma non è così, tolto il fatto che se qualche beneficio potesse portare, lo si vedrebbe tra 11 anni, troppo tardi, anche secondo me, per far risollevare un sistema che la politica sta affossando senza neppure avere idea di dove andare e finire, senza analisi e programmazione alcuna, mentre i cittadini (ormai così solo sulla carta) tendono ad arrangiarsi alla meno peggio. Un giorno un medico che bene mi conosce, a cui avevo portato dei recenti referti di colleghi che mi avevano riempito di antidolotifici per un dolore infiammatorio, mi chiese chi di loro seguissi. Risposi nessuno, che mi stavo arrabattando. Ma solo a Roma avrei scoperto l’esatta diagnosi, che cosa causava il dolore più importante e quasi per certi versi invalidante, niente di grave e patologia credo comune, ma pare che ormai, se tu dici che hai una lombalgia forte, anche in pronto soccorso scrivono che la diagnosi è lombalgia ma da che cosa causata Dio solo lo sa, o, come accaduto a me, te lo dice infine un bravo medico, uno specialista che sa visitare, nella Capitale, senza escludere altre patologie presenti e magari interferenti. E vi invito pure a leggere su www.nonsolocarnia.info, Medici esterni per codici bianchi. Protocollo tecnico nel bando di gara. Cosa devono saper fare. Ma devono curare solo sintomi o anche diagnosticare? E possono farlo senza il supporto di specialisti? Chiediamocelo.

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Ma ritorniamo al perché togliere il numero chiuso non risolve nulla. In primo luogo, scrivono Di Silverio e Liuzzi, «In anni lontani (Legge 02/08/1999, n. 264) nel nostro Paese si decise, in seguito a pressioni da parte della comunità europea, di introdurre un numero programmato di accessi a Medicina, da stabilire anno per anno in base alle necessità del sistema sanitario, vista la pletora di iscritti e le conseguenti difficoltà a garantire una qualificata didattica teorica e pratica. A differenza della vulgata, quindi, il numero di accessi a medicina nel nostro paese non è mai stato chiuso, bensì programmato di volta in volta in base alle mutevoli esigenze di cura. O meglio, così avrebbe dovuto essere. Che poi i vari governi non siano stati all’altezza del compito, arrendendosi alle esigenze contabili, è sotto gli occhi di tutti, con i risultati che viviamo. Perciò, confondere l’incapacità di programmazione con la negazione del diritto allo studio ci sembra improprio e scorretto».

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Oggi, ad avviso dei due autori, se da un lato vi è chi piange sempre che mancano medici, dall’altro si sa che «i dati rivelano che siamo nella media OCSE in rapporto al numero di abitanti».  E mancano in particolare specialisti, non perché i contratti di formazione specialistica siano pochi, «visto che ‘grazie’ agli ultimi due ministri nel giro di un triennio i posti a medicina sono aumentati del 30% e quelli nelle scuole di specializzazione sono raddoppiati, ma perché il SSN, e il lavoro ospedaliero, non è più appetibile, avendo perso negli anni il ruolo di destino naturale di 6 anni di studio». Quindi guardare al numero chiuso nelle università quando il problema sono le condizioni del lavoro pubblico è fuorviante.

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Inoltre nel 2025- 2026, i pensionamenti andranno verso l’esaurimento, «facilitando il raggiungimento dell’equilibrio tra numero di specialisti che possono entrare nel mondo del lavoro e numero di specialisti medici che ne usciranno», ma questo bilanciamento non risolve il problema dell’appetibilità, per un medico, del lavoro nel servizio pubblico italiano, viste le condizioni che anche stati esteri, come l’Arabia Saudita ed altri, o i privati offrono ai nostri medici.

Ma a mio avviso questo problema potrebbe essere risolto chiedendo alle matricole della facoltà di medicina di firmare un contratto che implichi di fermarsi almeno 10 anni dopo la laurea a lavorare in Italia, dato che lo Stato italiano mette i soldi per la formazione, e non sono pochi.

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Inoltre, scrivono sempre Di Silverio e Liuzzi «Posto che si voglia seguire il modello francese, oggetto di ripensamenti nella stessa Francia, ovvero che si accettino 70.000 studenti al primo anno per rinviare la selezione al secondo, occorre dare risposta a due interrogativi elementari. Come faranno le università, che hanno problemi di organico non molto differenti da quelli del SSN visto che già oggi lamentano una carenza di docenti e infrastrutture, a soddisfare le esigenze formative di un corso di studi fondamentalmente pratico? Si insegnerà attraverso il metaverso? O sorgeranno ologrammi di docenti che si agiteranno in cinema e palazzetti dello sport reclutati alla occorrenza?
E poi, che fine faranno gli studenti (80% in Francia) che non superano lo sbarramento al secondo anno? Perderanno un anno? O saranno dirottati, loro malgrado, su un binario di seconda scelta?»

