Scrivo queste righe, in questi giorni che preparano al ricordo dell’eccidio di Malga Promosio e valle del But, riportando la ricostruzione dei fatti e dandone una chiave di lettura in un contesto più ampio. Dato che la descrizione di quanto accaduto, fatta dall’allora segretario comunale di Paluzza Virgilio Candido, è molto cruda, ritengo essa non sia adatta a bambini e ragazzetti ed a persone particolarmente sensibili. 

CONTESTO

Quando avvennero lo sfregio e strazio della Val But: Promosio, Paluzza, Sutrio, Cercivento … preceduti da Lanza e Cordin, in Val d’Incaroio, era appena accaduto l’attentato ad Hitler del 20 luglio 1944, cioè il tentativo di eliminarlo, all’indomani dello sbarco in Normandia, per giungere a trattare con gli Alleati una pace separata. (Attentato a Hitler del 20 luglio 1944, in: https://it.wikipedia.org/wiki/). Per quanto riguarda il luogo ove detto attentato avvenne, esso fu il quartier generale di Rastenburg, nella Prussia Orientale, detto “Die Wolfsschanze” (la Tana del Lupo), la cui costruzione era iniziata nel 1940 ed ove il Führer si era trasferito solo due giorni dopo l’avvio dell’”Operazione Barbarossa” contro l’Unione Sovietica. (http://www.storiaxxisecolo.it/nazismo/nazismo5a.htm).

֎

Inoltre dal mese di giugno 1944, le formazioni partigiane impegnate in Carnia, Canal del Ferro e Val Canale operavano con sistematicità nel territorio del Terzo Reich, per la precisone nella valle del Gail, e lo continuarono a fare sino alla fine del secondo conflitto mondiale. (Note per un primo studio sulla guerra partigiana in territorio austriaco da parte di Unità della Divisione Garibaldi “Carnia”: il Btg. “Freies Deutschland” – A cura di Tranquillo De Caneva, già Comandante la Brigata Garibaldi Carnia e di Carlo Bellina già Comandante la Brigata Garibaldi “Val But” – Carnia, agosto 1951, testo firmato poi da Tranquillo De Caneva, il 6 novembre 1968, che se ne attribuisce la stesura, Archivio Anpi Udine, leggibile online in: http://www.storiastoriepn.it/partigiani-tedeschi-tra-friuli-ed-austria-il-battaglione-garibaldi-freies-deutschland/, p. 1).

Si pensa ad una prossima fine del conflitto e le azioni si fanno più audaci lungo le tre grosse vie di comunicazione con l’Austria: la Pontebbana, la ferrovia Udine – Tarvisio – Vienna, la Statale 52 della Carnia e 52 bis di Monte Croce Carnico. (Ivi, p. 2). Però «Il nemico reagisce energicamente. Le sue puntate, entro la zona controllata dai partigiani, sono ormai divenute quasi quotidiane. Si tratta di grossi pattugliamenti le cui basi di partenza sono Tolmezzo e Pontebba, cui si aggiungono reparti provenienti dall’Austria, per il Passo di Monte Croce di Comelico e quello di Monte Croce Carnico». Inoltre, scrivono sempre Carlo Bellina e Tranquillo De Caneva, «Il nemico non ha difficoltà a comprendere il nostro disegno che è quello di impedire l’agibilità delle grandi vie di comunicazione già indicate, e vuol dare perciò un durissimo colpo al movimento partigiano, cercando di isolarlo dalla popolazione che lo sostiene. Il 20 luglio 1944 il piano nemico è posto in atto. Si tratta di far convergere, nell’alta valle del Bût, ingenti forze dotate di armamento speciale, capace di sviluppare un grande volume di fuoco: esse partono da Tolmezzo verso la Valle del Bût e di Incaroio, da Pontebba verso la Val Aupa e la Val Pontaiba, dalla valle del Gail (Austria) per il Passo di Monte Croce Carnico e Promollo. Contemporaneamente il nemico fa agire, all’interno della grande sacca, in modo autonomo, la controbanda di S.S. Internazionali travestiti da Garibaldini, che compare improvvisamente a Casera Stua Ramaz e dopo aver soggiornato nella malga Promosio, passa per le armi tutti i civili che li avevano ospitati. Scende su Paluzza, uccide tutti i civili che trova, usa violenza alle donne e poi le massacra a colpi di pugnale. Nei pressi di Cercivento uccide tre partigiani. Fatta segno ad operazioni di rastrellamento da parte di nostri reparti, la banda si ritira sui monti per ripiegare a Tolmezzo». (Ivi, p. 3). E, sempre Bellina e De Caneva parlano di una feroce azione di rappresaglia, attuata mediante la provocazione, presentandosi ai civili nelle Malghe e nei paesi come partigiani per conoscere e ricevere ospitalità e quindi, sulla base di questo “crimine”, trucidarli. (Ivi, p. 4).

