Non so perché da alcuni giorni penso di scrivere qualcosa su di noi italiani, sui migranti e sulle migrazioni, problema che ora pare solo richieda un pollice verso – stop a migranti e migrazioni – se si è di destra ed un pollice alzato se si è di sinistra. E preciso subito che lo ‘ius soli’ chiesto dal Pd in fretta e furia, quando già si sapeva che si sarebbe andati a votare di lì a pochi mesi, a me è parsa solo una trovata pre-elettorale, come il solito, mentre ritengo che l’argomento richieda un dibattito approfondito, non una crociata dell’ultima ora.

Scrivevo il 24 giugno 2015, su storiastoriepn.it, come commento alla presentazione di un vecchio volume sulle migrazioni di Max Mauro, che il tema, a mio avviso, richiedeva una riflessione più complessa e completa, dato che la situazione odierna non era assimilabile a quella di ieri, dal punto di vista politico ed economico. Ora domina una Europa ove la finanza comanda su tutto e tutti con la scusa dell’euro, facendo gli interessi di chi ‘muove i fili’, e non delle nazioni e dei popoli, tanto che mi domandavo, già allora, dove fosse andata a finire la democrazia. Dobbiamo renderci conto che molti italiani vivono in povertà, e che il rapporto fra loro e gli immigrati potrebbe configurarsi come guerra fra poveri. Ora gli italiani poveri assommano a 5 milioni, ed altri milioni sono a rischio povertà! E se è vero che la ricchezza non abbondava neppure ai primi del Novecento, i contesti erano diversi.

Ma cosa fanno i politici? Invece di studiare le cause della povertà, e cercare di porvi rimedio, invece di tentare di provare a risolvere il problema degli immigrati, come qualsiasi soggetto al governo dovrebbe fare, si occupano di altro, ora delle elezioni, mentre il paese annaspa, e se sono di destra sostengono che ogni disagio è attribuibile ai migranti, il che è pura demagogia; se sono di sinistra talvolta pare non si rendano conto della vastità del problema e di tutte le sue implicazioni e correlazioni con quelli della Nazione, e talvolta sembra che cerchino di affrontare situazioni più grandi di loro, ‘a mani nude’, per poi restare stremati e senza prospettiva, non avendo  valutato sufficientemente i contesti. «Il volontariato, con tutta la sua buona volontà, non può reggere a tutto» – pensavo fra me e me guardando, a notte fonda, un posto di ristoro allestito in una stazione sul confine tra Germania e Austria, nel 2015, con un vento gelido che soffiava e pattuglie in ogni dove.

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Mentre sto sfogliando alcuni numeri di ‘Le monde diplomatique’ alla ricerca di qualche spunto interessante, mi imbatto nel dossier di Benoît Brevillé: “Disagio della sinistra sull’immigrazione”, pubblicato su quello datato aprile 2017.

Il sottotitolo riassume subito un aspetto politico saliente: «La strategia conservatrice che mira a contrapporre i ceti più svantaggiati è riuscita a fare dell’immigrazione una questione decisiva per molti francesi». (Ivi).  Come in Italia – penso tra me e me. E qui come là, le destre «attribuiscono agli stranieri ogni sorta di problemi, dalla disoccupazione al terrorismo, dalla crisi delle finanze pubbliche alla mancanza di case, dall’insicurezza al sovraffollamento nelle classi scolastiche» (Ivi),

Ed il centrodestra come il centrosinistra in Italia si guardano bene dal dire che la povertà dilagante esiste a causa delle politiche dei nostri soliti noti al governo, sia prima che poi, senza uno straccio di progettualità per il popolo italiano, ed a causa del prosciugamento delle risorse pubbliche per i  soldi buttati fra ‘diamanti padani e feste romane’, amici degli amici, evasione fiscale, corruzione, su cui non posso certo dilungarmi, perché mi ci vorrebbero mesi e mi rovinerei la salute al solo pensiero di quanto si è sperperato, di quanto si è tollerato, quasi legalizzato, di quanto la politica sia lontana dalla realtà e dalle buone pratiche.