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E questo puntare solo a togliere il numero chiuso a medicina, ai due autori del testo di riferimento pare un far volgere l’attenzione ad un problema davvero fuorviante mentre i problemi sono altri: la appetibilità del lavoro, le sue condizioni, gli stipendi, una spesa sanitaria ultima tra i Paesi del G7, gli investimenti in risorse umane, il ruolo sociale e politico dei professionisti. I due autori puntano anche sulla depenalizzazione dell’atto medico, ma io, che tanto ho sofferto in sanità e molto ho fatto con il fai da te, anche andando a chiedere e spendendo qui e là, e l’ultima è di un mese fa o poco più, per avere una diagnosi corretta, e che non ho mai denunciato nessuno perché non ho tempo e soldi da spendere, non vedo il perché di questa scelta che potrebbe portare, teoricamente, anche a cattiverie gratuite che resterebbero impunite. Basterebbe che ogni medico avesse una assicurazione privata in caso di reale errore non voluto. E questo insegnerebbe a tutti, medici ed infermieri, a non firmare al buio ed a approfondire od ascoltare il paziente, ma se essi sono oberati di lavoro certamente non hanno tempo per ascoltare e l’errore è più facile. E l’indifferenza non può vigere in sanità e neppure la privatizzazione che non si sa, in Carnia e non solo, cosa voglia dire, dato che a Tolmezzo, per la Carnia intera, di privato esiste solo una clinica che si regge, praticamente su medici in pensione dalla ex- Ass3.

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Inoltre anche se uno specialista privato scoprisse che un paziente che si è rivolto a lui ha un tumore da operare in tempi brevi, che fa, dato che i privati hanno solo ciò che a loro conviene e costa poco, e sono privi di Pronto Soccorso, sale operatorie convenzionate e chirurghi?   

E per lavorare bene un medico che può avere anche problemi di burnout, dovrebbe avere congrui tempi di lavoro e riposo ed una organizzazione efficiente alle spalle, come era un po’ prima che questo tsunami del pressapochismo e del un po’ sì un po’ no, avendo solo in testa la prestazione, travolgesse la sanità italiana, chiamandola pure regionalizzazione del servizio, e portasse il paziente a non fidarsi più della sanità ed a maggior ragione dei politici, oltre che a pensare, ormai depresso dall’andazzo, che ‘Quando verrà verrà’ (la morte sottinteso) come mi spiegava un vecchietto della Carnia che non riusciva nemmeno a raggiungere il medico di base, ed a munirci, come nel 1500 ed ante, di una corona del rosario, mentre leggiamo e vediamo su internet tutte le innovazioni tecniche e farmacologiche che via via affiorano nel mondo, sicuri che, probabilmente, non saranno per noi. Inoltre secondo lo Snami (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani) in Fvg ci sono già 200.000 mila persone senza medico di base. (In Fvg 200mila “senza medico”. In due anni raddoppiate le zone carenti. Il sindacato: «Punto di non ritorno» in: https://www.ilgazzettino.it/nordest/udine/medici_di_base_carenza_quanti_mancano_dove_sindacato-7621531.html). 

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Infine nella società attuale, priva di sfoghi personali, anche per soggetti che praticano la medicina o le scienze infermieristiche, l’ambiente di lavoro rischia, viste pure le ore di attività per ciascuno che superano spesso il contratto, di essere trasformato in posto ove si scaricano pure le proprie problematiche e tensioni esterne oltre che interne. Non per nulla i lavoratori dei primi Novecento scesero in sciopero per 8 ore di lavoro, 8 di svago ed 8 di riposo. E ci sono studi seri sui limiti del cottimo e del lavoro a cronometro operaio, figurarsi se è medico- infermieristico obbligatorio.

E non ditemi che si va verso il sistema americano. Persino quello è migliore del caos cosmico e della desanitarizzazione della nostro ssn e ssr attuale. Dovremo munirci solo di corona del Rosario per pregare la Madonna della Salute? Non lo so, per cortesia qualcuno lo chieda a Meloni e c, e per noi a Riccardi e Fedriga, che vogliono, pare, la totale autonomia del Fvg dallo Stato che pretendono però li finanzi, creando uno Stato nello Stato guidato dallo loro ferree mani, puntando Fedriga al terzo mandato, mentre qui, in sanità, tutto si disintegra. E se erro correggetemi.

E per ora mi fermo qui.

Laura Matelda Puppini.

L’immagine che accompagna l’articolo è tratta da: https://www.7colli.it/ospedali-in-affanno-sanita-impoverita-da-troppi-anni-di-malgoverno-e-ora-di-invertire-la-rotta-59969/. L.M.P.

 

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