Alessandra Kersevan in: La Resistenza in Carnia fra storia e poesia, in: AA.VV., Aulo Magrini e La Carnia. Vita, luoghi, ragioni di un partigiano, Kappa Vu, 2017, a p. 46, sottolinea come un metodo di lotta antipartigiana utilizzata dai nazisti e dai repubblichini fosse proprio quello di travestirsi da partigiani con il fazzoletto rosso, in modo da creare un moto popolare contro la resistenza in particolare garibaldina.

֎

In quel luglio 1944, pertanto, il clima era infuocato. E la strage in Val But non fu l’unica azione contro i civili perpetrata nell’Italia occupata dai tedeschi ed in Ozak nella primavera – estate del 1944, quando la resistenza si andava consolidando. Solo per parlare della Carnia, il 26 maggio 1944 veniva incendiato Forni di Sotto, il 6 giugno alcune case di Esemon di Sotto venivano date alle fiamme, ed i nazifascisti (termine generico per indicare truppe tedesche formate anche da soldati italiani; legionari, militari della Decima Mas e repubblichini, in sintesi truppe nemiche) procedevano a saccheggi e deportazioni; il 21 luglio 1944 avvenne un rastrellamento nazifascista anche a Bordano, con parziale incendio del paese. (Cfr. nel merito: Pieri Stefanutti, “Como vuê. 70 anni fa l’incendio di Bordano” in: Alesso e dintorni, 21 luglio 2014, e “A.N.P.I. 1943- 1945 Immagini della Resistenza Friulana”, Aviani ed., p.50).

E dal 4 all’11 luglio 1944 avveniva la strage di Cavriglia, (frazioni di Meleto, Castelnuovo dei Sabbioni, Massa, San Martino e Le Matole), in provincia di Arezzo, di cui, poi, i veri responsabili, soldati nazisti, vennero dimenticati, e autori vari iniziarono ad attribuirne la causa ora ai partigiani che avevano provocato una rappresaglia, ora ad un piano anticomunista dell’R.S.I., che voleva sradicare le radici del male insite nella società, finché un ricercatore italiano, Filippo Boni, non trovò i nomi dei criminali, soldati appartenenti alla Wehrmacht, alle dipendenze del 76° Panzerkorps e alla Hermann Göring, ricostruendo il contesto storico e narrativo della strage, e «la reale strategia del terrore nazista», che era alla base di quell’episodio, come di tanti altri. (Cfr. Filippo Boni, Colpire la Comunità, ed. Regione Toscana e Istituto Storico della Resistenza in Toscana, leggibile online in: http://www.attivalamemoria.eu/documents/colpire-comunita.pdf; https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Cavriglia, e https://it.gariwo.net/cultura/memoria/due-lire-15189.html). Ma il governare con il terrore fu proprio anche delle Brigate nere, dei Militi dell’R.S.I., (detti volgarmente “fascisti” perché l’esercito repubblichino fu formato con truppe della MVSN) che collaboravano con i tedeschi, e, di fatto, dagli stessi dipendevano, attraverso i vertici.

«I fascisti sono feroci nelle rappresaglie contro la popolazione, contro gli inermi. – scrive Nuto Revelli – I fascisti della Muti di Borgo San Dalmazzo li temiamo perché sono dei torturatori, crudeli, spietati, che terrorizzano la popolazione, incolpandola di connivenza, di essere amica dei partigiani». (Nuto Revelli, Le due guerre, Einaudi, prima ed. 2003, pp. 147- 148). E sul modus operandi di Legioni repubblichine, Decima Mas, ed in generale Bande Nere, si possono leggere, per esempio: Ricciotti Lazzero, La Decima Mas, Rizzoli ed., 1984; Ricciotti Lazzero, Le Brigate Nere. Il Partito Armato della Repubblica Sociale, Rizzoli, 1983, Sonia Residori, Una Legione in armi. La Tagliamento tra onore, fedeltà e sangue, Cierre ed. Istrevi, 2013.