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Sinora, come scrive Benoît Brevillé, sembra che esistano, per affrontare il problema migranti, due opzioni: quella dell’estrema destra e quella dell’imprenditoria. Per quest’ultima i migranti rappresentano mano d’opera a basso costo, che accetta condizioni di lavoro non tutelate, in competizione con i poveri locali, e che copre attività lavorative non molto ambite. Ma anche agli emigranti carnici ai primi Novecento accadde di essere posti sul mercato della ‘carne umana’ per un posto di lavoro, di accettare occupazioni usuranti, di coprire operai in sciopero, di essere manovalanza a basso costo, di vivere in precarie baracche.

Inoltre la politica, in Francia come in Italia, ha fatto in modo che siano «i ceti popolari a doversi far carico concretamente della questione del rapporto con l’altro» (Ivi), ed in generale del problema migranti e loro convivenza nelle periferie, già degradate, delle città. Perché i migranti non alloggiano certo nei quartieri ‘bene’- scrive sempre Benoît Brevillé.

Così, in Francia come in Italia, le classi agiate, a cui anche i politici appartengono, possono permettersi di arringare le folle sui problemi dell’immigrazione e parlare di migranti guardando la situazione da lontano, come fanno del resto i politici europei. L’Olimpo degli Dei non viene scalfito dalla marea umana dei poveri spesso in lotta fra loro. Ma a questo punto non capisco come il problema di chi giunge possa essere affrontato senza esaminare le difficoltà dei paesi di accoglienza, come, per esempio, quelle presenti nelle sacche di degrado e miseria delle periferie, anche a causa dei senza tetto che aumentano pure fra i connazionali, grazie al lavoro precario, alla disoccupazione dilagante, alla mancata liquidità che non permette di pagare più mutui o spese condominiali, e che può trascinare una famiglia in strada. E ciò accade anche in America, basta leggere il bellissimo romanzo di John Grisham “L’avvocato di strada”.

Però queste situazioni «non sono frutto di fatalità». – precisa Benoît Brevillé. Esse infatti derivano spesso da leggi, da scelte urbane, e da decisioni politiche, che portano pure conflittualità fra poveri e fra immigrati, e fra questi e quelli.

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Nel 2015, scrivevo su www.nonsolocarnia.info, il mio “Migration. Europa: un gigante dai piedi di argilla”, i cui contenuti pienamente condivido anche ora, ed a cui rimando. Infatti quello che balza subito agli occhi è che, dopo un fuoco fatuo di alcuni dibattiti, l’Europa, in quel luglio 2015, si è defilata dal voler farsi carico realmente del problema delle migrazioni, andandosene in ferie, mentre noi italiani eravamo persino all’oscuro di ciò che aveva accettato il governo di Matteo Renzi per noi, venuto alla luce solo nel 2017. (Cfr. Gian Micalessin, “Migranti in cambio dei conti. Suicidio firmato Renzi e Alfano” – L’ex ministro della Difesa: “Abbiamo ceduto sovranità per una maggiore flessibilità. È un errore capitale”, in: ilgiornale.it, 7 luglio 2017, e Luca Cifoni, Def, con i migranti più sconti sul deficit: in campo fino a 16 miliardi di flessibilità, in: Il Messaggero.it, 19 settembre 2015).