֎

Sempre in quest’ottica di dominio ed imposizione del “Nuovo Ordine mondiale” con il terrore, credo si possano leggere le stragi di civili avvenute in Italia nel 1944, come per esempio quella di Tavolicci, attualmente in provincia di Forlì/Cesena, avvenuta il 22 luglio 1944, dove militi R.S.I del IV battaglione della polizia italo-tedesca trucidarono 64 civili, di cui 19 bambini, donne ed anziani; (https://it.wikipedia.org/wiki/Eccidio_di_Tavolicci, 14/07/2017; http://istorecofc.it/i-carnefici), o quella di Colle del Carnaio, vicino alla linea Gotica, avvenuta il 25 luglio 1944, compiuta da soldati «della 1° Compagnia, 2° Battaglione della Legione “M” Guardia del Duce e della compagnia comando del IV Polizei-Freiwilligen-Bataillon Italien rinominato III Battaglione del 2°Reggimento della I°Waffen Grenadier Brigade der SS. Italienische Nr 1» cioè da compagnie italiane filonaziste di stanza a Santa Sofia che operavano alle dipendenze delle SS e della Polizeifhurer West Emilien,  partecipanti all’operazione “Lotta contro i banditi” (Bandenbekamfung).  (“25 luglio 1944 Colle del Carnaio (FO) i nazifascisti fucilano 27 civili, in: https://storiedimenticate.wordpress.com). Ed ancora le stragi di Robecco sul Naviglio, in provincia di Milano, il 20 e 21 luglio 1944, o quella di Piazzale Loreto, ed altre centinaia, che caratterizzarono in particolare il 1944. (Giuseppe Leoni, La strage nazifascista di Robecco del luglio 1944: rinvenuti gli atti di un processo mai arrivato a sentenza, in: http://www.corrierealtomilanese.com/2017/01/15/la-strage/; Beatrice Manetti, Hanno un volto i responsabili delle stragi naziste, in: ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/07/19/).

Inoltre spesso il lavoro sporco, come lo definisce Nuto Revelli, veniva fatto da truppe italiane. I fascisti della Muti – scrive Revelli, «ne hanno combinate di tutti i colori, torturando i congiunti dei partigiani o i supposti congiunti, portandoli nei loro comandi, bastonandoli a sangue per farli parlare. Rientrava proprio nel loro compito questo di terrorizzare la popolazione. Anche i tedeschi ci tenevano a questo “lavoro sporco”, perché terrorizzando speravano di far diventare nemica la popolazione nei nostri confronti. Questo era il gioco. Noi partigiani potevamo vivere se la popolazione ci era amica: incrudendo, rendendo difficili i rapporti tra noi e la popolazione, facevano il loro gioco». (Nuto Revelli, op. cit., p. 148).  Ed italiani erano gli autori della strage di Malga Promosio, secondo quanto scritto da Lorenzo Craighero, fascista, Podestà di Paluzza, al Pretore di Tolmezzo il 5 luglio 1945. «Si può con certezza ora affermare- dichiara il Craighero-  che i falsi partigiani erano in gran parte italiani e certamente delle Forze Armate Repubblicane e delle Brigate Nere». (La relazione del podestà Lorenzo Craighero al Pretore di Tolmezzo, in: Rodolfo Di Centa, Testimone oculare – Valle del Bût (Carnia) 1944-1945, Chei di Samavile, 2003, in: http://www.tischlbong.org/timau/pdf/libri/testimone.pdf, Appendice 1, pp. 71- 74).

Questa politica di porre “Italiani contro italiani” pare caratterizzare la strategia di guerra nazista, anche nell’uso della X Mas. (Cfr. Ricciotti Lazzero, La Decima Mas, op. cit.). Si risparmiavano vite tedesche, si mandavano al macello e si faceva fare il lavoro sporco ad italiani. Per l’infinito numero di stragi di civili, basta vedere “https://anpipisa.wordpress.com/elenco-stragi-in-toscana/” e in particolar modo il proficuo lavoro, pagato dalla Germania, condotto sotto la direzione del prof. Santo Peli, “L’Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia”, ove i numeri complessivi delle stesse possono essere letti in: http://www.straginazifasciste.it/wp-content/uploads/2015/10/Dati-nazionali-al-30-09-2016.pdf). Stragi di civili ebbero luogo lungo la linea gotica e nella zona delle malghe di Paluzza- Paularo, ove correva il confine tra Terzo Reich ed Ozak, (acronimo di Operationszone Adriatisches Küstenland) di cui faceva parte la Provincia di Udine allora. Non si dovevano oltrepassare i nuovi confini, mentre, come già scritto, dal giugno 1944 i partigiani carnici, della Val Canale e del Canal del Ferro sconfinavano nel Terzo Reich, di cui l’Austria, annessa, faceva parte, nel tentativo di saldare resistenza italiana ed austriaca. Bellina e De Caneva ci raccontano però che pure i tedeschi non disdegnavano di attraversare quel confine per fare razzie di bestiame nei pascoli vicini, che veniva poi trasportato in Austria. A dette razzie i partigiani rispondevano prelevando, a loro volta, dai pascoli alpini in Austria, allora Terzo Reich, armente e cavalli, che venivano distribuiti alla popolazione civile precedentemente derubata. (“Note per un primo studio sulla guerra partigiana in territorio austriaco”, op. cit., p. 3).

֎

Ma vediamo insieme cosa scrive in quel periodo Albino Venier, reduce di Russia ed ufficiale del R.E.I., noto nella Resistenza come il comandante di battaglione osovano con nome di battaglia Walter, poi ingegnere nucleare a Pisa, e tecnico di spessore nel settore dell’infortunistica nucleare. Relativamente al furto di alcuni cavalli in territorio del Reich, così egli narra, alla data 9 luglio 1944, nel suo diario: «Mando una squadra in Austria a prelevare cavalli in un allevamento tedesco poco addentro nel confine. Lampo la comanda. Do loro alcune istruzioni: partono». (Diario di Walter, prima edizione: Albino Venier, Dalla Carnia al fronte russo…e ritorno, Tolmezzo 1991, p. 140; seconda edizione in: Albino, Luigi, Teresina Venier, Una famiglia unita nel turbine della guerra, Aviani & Aviani ed., 2013, p. 137).  Si sa, poi, che il 12 luglio gli uomini erano rientrati portando con sé 27 cavalli tedeschi, dopo averne persi due durante il viaggio. Alla casermetta della gendarmeria non avevano trovato alcuno e così avevano spaccato il telefono che metteva in comunicazione con Mauthen e bruciato tutto quello che poteva servire al nemico. Quindi, rientrati dopo un difficile percorso, i cavalli erano stati sistemati presso civili nei vari paesi.  (Albino, Luigi, Teresina Venier, Una famiglia unita, pp. 137- 138). Ma si ha notizia di una razzia di cavalli in territorio austriaco anche da parte di garibaldini, oltre che di due azioni militari contro la Caserma Stramiz. (“Guerra di popolo, Storia delle formazioni garibaldine friulane” – a cura di Ferdinando Mautino- Feltrinelli 1981, p. 79 per il prelievo cavalli; pp. 81 e 96 per azioni contro Caserma Stramiz). Sui furti di cavalli da parte dei partigiani nel territorio del Terzo Reich, in particolare per riportare la verità su un fatto specifico e confutare tesi locali senza fonti, cfr. anche: Dino Ariis, Pieri Stefanutti “Carnia 1944. Il sangue degli innocenti”, dvd 2012, o volume riassuntivo della ricerca pubblicato da NNmedia come: Dino Ariis, Pieri Stefanutti, Le colpe degli innocenti, 2013).

Inoltre vari fatti erano accaduti in quel periodo: Patrick Martin Smith, ufficiale inglese, era stato paracadutato il 18/19 luglio 1944. (Ivi, p. 1), ed il 15 luglio 1944 era avvenuto l’attacco in zona Noiaris di Sutrio a tre mezzi tedeschi, in cui avevano perso la vita Aulo Magrini ed Ermes Solari della Garibaldi e Vito Riolino della Osoppo. Ma vi erano state altre azioni partigiane, atte, pure, a formare la Zona Libera di Carnia, dato che lo sbarco in Normandia, avvenuto il 6 giugno 1944, aveva fatto pensare ad un arrivo imminente delle forze alleate, e il Clnai ed il neonato Cvl avevano emanato disposizioni circa la liberazione di paesi e vallate e la creazione di organismi provvisori di governo. (Cfr. Laura Matelda Puppini, Zone Libere, Repubbliche partigiane ed assetto istituzionale, prima pubblicazione in: Patria Indipendente, numero speciale per il 70° Liberazione, Semi di Costituzione. La bella storia delle repubbliche partigiane, settembre 2014, ripreso in: www.nonsolocarnia.info).

֎

Ma per ritornare ad Albino Venier, in data 17 luglio 1944, egli descrive lo strazio di Lodin, in data 18 luglio quello di Lanza dimenticando Cordin, e poi Pramosio ed a seguire: Paluzza, Sutrio, Cercivento … Ma le date paiono anticipate di qualche giorno. Inoltre sembra ci si aspettasse, in quei giorni, solo, si fa per dire, un rastrellamento tedesco nella valle del But, come riportato sempre da Walter in data 13 luglio 1944. (Albino, Luigi, Teresina Venier, Una famiglia unita, op. cit., p. 138).