Tutto si baratta per uno scorporo finanziario, penso sconsolata, creando situazioni impossibili in questo nostro paese, mentre l’Europa ha permesso di alzare muri, di chiudere frontiere al suo interno, in modo palese o subdolo, scaricando migranti sulla Grecia e sull’Italia e su altri paesi già poverissimi. E mi sovviene il povero sindaco di Arta Terme che, anni fa, pieno di buona volontà, dichiarava che sarebbe andato lui a parlare con il collega Carinziano per studiare il da farsi, mentre la giunta Serracchiani nicchiava, tra le dichiarazioni di uno e dell’altro, e se la prendeva con la vicina Austria, già satura. Inoltre, nello stesso periodo, l’Ungheria alzava muri, la Slovacchia poneva in 200 il numero di rifugiati che avrebbe accettato, a patto che fossero, tutti, rigorosamente cristiani, la Lettonia non aveva ancora deciso nel merito, la Polonia non intendeva prendere  più di 2000 migranti provenienti da Italia e Grecia, (Vittorio Giorgetti, “Rifugiati, le porte chiuse del gruppo di Visegrád”, in East Journal, 27 luglio 2015), e nessuno sapeva quanti ne avessero presi i Paesi Bassi o la Svezia, la Danimarca e la Finlandia, nazioni quasi defilate dalle cronache sull’argomento.

Pare però che nel dicembre 2017, dopo circa due anni di incertezze, l’Unione Europea abbia deferito Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca alla Corte di giustizia europea, «per il loro costante rifiuto di partecipare al programma di ridistribuzione dei richiedenti asilo da Italia e Grecia», deciso, a maggioranza, dall’Europa nel settembre 2015, con voto però contrario della Romania, della Repubblica Ceca, della Slovacchia e dell’Ungheria, e con l’astensione della Finlandia.  (https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/22/migranti-ocse-nel-2015-un-milione-di-richiedenti-asilo-costi-umani-spaventosi/2056829/). Ma, sulla politica da tenere verso le quote degli immigrati da accogliere, vi sono divergenze fra quello che pensa di fare la Commissione dell’Unione Europea e quello che pensa di fare il Consiglio dell’Unione Europea, più favorevole ad una ridistribuzione dei migranti fra i vari paesi su base volontaria, se non vi è reale situazione di crisi. Ma secondo me la crisi è già in atto da tempo. Invece pare che esse siano concordi sulla creazione di una specifica task force che permetta di veicolare nei paesi europei i presenti nei campi libici; sul controllo delle frontiere da parte dell’Agenzia di guardie di frontiera e costiera Ue; su una revisione del trattato di Dublino. (Giovanni Maria Del Re, Ue, deferiti i paesi anti-migranti, Avvenire, 8 dicembre 2017). Ma si pensa anche ad una governance mondiale. (http://www.eunews.it/2017/07/29/eppur-si-muove-la-governance-globale-delle-migrazioni/91105).

E nel frattempo vi è chi è passato al fai da te È notizia di oggi, 20 gennaio 2018, che l’Austria sta predisponendo una sua polizia la ‘Grenzschutzeinheit’, da schierare ai confini per serrati controlli, e pare in funzione anti – migranti. (“Austria, task force contro migranti, in Messaggero Veneto, 20 gennaio 2018). Ormai la Convenzione di Schengen sembra abolita.

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Intanto la nostra Nazione cerca, dopo aver accettato alcune condizioni, di frenare l’esodo verso l’Italia, e si precipita a riferire, sotto elezioni, un giorno che i migranti giunti sono meno di prima, un altro che il loro numero tende nuovamente a salire. (Lorenzo Salvia, Migranti, nel 2017 sbarchi in calo del 34%: ma a gennaio sono tornati a salire, in Corriere della Sera, 14 gennaio 2018).  E si è varato il decreto legge n.13 del febbraio 2017, noto come ‘Minniti Orlando’, che prevede 26 sezioni di tribunale specializzate a decidere sull’«immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Ue» (Leonardo Filippi, Discriminazione a norma di legge, in Left, 11 novembre 2017, p. 14). I giudici delle stesse, però, devono decidere sul migrante e sulla possibilità di concedergli asilo senza averlo davanti, senza potergli parlare o ascoltarlo, perché è considerata sufficiente la registrazione e trascrizione in lingua italiana di quanto il soggetto ha dichiarato, anche rispondendo a domande precise, davanti alla commissione territoriale o ad uno dei suoi quattro membri, adottando così quello che viene definito ‘rito camerale’ (Ivi). Ma secondo Leonardo Filippi, detto modo di procedere comprime le garanzie del primo grado di giudizio e cancella del tutto il secondo e qualsiasi possibilità di ricorso avverso la decisione del giudice. (Ivi, p. 15).