Ed ancora: su “Guerra di popolo”, a cura di Ferdinando Mautino, si legge che il 19 luglio 1944 veniva segnalata, in zona Casera Stua Ramaz, una banda di SS Internazionali (cioè formata da personale facente parte delle Waffen – SS – Truppe straniere, per cui cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Truppe_straniere_nelle_Waffen-SS); che, vestiti da garibaldini, battevano la zona intrufolandosi fra la popolazione. Infine, il 22 luglio, la stessa banda si spostava a Promosio – Paluzza ove avveniva un massacro, seguito, il giorno seguente, da quello di Paluzza, Sutrio, Cercivento (3 compagni), dintorni. (“Guerra di popolo, (a cura di Ferdinando Mautino), Feltrinelli 1981, p. 80).

Albino Venier in data 21 luglio 1944 parla poi di due vittime a Cedarchis, due giovani che stavano a guardare. (Albino, Luigi, Teresina Venier, Una famiglia unita, op. cit., p. p. 140). Bilancio della strage: convenzionalmente 52 morti. Appare invece fondata su fonti discutibili la scheda approntata la Fabio Verardo alla voce “Valle del But”, avendo egli citato solo Pier Arrigo Carnier, Giovanni Angelo Colonnello, Antonio Toppan e Francesco Vuga, ed unicamente in relazione al numero delle vittime civili. (Fabio Verardo, Scheda sull’eccidio di Malga Pramosio, in: http://www.straginazifasciste.it/?page_id=338&grande_strage=6).

Rodolfo Di Centa, dal canto suo, pone l’accento sull’importanza per i tedeschi della strada per Monte Croce, oggetto di attacchi partigiani, e così scrive: «[…] in quei giorni fu ostruita dai partigiani la strada, con grandi massi di pietra, fra Timau e Monte Croce. Questa strada per i Tedeschi era importante fosse sempre aperta in caso di bisogno e perciò il 14 luglio 1944 il comando tedesco, da Udine, inviò una compagnia del Genio della “Wehrmacht”. I soldati, trasportati su camions, giunti a Tolmezzo, obbligarono gli uomini liberi ad aiutarli a liberare i massi dalla strada». (Rodolfo Di Centa, op. cit., p. 16. Si noti che il diario di Rodolfo di Centa, scritto sicuramente nel dopoguerra, non ha data pubblicata). Comunque Di Centa ricorda anche che: arrivarono i tedeschi a rastrellare a Paluzza il 28 maggio 1944 e che ritornarono il 24 giugno, e lasciarono dei morti, fra cui un povero handicappato (Ivi, p. 12 e p. 15), il che fa pensare che già il territorio fosse stato preso di mira dai tedeschi. E per precauzione gli uomini passavano la notte in montagna, come racconta sempre il Di Centa nel suo libro a p. 17. Del resto questa era prassi diffusa in Carnia. (Cfr. nel merito: Laura Matelda Puppini, Carnici che scrissero la storia della democrazia. In memoria dell’ing. Luigi Venier, il partigiano osovano Giorgio, in www.nonsolocarnia.info).

֎

I FATTI COME DESCRITTI DA VIRGILIO CANDIDO.

Quindi la “Relazione” di Virgilio Candido, segretario comunale di Paluzza, al Berater, da cui si reca il 10 agosto 1944 accompagnato dall’ing. Rinaldo Cioni, dall’ing. Franz Gnadlinger, e svolta alla presenza dei segretari comunali di Paluzza, Forni Avoltri, Rigolato, Ovaro e Lauco. Il fatto di andare a relazionare sull’eccidio della Val But al Betater ad Udine era stato autorizzato dal comando partigiano garibaldino carnico, cioè da Ciro Nigris Marco e da Augusto Nassivera Nembo (Copia della Relazione si trova in Irsml, Fondo Magrini, busta CLV fasc VIII – doc. vari. Questa Relazione è stata pubblicata anche in: Gianni Conedera, L’ultima verità, 2005, pp. 44-47 ). La copia non porta firma autografa dell’autore, il segretario comunale di Paluzza Virgilio Candido, né data, né le controfirme autografe delle persone indicate come garanti della veridicità di quanto riportato nello scritto, fra cui era prevista quella dell’ing. Rinaldo Cioni, morto il 2 maggio 1945. Di più non è dato sapere.

Sulla stessa si può leggere una dettagliata descrizione dei fatti. «Il giorno 21 luglio, verso le ore 13, in località “Malga Promosio”, sita in territorio del comune di Paluzza, un gruppo di 23 individui (che poi si riconobbero per militari tedeschi e fascisti repubblicani), provenienti da oltre confine e già segnalati il giorno prima, in quel di Paularo, vestenti l’abito borghese e con i distintivi dei Partigiani della Brigata Garibaldi, (Stella rossa sul copricapo e fazzoletto dello stesso colore al collo), trucidava, con diverse scariche di arma da fuoco ed a colpi di pugnale, il proprietario della malga, Sig. Brunetti Andrea ed altre 15 persone, addette, in parte, alla malga stessa ed in parte salite di buon mattino, per il ritiro della propria quota di prodotti latticini.
Dette persone, tra cui due donne con famiglia a carico, ed una in stato di avanzata gravidanza, stavano consumando, nella casera, il magro pasto meridiano. Il reparto dopo aver seviziato in orribile modo e di aver spogliato di ogni oggetto di valore i corpi delle vittime, ed averli accatastati in un angolo del locale, proseguiva per Paluzza, lungo la strada che da “Malga Promosio” porta in fondo valle e sfocia in località “Moscardo” nella strada nazionale Tolmezzo-Passo di Monte Croce Carnico.

Lungo il tragitto, la banda assaliva due donne inermi (Delli Zotti Massima di anni 53 con 3 figli a carico, e Tassotti Paolina, di anni 45 con 4 figli in tenerissima età a carico) e, dopo averle violentate ed atrocemente seviziate, le uccideva a colpi di arma da fuoco e di pugnale, riducendone i poveri corpi in uno stato orrendo.
Le due donne portavano, sulle loro membra, molteplici i segni dei morsi, le ecchimosi prodotte dalle battiture eseguite con i calcioli delle armi, le graffiature ecc., nonché orribili squarci e profonde ferite di pugnale. Ad entrambe era stato confitto, in foro anale ed in vagina, un tappo di legno, come a rendere più completo e feroce lo scempio e l’oltraggio delle povere vittime, le cui vesti e membra, evidentemente per l’opposta resistenza e per la colluttazione, erano ridotte a brandelli.

Giunta la banda in località Moscardo, venivano da essa trucidati, a colpi di pugnale, due operai di Paluzza, di ritorno dal lavoro: Pagavino Oreste di anni 38 e Primus Benvenuto di anni 59, entrambi coniugati ed il secondo con 4 figli a carico.
In entrambi emergeva, su tutte le molteplici ferite, un largo squarcio alla gola con recisione della carotide.
Il gruppo dei terroristi raggiungeva quindi l’abitato di Paluzza.
Saranno state le ore 17.
In località “Ponte di Pietra” esso si divideva: il grosso composto da 18 uomini circa, proseguiva a valle dell’abitato, lungo la strada nazionale.
Gli altri, attraversata via Pal Piccolo e raggiunta via Roma, facevano scoppiare una bomba nell’Ufficio Postale, nell’ intento evidente di distruggere gli apparati telegrafici e fonotelefonici.
Essi, dopo aver tratto in inganno diverse persone spacciandosi per partigiani di Tito (ma in Carnia, da che consta, non vi furono partigiani di Tito e forse questa è contaminazione da leggende fasciste di epoca bellica e postbellica n.d.r.), raggiunta la località “Bersaglio” a valle del Capoluogo, si riunivano al resto della banda, proseguendo alla volta di Cercivento, ove trassero in inganno e massacrarono tre persone. Quindi, approfittando della sopraggiunta oscurità e della nebbia si dileguarono.

___

Il giorno 22 luglio, verso le ore 13, compariva in Paluzza un reparto di SS. (saranno stati 200 uomini), fra cui molti italiani, il quale, dopo aver circondato il paese e chiusi tutti gli accessi con postazioni di armi automatiche, iniziava il rastrellamento passando di casa in casa. Per fortuna la maggioranza assoluta degli uomini si era data alla montagna, onde sottrarsi al pericolo che li minacciava.
Alcuni ufficiali, tra i quali in Capitano Uccelli (sic! Ma è Occelli n.d.r.) degli Alpini Italiani (in realtà delle Waffen n.d.r.) scortati da numerosi soldati armati di fucile automatico, irrompevano nel palazzo municipale ove si trovavano il Podestà, il Segretario comunale il Direttore Didattico ed alcuni impiegati. Un tenente della SS Tedesca che portava il cappello alpino italiano, investiva urlando, a schiaffi, il Podestà e gli spianava contro la pistola.
Giungevano frattanto, sul piazzale del Municipio, le persone che, da parte delle pattuglie, venivano prelevate presso le rispettive abitazioni.
E si iniziava l’orrenda flagellazione!