Ed almeno, ci si guardasse dal pasticciare con le missioni all’estero e si fosse ponderato o si ponderasse su come muoversi in Libia – dico io. E poi serviva andare anche in Niger, quando i francesi sembra stiano desistendo?  Ci andiamo pure sperando in un po’ di uranio, dopo che il petrolio nigeriano ha portato l’Eni e la Shell in tribunale? O ci andiamo per fermare una delle principali rotte dei migranti? (Roberto Colella, L’Italia non va in Niger solo per fermare la rotta dei migranti, in Il Fatto Quotidiano, 17 gennaio 2018).

E stiamo cercando forse accordi con Macron al di fuori dell’Europa? http://www.repubblica.it/esteri/2018/01/11/news/macron_loda_l_italia_e_il_suo_impegno_con_i_migranti_e_stipula_il_trattato_del_quirinale_-186275696/). Mi pare un gioco assai pericoloso. Inoltre non possiamo dimenticare che Gheddafi sembra sia stato ucciso dai francesi, che hanno così destabilizzato il territorio, portando di fatto una nuova guerra di tutti contro tutti, che continua, donandoci una marea di persone in fuga. (Cfr. http://www.occhidellaguerra.it/libia-cinque-anni-gheddafi/).

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«Aiutiamoli in casa propria» – sosteneva con foga Matteo Renzi, dopo aver firmato che li avremmo accolti noi italiani, per poi smistarli. Peccato che ‘casa loro’ sia distrutta da politiche demenziali di multinazionali, dalla siccità, dalla desertificazione, da splendidi territori trasformati in discariche abusive per chilometri e chilometri, da un inquinamento senza confini, da guerre disastrose che i civili hanno subito e stanno subendo. Bisogna smettere le guerre e ricostruire, ma temo sia troppo tardi per eliminare i danni ambientali, ripristinare il tessuto sociale, ritornare ad antiche forme di coltura e cultura, mentre il fondamentalismo islamico mostra il suo volto. (Cfr. Massimo Fini, Comodo dire migranti economici, in: Il Fatto Quotidiano, 19 settembre 2015).  E le guerre continuano, distruggono, fanno fuggire la gente, e noi siamo sempre più poveri pure perché investiamo per pagare gli F. 35, ma però sembra anche che l’unico settore economico che regge sia quello per produrre armamenti che poi magari vendiamo agli Emirati Arabi per distruggere lo Yemen, od ad altri, collaborando attivamente ad aumentare i flussi migratori. (Cfr. nel merito. Laura Matelda Puppini, Pillole di informazioni su cui riflettere, da vecchi giornali pronti per il cassonetto, in: www.nonsolocarnia.info).
Se vogliamo aiutarli in casa propria non distruggiamo la loro dimora, ed applichiamo la legge 185/90, relativa alla riconversione dell’industria bellica.  

Non da ultimo, come non dare ragione a Massimo Fini, quando dice che sono gli Usa «che stanno praticando […] una politica irresponsabile di aggressività nei confronti del mondo musulmano che ha dato origine, fra l’altro, all’insidiosissimo fenomeno dell’Isis»? (Massimo Fini, op. cit.). Ma – continua Fini – «Loro se lo possono permettere perché quel mondo ce l’hanno a diecimila chilometri di distanza, noi no perché ci sta sull’uscio di casa» (Ivi) e comporta anche masse di migranti.