Verso le ore 14, faceva il suo ingresso in Paluzza, tra grida selvagge ed inumane di evviva, il gruppo dei finti partigiani, che la sera innanzi si era dileguato in quel di Cercivento e che probabilmente aveva atteso, riparandosi nelle opere di fortificazione in Comune di Sutrio, l’avvistamento del reparto che saliva da Tolmezzo.
E con tale arrivo, l’orgia di sangue raggiunse il parossismo.
Le vittime e particolarmente Pittino Adamo, Gerente della Cooperativa di Consumo, Gressani Giovanni Barbiere, Englaro Ernesto Assistente del Genio Militare, Del Bon Osualdo meccanico e Lazzara Costanzo macellaio, vennero sottoposti ad indicibili torture ed a bestiali sevizie, sotto gli occhi dei congiunti che, in ginocchio, imploravano pietà per i poveretti, alcuni dei quali (il Pittino, il Del Bon e il Gressani ) grondavano sangue copiosissimo dalle molteplici ferite provocate dai pugnali, dai calcioli delle armi, dalle scarpe chiodate, dai morsi ecc. .
La gazzarra sanguinosa durò alcune ore e nel frattempo il resto della truppa aveva invaso le case private ed i negozi facendo manbassa di tutto e dandosi alla gozzoviglia, talchè gli effetti dell’alcool si fecero ben presto sentire, con un aumento di tono nelle inumane rappresaglie in atto.
Saranno state le 16 quando il reparto, ebbro di sangue ed in stato di palese ubriachezza, (ubriachi erano anche gli Ufficiali) lasciava Paluzza, dirigendosi alla volta di Tolmezzo.
Lungo il tragitto, in località “Ponte di Sutrio”, cadevano le prime vittime: Miss Gino di anni 23 da Rivo di Paluzza, ucciso presso la propria casa di abitazione, Englaro Ernesto di anni 43, coniugato con 5 figli in tenerissima età a carico, nonché 5 persone che il reparto aveva prelevato a Sutrio dopo averne trucidate altre 3.
Tutti venivano finiti con il colpo di pistola alla nuca e poscia spogliati e depredati degli oggetti di valore e quindi gettati sul greto del torrente But. Più oltre, lungo la strada Paluzza- Tolmezzo, venivano finiti, a colpi di pistola, Del Bon Osualdo, Gressani Giovanni e Pittino Adamo, da Paluzza, i cui corpi presentavano tali ferite, mutilazioni, ecchimosi e contusioni da renderli irriconoscibili.
Trovarono la stessa morte altre 7 persone appartenenti al Comune di Arta nonché un uomo appartenente al Comune di Cercivento.

L’impressione suscitata in Paluzza ed in tutta la zona dall’orrendo massacro è enorme e da ogni parte si levano grida di angoscia, di esecrazione e di terrore.
Non è possibile ripristinare la calma, poiché tutta la popolazione vive oppressa da un tragico incubo, da una tremenda aspettativa che fatti del genere abbiano a ripetersi, ed in ognuno, dai bimbi di pochi anni, ai vecchi prossimi alla tomba, si leggono i segni dell’angosciosa incertezza.».

֎

Questa relazione scritta, forse stesa verso la fine della guerra e prima della morte dell’inaspettata morte dell’ing. Rinaldo Cioni, credo sia documento sufficientemente fedele, anche perché rispecchia il modo di fare dei nazifascisti e risponde a quanto descritto, in modo analitico e sulla base della sua personale esperienza, da Rodolfo Di Centa. (Rodolfo Di Centa, op. cit., pp. 18 – 46). Inoltre un riassunto dell’eccidio della malga, si trova pure in: Pretura di Tolmezzo, verbale di inchiesta per infortunio sul lavoro agricolo, in: Rodolfo Di Centa, op. cit., pp. 81-82, e in: La relazione del podestà Lorenzo Craighero al Pretore di Tolmezzo, op. cit.. Non viene però sottolineata in modo preciso da Virgilio Candido, come invece da Rodolfo Di Centa, l’odissea dei civili presi come ostaggi, ed anche Lorenzo Craighero scrive che «Dopo avere saccheggiato case di abitazione, negozi ecc… e dopo essersi ubriacati di acquavite e liquori rubati nei bar e nelle osterie del paese, verso le 16 sia il Reparto della SS che i falsi partigiani ripresero la via verso Tolmezzo, portando con loro diversi cittadini di Paluzza e paesi vicini, alcuni dei quali, per le forti percosse, potevano a stento reggersi in piedi. Di più, inumanamente, li caricarono di oggetti pesanti che avevano rubato in paese. In località Ponte di Sutrio, assassinarono altri 8 giovani del comune di Sutrio e lungo la strada che va dal ponte stesso al comune di Arta, finirono a colpi di pistola diversi dei giovani e uomini presi prigionieri a Paluzza. Uno di questi, Lazzara Costanzo, ferito gravemente da un colpo di pistola (alla nuca e fuoruscito alla mandibola destra, […]  potè essere salvato e potrà rendere testimonianza di quanto avvenne di tragico lungo la strada che da Paluzza porta ad Arta. Particolarmente segnalata la brutalità di un tenente della SS germanica e di un maresciallo della SS stessa che per diverso tempo furono di guarnigione a Tolmezzo (e di cui non posso dire il nome, scritto a mano, ndr)». (La relazione del podestà Lorenzo Craighero al Pretore di Tolmezzo, op. cit., p. 74).