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Inoltre stiamo parlando sempre dei migranti che entrano. Ma poi? Bisogna integrarli – scrive qualcuno – mentre i nostri paesi si riempiono di giovani stranieri che viaggiano in gruppo, senza vedere più un domani, come anche del resto i giovani nostrani, e la loro permanenza pare sempre più configurarsi come a lunghissimo termine, vivacchiando, senza poter lavorare, con un piatto di minestra ed una stanza assicurate come un cellulare, e nulla più. Inoltre vi sono anche molti irregolari e pare che, visto il numero di minori che giungono qui e poi spariscono, lo stesso fenomeno migratorio dopo lo sbarco sia solo parzialmente sotto controllo, non certo a causa delle forze dell’ordine, che sono sempre in numero esiguo per tutto ciò che accade in questa nostra povera Italia.

Sembra quasi che, nei fatti, l’Europa ricca della finanza abbia deciso, ad un certo punto, di creare ai suoi confini delle aree di poveri e migranti, delle zone da lasciare a se stesse, barattando, talvolta, qualcosa per la loro sopravvivenza, e fra queste vi siano Italia e Grecia, che gli sbocchi sul mare li hanno, eccome!  

Inoltre nel 2015, donna Merkel aveva aperto le frontiere a coloro che fuggivano dalle guerre, distinguendoli dai ‘migranti economici’. Ma come distinguerli? E come rimandare indietro chi sta morendo di fame e sete per causa dell’occidente? Ai primi del Novecento l’Africa Nera era alimentarmente autosufficiente e lo era ancora, sostanzialmente, nel 1961. Poi sono giunti i paesi industrializzati alla caccia di mercati ed hanno introdotto in Africa Nera il loro modello di sviluppo, disarticolando la cultura, la socialità e l’economia di sussistenza, con i risultati che si vedono. (Massimo Fini, op. cit.).

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Io credo che la di là del buonismo, i politici dovrebbero prendere in seria considerazione la nostra situazione e quella degli immigrati, allo stesso modo, studiandole pure insieme, dato che convivono insieme sul territorio.
E anche i nostri figli stanno migrando, ricordiamocelo, i nostri figli non trovano lavoro o lo trovano schiavizzante e precario, i nostri figli andranno in pensione a 68 anni o più, con quote ridicole se non sono nel gota degli dei, i nostri figli e nipoti forse si troveranno tagliata la luce, l’acqua, il gas, fino alla possibilità di diventare clochards, e non a caso avevo pubblicato, su www.nonsolocarnia.info, nel dicembre 2015, un articolo intitolato: “Natale 2015: fra Babbo Natale e la piccola fiammiferaia”, che vi invito a leggere.

Infine non possiamo negare che vi siano in fuga buoni ma anche ladri e profittatori, con chissà che idea dell’Italia, e che la mafia degli scafisti, e non solo quella, possono fare davvero affari d’oro con chi fugge per disperazione.

Che dire? Che fare? Non siamo noi o i migranti che possiamo dire o fare, ma quella politica sempre pronta a schierarsi con il pollice verso o alto, mai ad affrontare seriamente situazioni previste e prevedibili, quella politica che deve anche parlare di noi, italiani, delle nostre difficoltà, possibilmente in modo serio e sistemico, e non, magari e forse, tra un discorso, una stoccata, un brandy.

Senza voler offendere alcuno, ma per parlarne.

Laura Matelda Puppini

Sull’argomento vi invito caldamente a leggere, su: www.nonsolocarnia.info:

Laura Matelda Puppini. Pillole di informazioni su cui riflettere, da vecchi giornali pronti per il cassonetto.

don Pierluigi Di Piazza sui migranti. Lettera aperta ai componenti del Consiglio e della Giunta Regionale del FVG.

Laura Matelda Puppini.  Migration. Europa: un gigante dai piedi di argilla

Laura Matelda Puppini  Sulla guerra e contro la guerra, per la pace, ai margini di un convegno al centro Balducci.

 

L’immagine che correda l’articolo è tratta da: http://www.eunews.it/2017/07/29/eppur-si-muove-la-governance-globale-delle-migrazioni/91105.

Laura Matelda Puppini.

 

 

 

 

 

 

 

 

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