֎

Resta il dubbio sul Battaglione e Divisione di appartenenza di Giuseppe Occelli, che la dott. Marina Di Ronco diceva, un paio di giorni fa, esser stato della Waffen-Gebirgs-(Karstjäger-) Division der SS, ma bisogna vedere quando, dato che essa venne creata, secondo una fonte il primo agosto 1944, secondo altra nel maggio dello stesso anno diventando poi operativa nel luglio. Ma in particolare la Waffen-Gebirgs-(Karstjäger) Division der SS, pare fosse formata da persone “Reichsdeutsche e Volksdeutsche” e quindi difficilmente Giuseppe Ocelli poteva farne parte, mentre poteva essere delle Waffen SS Internazionali (cioè formate da persone facenti parte delle zone occupate dal Reich, per cui cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Truppe_straniere_nelle_Waffen-SS), o già allora dell’ SS – Karstwehr – Btl, comandato da Erich Kühbandner, SS-Obersturmführer del III./Waffen-Geb.(Karst)Jg.Rgt.-SS Nr. 1, operativo in Ozak cioè nell’ Adriatisches Küstenland, di cui l’Occelli faceva parte, secondo Fabio Verardo, con il grado di Waffen – Hauptsturmfuhrer der SS, cioè di capitano nelle Waffen – SS. Consta che poi Erich Kühbandner sia diventato SS-Hauptsturmführer u. Kdr of I./Waffen-Gebirgs (Karst Jäger)-Rgt 59, carica ricoperta dal 5.12.1944 al 10.2.1945, ma non Occelli. (Fabio Verardo, Scheda Episodio di Piano di Arta, Arta, 22.07.1944, in: http://www.straginazifasciste.it/ e per Erich Kühbandner: http://wcstumpmilitaria.blogspot.it/2012/11/anti-partisan-warfare-badge-with.html).
Inoltre Rodolfo Di Centa afferma che, poi, il comando tedesco si sistemò nella casa di Andrea Brunetti. (Rodolfo di Centa, op. cit., p. 63).

L’eco della strage di Pramosio fu fortissimo in Carnia e se ne rammentava anche mia madre, la dott. Maria Adriana Plozzer, narrando l’emozione che suscitò dovunque.
Alla strage vennero dedicati scritti e poesie (cfr. Appendice 4 in: Rodolfo Di Centa, op. cit., pp. 93- 99). E i partigiani segnarono quella strage come degli altri morti da vendicare.
Altro aspetto interessante è che la popolazione delle valli della Carnia, da allora in poi, si organizzò con un servizio di guardia popolare, di controllo, sorveglianza e sicurezza dei paesi e nuclei abitati, anche se non dovunque, abitudine che continuò dopo l’arrivo dei cosacchi. (“Guerra di popolo”, op. cit., p. 81).

Mi pare  infine opportuno sottolineare come azioni di questo genere fossero proprie della logica colonialista, e rappresaglie sui civili furono perpetrate anche dagli italiani in Africa ed altre terre di conquista. Se non ritorniamo al colonialismo ed al concetto di dominare e sottomettere con il terrore, non capiremo mai neppure questa storia più recente. Noi allora eravamo terra conquistata e colonizzata dal Terzo Reich.

Laura Matelda Puppini

L’immagine che accompagna questo articolo è un particolare di un tramonto tratto da Dreamstime, https://www.google.it/, e non pare abbia vincoli di riproduzione. Vietata la riproduzione dell’articolo senza mio consenso, permessa la citazione. Laura Matelda Puppini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2017/07/per-stragi-siluetta-della-montagna-sul-tramonto-rosso-66268280.jpg?fit=447%2C237&ssl=1https://i0.wp.com/www.nonsolocarnia.info/wordpress/wp-content/uploads/2017/07/per-stragi-siluetta-della-montagna-sul-tramonto-rosso-66268280.jpg?resize=150%2C150&ssl=1Laura Matelda PuppiniSTORIAScrivo queste righe, in questi giorni che preparano al ricordo dell'eccidio di Malga Promosio e valle del But, riportando la ricostruzione dei fatti e dandone una chiave di lettura in un contesto più ampio. Dato che la descrizione di quanto accaduto, fatta dall'allora segretario comunale di Paluzza Virgilio Candido,...INFO DALLA CARNIA E DINTORNI